Per una volta l’Istat ha messo a nudo le bugie del Governo Prodi

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Per una volta l’Istat ha messo a nudo le bugie del Governo Prodi

29 Febbraio 2008

L’Istat ha pubblicato un indice di inflazione per i beni e servizi ad alta frequenza di acquisto, che mostra un tasso di aumento tendenziale (un mese di quest’anno sullo stesso mese dello scorso anno) di 4,8% contro il tasso di inflazione generale del 2,9.

L’indice dei beni ad alta frequenza, che include quelli il cui acquisto avviene, almeno una volta, entro il mese, riguarda il 39% del paniere complessivo dell’indice armonizzato europeo dei prezzi al consumo (Nic, National Index Consumption). Questo è l’indice che l’Italia usa come indice generale dei prezzi al consumo italiani e come indicatore ufficiale del tasso di inflazione.

Dario Di Vico ha lamentato, su “Il Corriere della Sera”, che la pubblicazione dell’indice dei beni e servizi di consumo ad alta frequenza (che chiamerò Niaf), in aggiunto all’indice generale dei prezzi al consumo  può creare nel pubblico una confusione  circa l’inflazione effettiva. E ha sostenuto che (forse) questa pubblicazione non è opportuna.

Su Liberomercato, invece, io ho sostenuto  che non è il caso di prendersela con il termometro anziché con la febbre e che l’aumento differenziale dei prezzi dei beni ad alta frequenza mostra che i nostri meccanismi distributivi e logistici non funzionano bene. E che, in particolare, la politica del Ministro Bersani di liberalizzazioni non ha scalfito la  struttura non concorrenziale della  grande distribuzione in cui impera il sistema delle cooperative in oligopolio con pochi altri gruppi. In un dibattito, che è seguito, a Radio tre, il mattino del giovedì 28 febbraio, fra lo statistico  dell’Istat, che gestisce il settore  degli indici dei prezzi dal consumo, me e il vicedirettore de Il Corriere della sera  Dario Di Vico, questi ha posto la questione di cosa si dovrà fare in futuro, se cioé si dovranno continuare a rendere noti entrambi gli indici oppure no, facendo intravedere che ciò, per qualsiasi futuro governo, sarà un grosso grattacapo  e che la pubblicazione del Niaf creerà problemi per le imprese, in relazione al rinnovo dei contratti, in quanto si tenderà ad affermare che esso è “l’indice giusto”.

La verità è che ha dato fastidio il fatto che l’Istat abbia reso noto al pubblico questo indice durante la campagna elettorale. Ciò è stato colto da alcuni come una specie di “colpo basso”, da parte di in Istituto considerato “amico” del centro sinistra e della (attuale) presidenza della Confindustria, in un periodo in cui entrambi sono  in difficoltà. In effetti  è stato un fatto insolito.  Le dichiarazioni dell’esperto dell’Istat che ha partecipato al nostro dibattito lo confermano  in quanto egli ha reso noto che nella primavera del 2007, nella audizione  annuale dell’Istat  in parlamento, erano stati presentati sia il Nic che il Niaf . Dunque il Niaf allora esisteva già. Ma l’Istat  non lo ha mai pubblicato  durante il governo Prodi .

E – fatto degno di nota – la forbice fra di esso e l’indice generale , che si era aperta nel 2002 e chiusa nel 2005 , si stava di nuovo divaricando nel 2006 e nel 2007.  Nel 2002 il Niaf è stato pari a + 3,1% a fronte del 2,5 del Nic; nel 2003 la crescita del Niaf è passata al 3,4 contro 2,7  per il Nic. Nel 2004 il Niaf segna 3,1 e il Nic  +2,2. Nel 2005  invece il Niaf è 2 e il Nic 1,9. Ma nel 2006 il Niaf balza a 2,5 mentre il Nic è a 2,1. Nel 2007 il governo Prodi vanta un tasso di inflazione dello 1,8 (valore del Nic) ma il Niaf è il 2,9. Tacere bisogna. Nel quarto trimestre dell’anno, il Niaf  balza a +4 mentre il Nic è al 2,4. Ma l’Istat, sin quando Prodi ebbe i pieni poteri non  ha osato diramare il Niaf. Lo ha fatto ora, ponendo implicitamente  in luce che il governo progressista lasciava correre questa inflazione differenziale, che interessa soprattutto i soggetti a più basso reddito senza preoccuparsene.

Credo, che al quesito posto da Di Vico, egli avesse già implicitamente risposto, immagino a malincuore, osservando che quando il dentifricio è uscito dal tubetto è difficile farlo rientrare. E quindi, penso che l’Istat dovrà continuare a pubblicare l’indice  dei beni ad alta frequenza di consumo, assieme a quello generale dei prezzi.

In genere, per chi crede nei principi del libero mercato, la massima trasparenza dell’informazione economica, generale e particolare, è comunque un bene. E il fatto che gli organi di informazione di parte possano fornire interpretazioni “distorte”, utilizzando dati parziali, non turba affatto chi crede nella libertà dell’informazione economica, senza nessun monopolio.

Se l’Istat in futuro non pubblicasse questo indice, nella pubblica opinione sorgerebbe la domanda sul perché della mancata informazione e si avvalorerebbe il sospetto che essa non voglia “disturbare il manovratore”.

Chiunque sia al governo dell’Italia dovrà occuparsi dei vizi del nostro sistema distributivo, delle Coop come monopolio, del problema dei poveri ,delle infrastrutture per far funzionare il mercato. Non  della intellettualistica agenda Giavazzi, né della sua parodia da parte del Ministro Bersani.