La guerra preventiva dei democratici al rapporto Petraeus

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La guerra preventiva dei democratici al rapporto Petraeus

10 Settembre 2007

I democratici sono partiti all’attacco già prima di ascoltare la testimonianza del generale Petraeus a Capitol Hill di oggi (18.30 ora italiana). In una dichiarazione alla radio lo scorso venerdì, il senatore Harry Reid, leader della maggioranza democratica, accusa il report di essere controllato dalla Casa Bianca, perché ometterebbe i fatti e presenterebbe la situazione a proprio favore. Non solo, Reid ha messo addirittura in discussione la veridicità della fonte del report e quindi l’onestà di Petraeus, dichiarando che il generale “ha fatto una serie di dichiarazioni negli anni che non sono mai stati provate” e che “questo non e’ il suo report, è il report di Bush”.

Reid non è l’unico a screditare Petraeus e il suo report; i colleghi democratici, infatti, lo seguono in coro. Il senatore Dick Durbin va anche oltre: “Manipolando le statistiche con attenzione, Bush e Petraeus cercheranno di persuaderci che la violenza in Iraq è diminuita e che la ‘surge’ sta funzionando. Anche se i numeri sono reali, la conclusione è sbagliata”. Ci si chiede, se non su fatti e statistiche reali, su cosa si dovrebbe basare un report. All’idea avanzata da Petraeus di mandare a casa una brigata di 4 mila soldati a gennaio, cui il generale non ha ancora dato conferma, Durbin risponde già che non è abbastanza. “E’ un tentativo di dare un contentino al Congresso portando a casa qualche truppa, speravo fosse più audace”, ha dichiarato, mettendo così in dubbio non solo l’integrità morale, ma pure l’audacia del comandante della Forza Multinazionale in Iraq. 

Il presidente Bush ha reagito chiedendo ai membri del Congresso di “aspettare e ascoltare quello che dobbiamo dire prima di arrivare alle conclusioni”. Dopo Petraeus, Bush  parlerà a sua volta al Congresso per difendere la strategia in Iraq e ha anticipato che il suo discorso sarà incentrato su quello che in futuro, nella sua visione, dovrà essere il coinvolgimento americano in Iraq, “una visione che il popolo americano e i leader di entrambi i partiti possono condividere”.  

I democratici spingono per l’approvazione di una legge che stabilisca l’inizio del ritiro delle truppe già a partire dai prossimi mesi, ma la loro iniziativa, con molta probabilità, non riuscirà a raccogliere i consensi necessari al Congresso. Rafforzati dal miglioramento delle condizioni di sicurezza a Bagdad e al Anbar, dove la scorsa settimana Bush ha fatto una visita a sorpresa, i repubblicani contano di avere abbastanza voti per continuare la strategia di Bush.