Macron, il Napoleone de noantri che dichiara guerra agli “egoismi nazionali” (degli altri)
18 Aprile 2018
di Carlo Mascio
“C’è un dubbio che attraversa molti dei nostri Paesi europei sull’Europa. Una sorta di guerra civile europea sta emergendo: stanno venendo a galla i nostri egoismi nazionali e il fascino illiberale”. Il presidente francese Emmanuel Macron si presenta così al Parlamento Europeo. Pontifica, prova a presentarsi anche in Europa come “l’uomo della speranza”. Forse per uscire dal vicolo cieco in cui si è chiuso in patria. Le proteste di studenti, ferrovieri e chi più ne ha più ne metta stanno facendo precipitare il suo già risicato consenso.
Ecco perchè prova a spingere sull’acceleratore in campo europeo, proprio ora che la Merkel è più debole. Ma forse, ascoltando il suo accorato discorso dagli scranni dell’emiciclo di Strasburgo, a più di qualcuno gli sarà venuto spontaneo esclamare: “forse starà facendo autocritica!” oppure “ma senti chi parla di egoismi nazionali!”. E come se un redivivo Napoleone ci dicesse improvvisamente che al primo posto non metterebbe più gli interessi della sua patria. E già, perché se diamo uno sguardo alle azioni soprattutto in politica estera messe in atto dal buon Macron, non possiamo certo dire che si sia distinto per il suo piglio “collegiale” e uno spirito di “solidarietà europea”. Basta guardare al trattamento riservato al nostro Paese: l’arroganza macroniana sulle questioni relative alla Libia, all’Egitto, al Niger, al caso Ema-Milano, sembrano dimostrare che per il Presidente francese l’Italia assomiglia più ad una pura espressione geografica su cui esercitare la propria influenza (magari grazie al Renzi o al Gentiloni di turno) piuttosto che un partner europeo con cui “cooperare”.
Per non parlare dell’immigrazione. “L’Italia nel 2017 ha fatto un ottimo lavoro, cui rendo omaggio, per ridurre la stabilizzazione causata dal fenomeno migratorio” diceva il presidente francese nel gennaio scorso, ammettendo che sul tema la Francia “non aveva fatto la sua parte” e che dunque era necessaria una maggiore “solidarietà” e “cooperazione” con l’Italia. “Dobbiamo sbloccare il dibattito tossico, avvelenato, sui migranti”, ma anche quello “sulla riforma di Dublino e la ridistribuzione” ha detto di fronte al Parlamento Europeo.
Peccato però che monsieur le president si sia dimenticato di particolari non proprio trascurabili: l’irruzione degli agenti di dogana francesi nella sala d’accoglienza dei migranti alla stazione di Bardonecchia, il caso della donna nigeriana, malata e incinta, respinta alla frontiera dai gendarmi francesi e deceduta qualche giorno dopo all’ospedale Sant’Anna di Torino, dopo aver dato alla luce un figlio, sono sì esempi di “solidarietà” e “cooperazione”, ma con il solo interesse di vedere bene come tenere chiuse e proteggere le frontiere di casa propria. E secondo il Napoleone de noantri azioni come queste possono aiutare a rendere “meno tossico” il clima sul tema dei migranti? La risposta è sotto gli occhi di tutti.
Tuttavia, ormai è sempre più chiaro: Macron sull’immigrazione insegue la Le Pen, dopo avergliene dette di tutti i colori. Le rappresaglie della polizia francese nei confronti dei ripari di fortuna dei migranti a Calais e soprattutto la creazione di un reato di «superamento illegale della frontiera» che prevede fino a un anno di carcere e 3750 euro di multa per chi, ad esempio, attraversa illegalmente le Alpi tra Italia e Francia e non in corrispondenza di un posto di frontiera, ne sono la chiara dimostrazione.
Insomma, lo schema è chiaro: europeisti in Europa e nazionalisti in patria. Con un biglietto da visita del genere, però, non si può certo dire che l’operazione di “macronizzazione” dell’Europa che il bell’Emmanuel vuole avviare sia iniziata sotto i migliori auspici. Anzi…