Povera Alitalia! A rischio anche lo “spezzatino”. Il Governo? Non pervenuto
20 Marzo 2018
di Carlo Mascio
Tanto si è detto, tanto si è fatto, ma alla fine la soluzione per Alitalia non salta ancora fuori. Tanto che ora, come ipotizza La Stampa, sembra che la nazionalizzazione (da capire se in tutto o in parte) rimanga una delle poche strade a disposizione, strada che, peraltro, due partiti come Lega e M5S non sarebbero poi così contrari ad intraprendere. Prima del voto, il neo piddino Calenda, ormai interessato quasi solamente ad occuparsi delle magagne Dem, aveva cercato di mascherare come poteva le difficoltà nella vendita: “A breve la scelta del miglior offerente” diceva a gennaio. “Due settimane per chiudere l’accordo” annunciava il 2 febbraio, salvo poi dichiarare il 16 febbraio: “Tutto rinviato dopo il voto”.
Insomma, chiunque si sarebbe accorto che le cose non si mettevano poi così bene. E il totale silenzio del Pd e dei giornaloni sulla vicenda Alitalia nel corso della campagna elettorale era un segnale abbastanza chiaro. Ora, complice l’impasse politica italiana, dire che la situazione si complica è davvero dire poco. E più passa il tempo e più si riducono le possibilità di vendita per Alitalia.
“Niente spezzatino e niente nazionalizzazione” era la linea assunta dal governo all’inizio dell’ennesimo fallimento dell’ormai ex compagnia di bandiera per la gestione del risanamento dell’azienda. Linea praticamente fallita in pieno. In primis perché tra le offerte pervenute nessuno contempla la possibilità di rilevare l’azienda per intero. Solo qualche settimana fa, l’unica offerta credibile vedeva addirittura la partecipazione di più compagnie: in cordata con EasyJet ci sarebbe anche Delta Air Lines e Air France-Klm, sostenute dal fondo americano Cerberus che, in un primo momento, sembrava essere l’interlocutore che avrebbe potuto rilevare interamente l’ex compagnia di bandiera. Ma da New York, sede del fondo, forse hanno pensato bene di non rischiare, dato che la situazione in casa Alitalia rimane tutt’ora complessa. Ad oggi, però, dai rumors che vengono fuori, non si hanno particolari notizie su questa offerta. E così si fa strada l’ipotesi della nazionalizzazione.
D’altronde tutto questo non era poi così imprevedibile. Lo sapeva bene il ministro Delrio che nel luglio scorso aveva snocciolato tutte le criticità aziendali: “costi di approvvigionamento del carburante molto onerosi, contratti di leasing sugli aerei molto onerosi, una flotta non moderna”. In pratica tutte le ragioni che rendono Alitalia “non appetibile”, frutto, però, delle scelte fallimentari contenute nel piano industriale degli arabi di Etihad varato nel 2014 con la solenne benedizione del governo Renzi, che ora come ora più che ad un piano di rilancio assomiglia tanto ad un colpo di grazia. Che dire: povera Alitalia.