Quel rapporto complesso tra Chiesa e politica

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Quel rapporto complesso tra Chiesa e politica

03 Dicembre 2019

«Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia»: così sta scritto nel Vangelo di S. Giovanni (Gv. 15,19) e proposito del rapporto tra i cristiani e il mondo.

Sulla base della predetta peculiarità propria dei cristiani, in seguito al loro “essere nel mondo senza essere del mondo”, si consuma gran parte della tensione che storicamente, ma anche nel tempo presente, ha caratterizzato e ancora caratterizza i rapporti tra la comunità cristiana in genere, e la Chiesa in particolare, da un lato, e, dall’altro lato, il mondo in genere, e la politica in particolare.

I due giorni di studio e riflessione organizzati dalla Fondazione Magna Carta presso Anagni hanno evidenziato come ancora siano vivaci i confronti sul tema dei rapporti tra Chiesa e politica.

Nell’epoca in cui sia la Chiesa, sia la politica attraversano il più grave periodo di crisi della propria storia, come testimoniano per la prima, per esempio, il drastico calo delle vocazioni, e per la seconda la più alta e sempre crescente percentuale di astensionismo elettorale e di diserzione della partecipazione attiva alla vita dei partiti (del resto sempre più distanti dal comune sentire dell’elettorato), le tensioni tra il potere spirituale e quello temporale non possono che emergere con maggior vigore.

Se, per un verso, la Chiesa è intenta a gestire le proprie difficoltà interne, poiché diverse correnti tentano di stravolgerne il piano dottrinale tanto morale quanto teologico (lasciando di volta in volta presagire all’orizzonte le nubi temporalesche degli scismi e il balenare saettante delle eresie), nonostante il cattolicesimo – per esempio nei paesi protestanti quali quelli anglosassoni – sia in costante espansione, per altro verso la politica – sempre maggiormente meno indipendente dagli interessi finanziari internazionali e dal globalismo (cioè dalla sublimazione ideologica della globalizzazione ad ogni costo anche contro la dignità e la libertà umana dei singoli e dei popoli) – non appare più in grado di rappresentare e tutelare gli interessi primari e i diritti degli elettori.

Come aveva intuito Giovanni Paolo II, per esempio nel suo volume “Memoria e identità”, la caduta dei regimi totalitari del XX secolo a cui è succeduta la diffusione del pensiero democratico non è di per sé sufficiente a garantire la concreta libertà politica e personale, specialmente se alla consolidazione del regime democratico non segue una preliminare, parallela e necessaria affermazione della verità costitutiva dell’uomo sempre maggiormente erosa dal diffuso pensiero relativistico, se non addirittura nichilistico, che oggi pervade l’intero occidente.

In questa prospettiva, senza dubbio la Chiesa non può sostituirsi alla politica, né pretende di farlo del resto, ma non può neanche rinunciare – come pare stia accadendo in certi contesti culturali, come peraltro ha ricordato il Presidente della Fondazione Magna Carta Gaetano Quagliariello durante le conclusioni dei lavori del convegno di Anagni – alla propria missione di proposizione della dimensione aletica della realtà.

Benedetto XVI, non a caso, ha avuto modo di precisare, infatti, al paragrafo n. 9 dell’enciclica “Caritas in veritate”, che «la Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende minimamente d’intromettersi nella politica degli Stati. Ha però una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell’uomo, della sua dignità, della sua vocazione. Senza verità si cade in una visione empiristica e scettica della vita, incapace di elevarsi sulla prassi, perché non interessata a cogliere i valori — talora nemmeno i significati — con cui giudicarla e orientarla. La fedeltà all’uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà (cfr. Gv 8,32) e della possibilità di uno sviluppo umano integrale. Per questo la Chiesa la ricerca, l’annunzia instancabilmente e la riconosce ovunque essa si palesi. Questa missione di verità è per la Chiesa irrinunciabile».

Tuttavia, per evitare che la politica si sacralizzi, come accaduto nei totalitarismi del XX secolo, o rischi di tradire le reali esigenze umane, come pare stia accadendo all’inizio del XXI secolo, occorre riscoprire una corretta visione antropologica alla luce della quale approcciarsi ai problemi antichi, come, per esempio, la famiglia, la società, lo Stato, ai problemi attuali, come per esempio, la questione ecologica, i nuovi diritti, il multiculturalismo, e ai problemi futuri, come per esempio, le conseguenze dei grandi fenomeni migratori odierni, la crescente “cinesizzazione” del continente asiatico, l’espansione dell’uso dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro con la conseguente riduzione della rilevanza umana e la inevitabile e prevedibile perdita non solo e non tanto di singoli posti di lavoro, ma di intere categorie lavorative (come, per esempio, autisti, piloti, meccanici, tassisti, docenti ecc).

In questo senso, Papa Francesco, ha avuto modo di ribadire non soltanto che «un antropocentrismo deviato dà luogo ad uno stile di vita deviato» (Laudato si’, n. 122), ma anche che «se non ci sono verità oggettive né principi stabili, al di fuori della soddisfazione delle proprie aspirazioni e delle necessità immediate, che limiti possono avere la tratta degli esseri umani, la criminalità organizzata, il narcotraffico, il commercio di diamanti insanguinati e di pelli di animali in via di estinzione? Non è la stessa logica relativista quella che giustifica l’acquisto di organi dei poveri allo scopo di venderli o di utilizzarli per la sperimentazione, o lo scarto di bambini perché non rispondono al desiderio dei loro genitori? E’ la stessa logica “usa e getta” che produce tanti rifiuti solo per il desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno. E allora non possiamo pensare che i programmi politici o la forza della legge basteranno ad evitare i comportamenti che colpiscono l’ambiente, perché quando è la cultura che si corrompe e non si riconosce più alcuna verità oggettiva o principi universalmente validi, le leggi verranno intese solo come imposizioni arbitrarie e come ostacoli da evitare» (n. 123).

I rapporti tra Chiesa e politica, dunque, sono sempre più complessi di ciò che il riduzionismo laicista o il fideismo teocratico di matrice islamica tendono a suggerire al mondo contemporaneo, e soltanto rifuggendo da ogni ipotesi di scontro, perseguendo quindi una visione di incontro, ciascuna nel proprio ambito, la Chiesa in quello spirituale e la politica in quello materiale, possono riconoscere la propria identità e orientare la propria azione secondo la propria vocazione in vista di una società più pacifica e giusta, e quindi autenticamente umana.