Alitalia e l’amnesia di Calenda sui soldi pubblici (del suo governo) versati per salvarla

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Alitalia e l’amnesia di Calenda sui soldi pubblici (del suo governo) versati per salvarla

08 Gennaio 2018

Se qualcuno aveva dubbi sul fatto che i debiti di Alitalia, in fin dei conti, avrebbero pesato sulle tasche degli italiani, ora la conferma arriva direttamente – udite, udite – dal ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda. Su Twitter un utente, chiamando in causa proprio il ministro, ha commentato così l’interessamento di Lufthansa all’acquisto dell’ormai ex compagnia di bandiera: ”Paolo Gentiloni e Carlo Calenda mi raccomando. Su #Alitalia facciamoci infinocchiare da #lufthansa. Prepariamogli un bel pacco regalo togliendo tutti i debiti se no non ci fanno il favore di prenderla. E già che ci siamo, non chiedetegli nessuna garanzia se no pare brutto”. E sentite qual è stata la risposta di Calenda: ”Per ora il pacco su Alitalia l’hanno preso solo i cittadini italiani, che c’hanno messo circa 8 mld in un trentennio”. Chiarissimo. 

Sarà che siamo in campagna elettorale e sarà che in molti stanno cercando di prendere le distanze dai disastri del renzismo, il ministro ha provato a spiazzare l’utente con un cinguettio ad effetto, ma forse si è dimenticato un particolare non del tutto trascurabile. E cioè che i governi Renzi e Gentiloni di cui lui ha fatto parte su Alitalia più che migliorare hanno peggiorato la situazione dell’ormai ex compagnia di bandiera. Non solo. Nell’ultimo anno, nel tentativo disperato di salvare il salvabile, è stato proprio il governo Gentiloni a concedere un prestito ponte ad Alitalia che è progressivamente lievitato arrivando a circa 900 milioni di euro (di soldi pubblici, ovviamente). E Calenda questo lo sa bene dato che, insieme al ministro Delrio, ha seguito e tutt’ora sta seguendo da vicino le manovre dei commissari e le trattative per un’eventuale cessione. E’ vero: il ministro in estate più volte aveva detto “basta” a nuove iniezioni di denaro pubblico. Ma poi, puntualmente, ad ottobre è arrivata l’ultima tranche da 300 milioni che ha fatto lievitare il prestito statale a quota 900, in attesa di una cessione che ancora non si profila chiaramente all’orizzonte.

Per la cronaca, Lufthansa ha manifestato sì il suo interesse ma, nonostante le smentite dello stesso Calenda, sembra che le parti abbiano deciso di rimandare il tutto dopo le elezioni politiche del 4 marzo. Forse, oltre per il fatto che il governo in questa fase si deve limitare alla gestione dell’ordinaria amministrazione, anche perché, effettivamente, parlare di Alitalia in campagna elettorale non avrebbe certo favorito il Pd e Matteo Renzi che nel 2013, sancendo il matrimonio Alitalia-Etihad, twittava festante: “Allacciate le cinture, Alitalia decolla”. Alla fine sappiamo tutti com’è andata a finire: il piano di Etihad non è mai decollato. E se si pensa, tra le altre problematiche, che i costi di approvvigionamento del carburante che ha dovuto sostenere Alitalia ammontavano a circa il 20% in più rispetto ai costi di mercato, non è difficile capire nemmeno i perché del fallimento dell’arabizzazione della compagnia italiana. 

Ragion per cui, se l’intento di Calenda che, lo ribadiamo, dal 2016, prima con Renzi e poi con Gentiloni, è stato un attore principale della querelle Alitalia, era quello di prendere le distanze dalla vicenda, l’operazione non è proprio riuscita al meglio. Anche perché se il ministro aveva in mano altre strade da percorrere per evitare l’utilizzo di altro denaro pubblico, viene da chiedersi perché non le abbia messe in pratica.