Fermiamo Cirinnà e utero in affitto: se non ora quando?
04 Dicembre 2015
Benvenute fra noi, care amiche di “Se non ora quando”! Finalmente le femministe italiane si svegliano dal letargo, e dopo una riunione di qualche giorno fa alla Casa delle donne, leggiamo su Repubblica un appello contro l’orrore dell’utero in affitto, sottoscritto anche da noti personaggi del mondo dello spettacolo e della cultura. Tutti improvvisamente sensibili al tema, tutti disposti a esprimersi pubblicamente: peccato che quando la questione l’avevano sollevata pochi eroici parlamentari, o anche i promotori della grande manifestazione del 20 giugno in piazza San Giovanni (in particolare Mario Adinolfi), non si sia sentita una sola parola di solidarietà, non si sia alzata non dico una voce, ma neppure un bisbiglio.
Oggi il disperso mondo femminista “repente si desta, intende l’orecchio, solleva la testa, percosso da novo crescente romor”: è il rumore della mobilitazione internazionale organizzata a Parigi per febbraio da quella femminista davvero libera e coraggiosa che è Sylviane Agacinski. Lei, donna di sinistra, non si è mai fatta ingabbiare dal politicamente corretto e soprattutto ha sempre scelto di sollecitare e pungolare lo schieramento a cui appartiene, senza farsene condizionare. Le italiane, invece, nonostante la lezione della Muraro, non sono riuscite, fino ad oggi, a rendersi fino in fondo autonome da una sinistra che detta l’agenda politica anche per loro. Non è stato così da sempre, ma è così ormai da molto tempo. Si sperava che una volta appannata la polarizzazione pro e contro Berlusconi, il femminismo tornasse a esprimersi con più libertà, e a parlare dello sfruttamento e della commercializzazione del corpo delle donne anche quando non è utile alla sinistra. Anche nell’era Renzi, invece, la timidezza e le reticenze non sono scomparse, e il lungo silenzio mantenuto durante il dibattito sul ddl Cirinnà, che come è noto legittima l’utero in affitto, lo testimonia.
Comunque ora le donne ci sono, e abbiamo letto con vera, profonda soddisfazione l’appello. Però…ci sono poi davvero, ci sono fino in fondo? Per esempio: sono disposte a bocciare pubblicamente il ddl Cirinnà, per quanto concerne l’articolo sulla stepchild adoption? Sono disposte a difendere quel che resta della legge 40, che punisce “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità”? Sotto lo slogan (per me entusiasmante) “riprendiamoci la maternità”, si limiteranno a condannare l’utero in affitto, o anche la “rapina delle uova”, come è stata definita da alcune femministe la compravendita di ovociti, connessa alla fecondazione eterologa? Sono pronte a sostenere una legge che vieti il ricorso alla maternità surrogata con maggiore efficacia, punendo non solo gli operatori, ma anche chi ne usufruisce direttamente?
In somma, ci piacerebbe sapere se si tratta di un exploit che si ferma qui, un’iniziativa nata seguendo il traino delle francesi, o si tratta di una battaglia vera e concreta, che non guarda in faccia nessuno, che non si ferma davanti a opportunismi politici o ad alleanze considerate scomode, come quella con i cattolici o con esponenti del centrodestra. Perché, care amiche femministe, il ddl Cirinnà è alle porte, arriverà in aula al Senato a gennaio. E allora, se non ora quando?