Il caso Sallusti insegna: pubblicare un articolo fa rischiare la galera
24 Settembre 2012
Mercoledì prossimo, 26 settembre, un nostro collega, un nostro amico, Alesssandro Sallusti, direttore de Il Giornale, rischia di finire dietro le sbarre della prigione, e restarci per quattordici mesi. Ha rubato? Truffato? Malversato? Ricattato? No! Ha scritto un articolo. Anzi, per la precisione, ha pubblicato un articolo.
Nel febbraio del 2007, quando era direttore di Libero, è uscito un corsivo sul giornale, anonimo. Un giudice si è sentito diffamato. E lo ha querelato, appunto, per diffamazione a mezzo stampa. La prima sentenza ha condannato Sallusti ad una ammenda pecuniaria. L’appello, invece, ha inasprito in maniera incredibile la pena: quattordici mesi di detenzione, senza la condizionale. Quindi galera. Siamo sicuri che la Cassazione, chiamata a pronunciarsi mercoledì sulla sentenza di appello, utilizzerà il buon senso, è non manderà in prigione Sallusti. Altrimenti sarebbe un capolavoro: in Italia si finisce in galera per aver manifestato le proprie idee. Si viene arrestati per aver espresso, nero su bianco, liberamente, il proprio pensiero.
Ora, non è il caso di entrare nei dettagli della sentenza. Scrivendo si può esagerare, sbagliare, usare toni, parole e argomenti fuori luogo. Gli errori fanno parte della vita di ognuno di noi. Bene. Se si verificano è sufficiente un’ammenda (come la sentenza di primo grado aveva stabilito). Ma da qui alla detenzione – quattordici mesi – di un giornalista ce ne passa. E che la mannaia giudiziaria si abbatta su un giornalista, il giornalista più esposto a favore del centro-destra, dovrebbe far riflettere. Questa storia ha i contorni incredibili e inquietanti.
Sallusti dal 2000 ad oggi, alla guida prima di Libero e poi de Il Giornale, si è distinto per un modo di far giornalismo chiaro, comprensibile a tutti: ha difeso le ragioni politiche e storiche del centro-destra e del berlusconismo. Non ha mai nascosto i fallimenti, spesso gravi, di questa esperienza. Potrà non piacere. Ma a chi non piace, può non compare i giornali diretti da Sallusti che, a onor del vero, hanno venduto sempre. Libero è stato un miracolo. Nato dal niente, privo di un vero supporto editoriale, realizzato perlopiù da ragazzi guidati da Sallusti, Vittorio Feltri e Renato Farina, nello scetticismo generale (chi gli dava un mese di vita, chi al massimo due, compresi alcuni soloni della carta stampata, che poi ci sono finiti a scrivere), esplose.
Dunque, dal 2000, Sallusti è al centro di una battaglia politica, basata sulle idee. Parlare di idee del centro-destra a una fascia della popolazione, pensante o malpensante, fa venire l’urticaria, poiché le idee, per principio, stanno ovviamente dalla parte opposta. Ma è una barzelletta. Che oggi il campione del giornalismo di centro-destra rischi di dover varcare la soglia delle patrie galere, e rimanerci più di un anno, la dice lunga sullo stato di salute di questo paese. Spacciatori, malviventi, lenoni, prostitute, malfattori di professione circolano a piede libero, e Sallusti va in galera!
Vediamo in giro pochi professionisti della protesta stracciarsi le vesti per la libertà di informazione. Anzi, a dire il vero, ci pare che alle armi solitamente usate siano stati messi fin troppi silenziatori. Come al solito i due pesi e le due misure si fanno sentire. Ma noi non abbiamo dubbi: oggi stiamo dalla parte di Alessandro Sallusti. E domani staremo dalla parte di chi si troverà, come lui, nella stessa posizione, fregandocene di tessere, appartenenze politiche, simpatie e amicizie. Liberali si è tutti giorni. I liberali non vanno mai in ferie.