
Roma Capitale: la valorizzazione del bene culturale come elemento di rilancio

26 Novembre 2020
Il prossimo anno, salvo sorprese da Covid, Roma Capitale andrà al voto per l’elezione del suo sindaco.
Le macerie del pezzentismo pentastellato abbattutesi sulla città (con il voto “vendicativo” della maggioranza dei romani) sul fronte dei rifiuti, del trasporto pubblico, del decoro urbano, dell’agonia dell’edilizia, dei teatri e dell’industria cinematografica intellettuale sono ormai talmente noti da essere diventati luogo comune in aggiunta alla cicatrice non ancora rimarginata dell’inchiesta denominata “Mafia Capitale” di cui il pezzentismo grillino avrebbe dovuto essere la cura e l’antidoto.
Ne è divenuto invece il detonatore per un mix di esibita incompetenza, di irresponsabile leggerezza, costituita dalla mancanza di ogni rudimento finanziario ed amministrativo, di una ingenua utopia di generica “fratellanza” priva di basi finanziarie.
Ricostruire da tali macerie non sarà facile sia per l’estensione metropolitana di Roma Capitale (tra le più grandi d’Europa) sia per la complessità del tessuto socio-edilizio e della perdurante divaricazione, aggravatasi sotto l’attuale consiliatura, tra centro e periferia e tra le stesse periferie.
In più con le municipalizzate decotte e tecnicamente fallite tenute in piedi con degli artifizi contabili di cui pagheremo, come cittadini, il conto.
E lo pagheremo tutti.
Nell’ottica di una auspicata presa di coscienza dell’elettorato di abbandono dell’incompetenza per la competenza, del voto vendicativo per il voto costruttivo, della cultura del fare di contro alla cultura dell’annuncio, occorre analizzare alcuni punti da cui ripartire per restituire a Roma Capitale una economia sostenibile.
L’elemento indefettibile di una riflessione sulla possibilità di una ripresa economica non può che essere, in una città come Roma, il “bene culturale”.
Roma rappresenta, come chiarito dal bel libro di Francesco Rutelli “Tutte le strade partono da Roma” un unico in quanto “bene culturale” quasi nella sua integrità unendo al concetto di bene culturale anche quello del paesaggio.
Ha talmente tanto da soffrire della sindrome della “troppità” che si risolve in una indolente gestione dell’esistente con modalità burocraticamente pietrificate e insensibili ad ogni ragione di sostenibilità economica.
L’articolo 1 comma 3 del D.Lgs. n. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio” testualmente recita: “Lo Stato, le Regioni, le città metropolitane, le Province ed i Comuni assicurano e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione”.
Già nella legge è presente il superamento della cosiddetta “pietrificazione” della tutela del bene culturale a fronte di una dinamica gestione sotto il profilo della fruizione e della valorizzazione.
Ma che cos’è un bene culturale?
Il termine bene rimanda al concetto di “res”, di cosa quale oggetto di diritto dominicale da parte di un soggetto pubblico o privato.
E’ questa la “reificazione” del bene culturale che ne svilisce l’elemento della fruizione e della valorizzazione.
E’ vero che in un monumento è intrinseca la connotazione di “res extensa” fatta di pietre, di architetture, di murature.
Ma tale res pietrificata è vivificata dalla sua qualità, dalla storia, dallo spirito.
In essa si incarna un’idea universale declinata secondo i sentimenti delle varie epoche e culture.
E valorizzazione del bene non è rappresentata dalla mercificazione del bene nella sua individualità di res extensa, bensì nella sua universalità di idea connaturata alla parte più alta e nobile dell’umanità indipendentemente dal credo religioso.
E le idee possono essere divulgate, sfruttate commercialmente senza intaccare la materialità del bene che l’idea incarna.
Per questo ho in antipatia il luogo comune che dice per Roma “il bene culturale è il nostro petrolio”. Non è vero. Il petrolio è una res inquinante che puzza ed è destinata a finire. L’idea no.
Non solo non puzza ma, nella sua riproducibilità, è eterna ed autorinnovabile.
Per questo vorrei da parte del candidato sindaco del centro-destra una particolare attenzione alla valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale di Roma Capitale.
Lo sfruttamento strutturato dell’idea rappresenta il motore di tutta un’attività turistico-ricettiva alberghiera, di commercio e di cultura multimediale che non ha rivali al mondo.
Certo, una città come Roma Capitale non può vivere senza un piano industriale dei rifiuti e senza una logistica da trasporto pubblico da paese civile europeo.
Ma deve trovare nella valorizzazione della sua cultura millenaria e delle idee che si sono incarnate, anche col sacrificio e col sangue in quelle strutture monumentali, un volano per riprendersi il ruolo ed il prestigio che una politica dominata dall’impreparazione e dall’esigua qualità culturale le ha, all’attualità, negato.