Il porcellum ai tempi del Pci
24 Gennaio 2014
di Aldo Sarullo
O strappiamo i libri di storia o li leggiamo. E’ certo indecente tenerli e nasconderne il contenuto, specialmente da parte di chi li possiede nella memoria cerebrale. Sulla legge elettorale detta Porcellum tutti sappiamo che nacque per iniziativa del governo Berlusconi nel 2005 perché non c’è giorno in cui non ci venga ricordato. Che questa legge sia stata ispirata da un’altra, adottata nel 2004 dalla sinistra reggente la regione Toscana, si sente ogni tanto, così, giusto per colorare di polemica qualche attimo di confronto televisivo. Ma che il Porcellum fosse il sistema, l’unico, vigente in Italia in casa Pci sin dalla fondazione della Repubblica, è un ricordo che si avvantaggia dell’oblio di tutti.
Accadde che il Partito comunista italiano, in osservanza al rigoroso centralismo partitico dell’Urss, impiantasse in Italia un sistema elettorale interno al partito che superava la previsione costituzionale della libera e segreta espressione del voto: fatta la previsione dei propri eleggibili in un dato collegio, la segreteria di Botteghe Oscure inseriva in testa a quella lista chi aveva deciso di portare in Parlamento. Ma non ne affidava la fortuna alla sensibilità partigiana dei propri elettori – cosa che, del resto, attuavano anche gli altri partiti affidandosi alle correnti interne ed alle alleanze – ma ad vero sistema coattivo.
Ad ogni collegio, infatti, corrispondeva un certo numero di sezioni comuniste e in ogni sezione, ovviamente, vi era un segretario. A costui il compito di censire le famiglie dei propri iscritti e di portare militarmente a casa i voti, così numericamente predefiniti a favore di chi era stato il prescelto dalla segreteria nazionale in ogni collegio, pena la testa del segretario di sezione. A ben vedere non era un Porcellum in senso tecnico, era peggio. Ragionare oggi sulle liste bloccate è un dato conflittuale, ma possibile perché democratico e vigilato dalla Corte costituzionale. Ma in questo tempo in cui lo scenario politico ci mostra finalmente i suoi protagonisti impegnati nella concreta attuazione delle riforme, tra cui quella elettorale, ogni voce che, per storia personale, suonasse falsa e quindi stonata darebbe fastidio e perciò disordine. Tutti abbiamo diritto di parola. Non tutti ne abbiamo la stessa dignità.