Il Politicamente Corretto prende il Nobel
12 Ottobre 2007
Al Gore premio Nobel per la Pace. Che ha fatto Al Gore per
la pace? Nulla. Ha svolto per otto anni le mansioni di vicepresidente degli
Stati Uniti, durante i quali non risulta abbia sedato dei conflitti. Ha girato
un film con cui ha vinto il premio Oscar: di film – anche migliori – ne hanno
fatti in tanti e nessuno ha mai ricevuto un riconoscimento tanto prestigioso.
Gore è stato premiato per una e una sola ragione: egli interpreta nel modo più
convinto, fideistico e rabbioso i principi del politicamente corretto. Non c’è
campagna politically correct a cui
l’ex vicepresidente americano non abbia apposto la sua firma. Non c’è
oppositore del PC – scienziato scettico sul riscaldamento globale, attivista a
difesa del diritto a detenere o portare armi, liberista convinto che l’affirmative action danneggi soprattutto
le minoranze – che Gore non abbia tacciato di essere un venduto e un farabutto.
Gore ha fatto molto per seppellirla, la pace sociale, e per scatenare odio e
violenza nel dibattito politico. Gore ha fatto molto per delegittimare gli
avversari, dipingendoli sempre come sicari al soldo delle multinazionali. Per
la pace, nulla.
Il suo nome è legato soprattutto alla battaglia ecologista
contro il riscaldamento globale. “An Inconvenient Truth”, il film che lui
definisce un documentario, è un potentissimo j’accuse contro le lobby che, a suo dire, anteporrebbero il
profitto immediato alla salvezza del mondo. La sapiente regia di Davis
Guggenheim ha legato immagini che hanno poco a che fare l’una con l’altra ma tracciano
i contorni di un futuro spaventoso; le musiche, gli interventi, gli aneddoti
più o meno farlocchi fanno il resto. Ma la scienza è un’altra cosa. Perfino il
New York Times, quotidiano certo non ostile ai movimenti verdi e al partito
democratico, si è sentito in dovere di dar voce agli scienziati, i quali hanno
denunciato le numerose inesattezze, semplificazioni, esagerazioni, falsità
presenti nel lungometraggio. Di vero, nella scomoda verità, c’è poco. Ma questo
non è un problema per Al Gore: è lui stesso ad aver dichiarato che
“sfortunatamente negli Stati Uniti d’America viviamo ancora in una bolla
d’irrealtà. La negazione è un enorme ostacolo alla discussione di qualunque
soluzione. A nessuno interessano le soluzioni se pensa che non vi sia un problema.
Dato che questo è il punto di partenza, credo sia corretto far leva su una
rappresentazione esagerata dei dati di fatto e dei pericoli, in modo da aprire
la mente all’uditorio e spingerlo a prestare attenzione alle soluzioni, e a
quanto sia importante risolvere questa crisi”. Non che Gore sia stato il primo
sulla faccia della terra a raccontar balle per attirare l’attenzione. L’hanno
fatto in molti, e delle loro balle sono pieni i libri di storia e le fosse.
Gore è uno dei pochi a teorizzarlo esplicitamente. Si dimostra, in questo, autentico
allievo di uno dei suoi guru scientifici, Stephen Schneider, il quale ebbe a
dire: “per un verso, siamo legati eticamente al metodo scientifico, che
significa dire la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità, che
significa includere tutti i dubbi, i caveat, i se e i ma. Per l’altro verso non
siamo solo scienziati, ma anche esseri umani. E come tutti vorremmo che il
mondo fosse un luogo migliore, che in questo contesto si traduce nel lavorare
per ridurre il rischio di cambiamenti climatici potenzialmente disastrosi. Per
farlo dobbiamo coagulare un ampio supporto, per catturare l’immaginazione del
pubblico. Questo, naturalmente, richiede di ottenere un grande attenzione da
parte dei media. Quindi dobbiamo offrire scenari terrificanti, fare
affermazioni semplicistiche e drammatiche, e accantonare qualunque dubbio
possiamo nutrire dentro di noi. Questo doppio vincolo etico che così spesso ci
troviamo ad affrontare non può essere risolto con una formula. Ciascuno di noi
deve decidere il giusto mezzo tra efficacia e onestà”.
In breve, i saggi di Oslo hanno premiato un uomo che non
solo non ha dato alla pace alcun contributo degno di menzione, ma che racconta
balle, sa di farlo, e se ne vanta. Complimenti.