Dopo il voto, il grido di Bruxelles: per carità non riacquistate autonomia!

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Dopo il voto, il grido di Bruxelles: per carità non riacquistate autonomia!

07 Marzo 2018

Da Bruxelles un grido: per carità non riacquistate autonomia!C’è però una soluzione che ovunque a Bruxelles viene considerata da evitare (se possibile) è quella di un governo guidato da Matteo Salvini” scrive Federico Fubini sul Corriere della Sera del 7 marzo. Il vero pericolo per il predominio del pur malmesso asse carolingio è che l’Italia riacquisti una sua pur parziale (limitata dalle necessarie istituzioni) autonomia nazionale, cosa che probabilmente è evitabile se la palla passa in mano ai caotici grillini, ma non se cresce il peso di forze politiche che esprimono una borghesia che vuole riacquisire un ruolo nazionale e ceti popolari che sostengono questo obiettivo.  Alla fine potrebbe contare il fatto che tra i vari influenti ambienti americani che giocano nella nostra penisola (vedi per esempio Sergio Marchionne), ve ne siano anche di consistenti che non vedono male una ripresa di autonomia nazionale italiana.

Borghesia compradora in movimento. I 5 Stelle non fanno paura, valutiamo i provvedimenti, stiamo parlando di partiti democratici” così un lancio Ansa del 5 marzo riporta le parole del presidente di Confindustria Vicenzo Boccia. Il tipografo napoletano che oggi rappresenta gli imprenditori italiani ha ragione e buon senso nel non voler drammatizzare e nel non voler mostrificare i grillini. Ma la sua tempestiva presa di posizione ha un chiaro senso politico ed esprime i sentimenti dei minimi resti di un establishment che un tempo aveva giganti come Angelo Costa, Gianni Agnelli, Leopoldo Pirelli, Enrico Cuccia, Raffaele Mattioli, Luigi Lucchini, Guido Carli e ora ha al suo centro esponenti di quella che si può definire una borghesia compradora (ben rappresentate da Romano Prodi con i suoi eredi nel Pd e i suoi amichetti in Eni e Finmeccanica-Leonardo, e  da Luca Cordero di Montezemolo con il suo discepolo Carlo Calenda), interessata a scambiare fettine di potere personale (innanzi tutto economico) con la costante crescita di influenze straniere, anomale rispetto alla realtà delle altre grandi nazioni  europee.  Il taxi di un movimento con vastissimo consenso ma senza chiare basi sociali nazionali autonome e dunque molto condizionabile, può essere per questo minimo establishment (e per i suoi diversificati referenti internazionali) una ghiotta occasione per proseguire nella propria opera, appunto compradora.

Rappresentanza tra delusione ed elusione.Delusione della rappresentanza trasformata in rabbia e risentimento”. Così scrive Ezio Mauro sulla Repubblica del 7 marzo. Rispetto a tanti suoi interventi prevalentemente faziosi,  l’ex direttore repubblicone svolge dopo il voto del 4 marzo una riflessione più matura, centrando la questione della rappresentanza come quella centrale. Nella società italiana vi è rabbia e risentimento certamente per la delusione sulle forme della rappresentanza: il successo dei grillini nasce dalla campagna contro la casta politica condotta nel 2007 dalla casta montezemoliana, e questa è la base della delusione attuale. Ma rabbia e risentimento esplodono non per una delusione verso la rappresentanza ma per l’elusione di questa grazie al quartetto di presidenti del Consiglio (Monti-Letta-Renzi-Gentiolini) a scarsa legittimità popolare (perfettamente legali nella forma ma con scarsa base politica popolare). E oggi la delusione non è superabile se insieme non si rinuncia all’elusione della rappresentanza popolare.

Non sarà semplicissimo far fuori Netanyahu.“Israeli police questioned Benjamin Netanyahu and his wife on Friday as part of a corruption investigation involving the country’s largest telecom firm, local media reported, the third such scandal to engulf the prime minister.Known as Case 4000, the investigation centres around allegations that the owners of Bezeq Israel Telecom provided positive coverage of the Netanyahus on a news website in return for regulatory changes worth hundreds of millions of dollars. Bezeq has denied wrongdoing, and Netanyahu has not been named as suspect in the case. Police confirmed the Netayahus had been questioned for several hours as part of an investigation, but did not specify which one”. Così The Guardian del 2 marzo riporta una nota dell’Associated press da Gerusalemme su Netanyahu interrogato con la moglie con l’accusa di avere scambiato leggi regolatorie sulle telecomunicazioni con atteggiamenti favorevoli dei media controllate dalle società di telecomunicazione favorita. Qualche giorno prima, il 23 febbraio,  Yonah Jeremy Bob sul Jerusalem post scriveva: “Netanyahu admits that billionaires Arnon Milchan and James Packer gave him and Sara Netanyahu expensive cigars, champagne and other gifts worth a total of some NIS 1 million over several years”. Naturalmente potrebbero esserci prove di reati ben più gravi, però chi giudica da molto lontano  sentendo che l’essenziale delle imputazioni sono l’aver chiesto a una società che gestisce media di guardare con simpatia al governo o l’aver ricevuto sigari e champagne da un amico a cui si aveva fatto il favore di chiedere all’ambasciata americana un visto per gli Stati Uniti, non può far a meno di notare come queste accuse siano molto simili a quelle di “tentata vacanza” fatte contro Roberto Formigoni. Pensavo che imputazioni di questo tipo fossero un unicum, evidentemente tutto il mondo è procura di Milano. In ogni caso è utile leggersi Bret Stephens sul New York Times del 23 febbraio: “If you follow the news from Israel, you might surmise that Benjamin Netanyahu’s days as prime minister are numbered. The police recommend that he be charged on multiple counts of bribery, fraud and breach of trust. Fresh charges may yet be brought in additional investigations. A former top aide to Netanyahu agreed this week to serve as a witness against him. Press reports suggest a man clinging to power”, se leggete la stampa Netanyahu è ormai spacciato, io, dice l’opinionista conservatore del quotidiano liberal newyorkese, sarei molto ma molto più prudente nel dare acquisito questo esito, perché il premier israeliano conta ancora su un seguito nel suo Paese molto consistente tale da poter resistere. A me no che, naturalmente, non venga condannato. Ma ciò non è previsto a stretto giro di termine.