
Legge elettorale, “Se non c’è convergenza cambiare prima la forma di governo”

30 Maggio 2013
di Carlo Fusi
Dopo il via libera del Parlamento alla mozione sulle riforme costituzionali, Gaetano Quagliariello, ministro delle riforme medesime, non cambia atteggiamento: «Bisogna avere coraggio ma anche prudenza. La differenza con il passato è che stavolta un fallimento non favorirebbe questa o quella parte ma farebbe naufragare tutto il sistema. Questo è il nostro vero vantaggio. Poi è anche vero che uno che di politica se ne intendeva sosteneva che in politica c’è bisogno della virtù ma anche della fortuna, e si potrebbe usare anche un termine più prosaico. Noi speriamo quella cosa ci assista».
Ministro, il premier Letta ha ricordato il monito di Napolitano: non si può più far finta di fare. Tuttavia nella maggioranza le distanze sono ancora grandi…
«E’ stata evitata una crisi istituzionale ma non ci siamo ancora messi in sicurezza. Abbiamo guadagnato un margine d’azione e ritengo che soprattutto per il centrodestra, considerati i risultati elettorali, l’attuale quadro politico sia non certo quello auspicato ma il migliore possibile nelle condizioni date. E’ evidente che questo quadro politico è legato al fatto che la riforma istituzionale si faccia, e mi pare che in realtà si tratti di una consapevolezza comune».
Tuttavia il nodo vero, e irrisolto, resta la legge elettorale. Come valuta la mozione presentata dal pd Giachetti per un immediato ritorno al Mattarellum?
«E’ la spia del fatto che nel Pd, nel giudizio sul governo, esiste un dibattito. Idem per il centrodestra. Sono felice di constatare che nonostante le divaricazioni da un parte e dall’altra, che è inutile negare, alla fine sia prevalsa la responsabilità».
Forse è un po’ pochino. Di fatto il terreno non è per nulla sminato e sulla legge elettorale prevale come sempre il rinvio. Dunque?
«Per rispondere, le offro questa ricostruzione. Ho sostenuto e sostengo questa tesi: non solo è vero che la legge elettorale è collegata alla forma di governo, ma una – e forse la principale – delle ragioni dei trent’anni di fallimenti sta nell’aver voluto cambiare il meccanismo di voto immaginando che così tutti i problemi si sarebbero automaticamente risolti. Sta qui il grande errore che ha condannato le istituzioni italiane. Nel frattempo è intervenuta la Cassazione, evidenziando dubbi di costituzionalità che poi sono anche di buon senso. L’attuale legge ha funzionato quando c’erano due schieramenti entrambi sul 40-45 per cento che, vincendo, ricevevano un premio in seggi del 10 per cento. Se invece le coalizioni diventano tre, quattro, o in teoria di più, il rischio è che con il 15 per cento dei voti si abbia il 55 per cento dei seggi: una mostruosità. Il premier Letta mi ha incaricato di vedere se era possibile un intervento di manutenzione sull’attuale legge senza prefigurare una riforma definitiva. Ho registrato che al momento non c’è una convergenza tra i partiti di maggioranza. Dunque le strade sono solo due: o questa convergenza matura oppure dobbiamo cercare di definire, nei più brevi tempi possibili, la forma di governo che si trascini appresso un meccanismo elettorale coerente. Terze vie non esistono».
Lei ha parlato della sinistra. Ma in realtà un sospetto grava anche sul centrodestra: che non vuole niente, neanche un ritocco alla legge, per paura che una volta messo in sicurezza il Porcellum la tentazione di andare alle urne sarebbe irrefrenabile. Mentre al Pdl conviene che le cose restino così. E’ giusto?
«Vede, fino a qualche giorno fa la tesi era opposta: il centrodestra non voleva toccare l’attuale legge perché puntava ad elezioni a breve. Che significa? Che quanto accaduto alle ultime elezioni politiche, ed il Pd ne ha fatto le spese prendendo tanti parlamentari ma perdendo le elezioni, dovrebbe far capire a tutti che calcoli strumentali sono inutili. O addirittura controproducenti».
Ministro, ma non è che alla fine ci ritroviamo con il semipresidenzialismo alla francese approvato e il Porcellum invece ancora in vita?
«Si può mai pensare che ci sia l’elezione diretta del capo dello Stato o un premierato rafforzato senza cambiare la legge elettorale? Onestamente mi pare che un rischio del genere non esista».
(tratto da Il Messaggero)