
Per non dimenticare Eluana

09 Febbraio 2016
Il 9 febbraio di sette anni fa, in una stanza isolata di una residenza per anziani a Udine, moriva Eluana Englaro. Le avevano tolto, secondo quanto stabilito da un tribunale, acqua e cibo, idratazione e alimentazione. Eluana non era attaccata a nessuna macchina, respirava e inghiottiva autonomamente, era possibile alimentarla anche senza il sondino, e, come ha raccontato il padre di Terri Schiavo, la morte per disidratazione è dolorosa e devastante anche per chi vi assiste.
Mentre si spegneva, Eluana non aveva nessun affetto accanto a sé; il padre, che aveva combattuto per farla arrivare a quel punto, era lontano, le suore che l’avevano accudita per lunghi anni, e che avevano pregato i genitori perché la lasciassero presso di loro, non potevano entrare. La stanza era un bunker con le finestre tappate, in cui agiva solo un gruppo di volontari, che non conoscevano Eluana e che avevano preso le ferie per venire fin lì a farla morire.
Il governo Berlusconi aveva tentato di evitare la morte della giovane donna con un decreto, ma il presidente Napolitano aveva rifiutato di firmarlo; era scattata allora una disperata corsa contro il tempo per trasformare il decreto in una legge parlamentare, ma Eluana non aveva resistito, e se ne era andata mentre al Senato si cominciava a votare.
Non possiamo non ricordarla oggi, nell’anniversario della sua scomparsa: il suo volto ridente è stato un simbolo, sia per chi ne voleva la morte sia per chi desiderava che continuasse a vivere, anche nello stato di disabilità profonda in cui si trovava da tanti anni. Una persona che non è capace dei gesti di sopravvivenza quotidiana, resta una persona a tutti gli effetti, mantiene intatta la sua dignità, e non diventa automaticamente un candidato all’eutanasia.
Ne parliamo oggi non soltanto perché il 9 febbraio è una data da non dimenticare, ma anche perché in parlamento si è riaperta la questione dell’eutanasia e delle dichiarazioni anticipate di trattamento, comunemente definite come testamento biologico. Sempre di più questa maggioranza parlamentare sembra puntare a un attacco alla vita, alla famiglia, alla genitorialità, che acquista ormai i contorni di un vero e proprio progetto politico.
Dal divorzio breve all’omofobia (approvata dalla Camera ma per ora ferma al Senato), dalle unioni civili alla legittimazione dell’utero in affitto, fino a proposte di legge di tipo eutanasico: la legislatura, assai più che per le discutibili riforme istituzionali, si caratterizzerà per la distruzione degli ultimi argini lasciati a difesa della vita e della famiglia.
Vorrei rivolgere ai centristi che sono nella maggioranza (Ncd in primo luogo, ma anche tutti gli altri, Udc, Scelta civica, e anche i gruppi minori) un appello serio a riflettere sulla piega che questo governo sta assumendo: il rischio di essere complici della deriva antropologica è ormai così pesante che gli escamotage e i distinguo per tirarsene fuori (come tentare di addossare le responsabilità al solo parlamento, “salvando” il governo) non bastano più.