Sulla reversibilità dei matrimoni gay INPS da’ i numeri
12 Maggio 2015
«I tremila emendamenti presentati dai parlamentari di Area Popolare sono necessari perché i sostenitori del testo Cirinnà hanno lo scopo di produrre il risultato ideologico dell’estensione dell’istituto matrimoniale ad ogni relazione affettiva, con le inevitabili conseguenze sul piano delle adozioni e delle provvidenze pubbliche». Con queste parole Maurizio Sacconi dà fiato e concretezza alla battaglia di Area Popolare contro il disegno di legge sulle unioni civili che porta il nome della senatrice del Partito democratico Monica Cirinnà. Parole dure contro un testo attualmente all’esame della Commissione Giustizia del Senato a suo tempo adottato soltanto con i voti dei democratici e dei pentastellati, rei di voler a tutti i costi «creare le condizioni perché la giurisprudenza europea consideri assimilabili al matrimonio le unioni civili italiane sulla base del presupposto della loro registrazione pubblica», un nodo discriminante, quest’ultimo, «tra un esito divisivo nella Nazione prima che nel Parlamento ed un esito condiviso quale miglior viatico per l’isolamento di ogni comportamento omofobico». Eppure, spiega Sacconi richiamando il disegno di legge a sua firma, vi sarebbero i presupposti per arrivare ad una positiva sintesi, ciò che presuppone buonsenso e disponibilità all’ascolto: «la definizione dei diritti delle persone che convivono senza introdurre i simil-matrimoni». Sulla stessa lunghezza d’onda il senatore Carlo Giovanardi, anche lui pronto comunque a ribadire la necessità e la disponibilità di Area Popolare ad impegnarsi nella stesura di un testo che «garantisca diritti e rimuova discriminazioni per tutte le coppie di fatto, etereo ed omosessuali, con il limite invalicabile della reversibilità, delle adozioni e delle pratiche relative al cosiddetto utero in affitto». Sì, perché mentre i nostri parlamentari portano avanti la sacrosanta battaglia in difesa della famiglia naturale contro ogni tentativo di minare le fondamenta antropologiche della società, l’Inps a sua volta dà i numeri. Sballati. Secondo l’Istituto nazionale di previdenza sociale l’estensione della reversibilità della pensione alle coppie dello stesso sesso che costituiranno un’unione civile costerà alla collettività solo pochi milioni di euro – sei per l’esattezza – da qui al 2025, ma a fare chiarezza sulle cifre è ancora una volta Maurizio Sacconi. Il presidente della commissione Lavoro del Senato contesta la relazione tecnica dell’Inps definendone i criteri seguiti per il calcolo «una scelta arbitraria non solo per i numeri in sé ma anche perché dichiaratamente riferibili a unioni tra persone di età inferiore a 50 anni (con la conseguente bassa mortalità nel decennio successivo) quando, trattandosi di un istituto che prescinde dalla procreazione, non lo si può limitare all’età riproduttiva. Anzi, proprio l’introduzione della reversibilità può costituire un incentivo a contrarre una unione civile in età avanzata». Il fenomeno a regime, spiega Sacconi, assumerebbe dimensioni e costi sicuramente ben più vasti. E dunque anche sulla chiarezza dei numeri Area Popolare non farà mancare la sua voce. La battaglia è solo all’inizio.