
Commissione d’inchiesta sulla gestione della crisi Covid-19: oggi in Francia domani in Italia?

09 Giugno 2020
di Pietro Scuri
La Francia, con la Spagna e l’Italia è tra i Paesi europei che ha subito più danni dalla crisi covid-19: sia per quanto concerne il bilancio sanitario sia – e ancor di più – per le conseguenze economiche.
Il 3 giugno l’Assemblea Nazionale Francese ha varato la Commissione d’Inchiesta sulla gestione della crisi. Il Senato francese farà lo stesso a fine mese. L’iniziativa, assunta dalle opposizioni con i Repubblicani in testa, non è stata però stigmatizzata dalle forze di maggioranza che, evidentemente, ritengono naturale la funzione di controllo del Parlamento. Tant’è che la presidenza della Commissione toccherà a un membro del partito di maggioranza relativa En Marche mentre il maggior partito di opposizione LR esprimerà il relatore.
Così, circa 50 parlamentari per sei mesi indagheranno su mascherine, tamponi, test, residenze per anziani, zone rosse e sistemi di cura. La Commissione potrà convocare testimoni, svolgere audizioni sotto giuramento, consultare documentazione riservata, inviare informazioni al ministero di giustizia e, eventualmente, trasmettere carte alle procure.
Lo scopo dichiarato dell’iniziativa, però, non ha niente di “giustizialista”. Anzi, di fronte ai circa settanta esposti già giunti contro i membri dell’esecutivo coinvolti nella gestione della crisi, si prova a mettere un argine affermando l’autonomia del giudizio politico. Forse anche per questo da parte del governo non si è fatto nulla per provare a evitare il varo delle due Commissioni da parte del Parlamento. Piuttosto, nei prossimi giorni ne potrebbe nascere una terza di origine governativa col compito di affiancare quelle parlamentari e di svolgere un ruolo che si vorrebbe “complementare”: nella realtà dei fatti un modo questo di controllare che il controllore non debordi.
Consiglio non richiesto alle opposizioni italiane: piuttosto che inscenare manifestazioni in giorni non adatti o occupare simbolicamente aule parlamentari, non sarebbe meglio impegnarsi su un terreno analogo a quello scelto dai loro colleghi d’Oltr’Alpe? Se si dessero assicurazioni di non interpretare l’iniziativa come una sorta rivincita politica, sarebbe questo anche il modo di capire più a fondo cosa ha funzionato e cosa no e di fare un check al nostro sistema sanitario (anche perché se non si occupa il Parlamento ci penserebbe Report…).
In tal modo, in vista di una possibile “seconda ondata”, si potrebbero anche avere informazioni più utili di quelle provenienti da un gregge scomposto di virologi in competizione tra loro e tutt’oggi in servizio permanente e attivo su tutti i canali della nostra televisione.