Prodi&D’Alema: una politica estera da dimenticare
11 Marzo 2008
Può darsi che il dolore
provato ieri per la scomparsa di sua madre abbia distolto l’attenzione del
Ministro D’Alema dalla campagna elettorale. Fra gli aspetti più interessanti di
quest’ultima non manca una attenzione alle questioni di politica estera superiore
al passato. Sport esclusivo dei re, o quanto meno delle aristocrazie, una volta
fra vicende internazionali e suffragio universale valeva la regola dei “corpi
separati”. Oggi è diverso.
A Napoli e provincia nei
giorni scorsi l’attuale Ministro degli esteri aveva mostrato fastidio a
discutere di immondizia regionale ed ansia di parlare delle cose del mondo. Con
riferimento al Medio Oriente, non ha mancato ieri di farlo Fiamma Nirenstein,
presentando la sua candidatura in Liguria con il Popolo della libertà. Gli
argomenti della Nirenstein sono parsi opposti a quelli di D’Alema.
Il Ministro anela ad un
equilibrio che riporti il mondo all’idea di pace di Kant (anche per tenere
lontano il pacifismo alla Gino Strada, che pur ebbe a dominare la Farnesina nei giorni del
sequestro di Mastrogiacomo) e che guardi all’Onu come alla suprema fonte di
legalità, ma anche moralità, del diritto internazionale. Per la Nirenstein non è
affatto detto che ogni Paese arabo, per paura delle reazioni dei propri
integralisti islamici, debba sempre condividere il fronte dell’odio
anti-israeliano e cita il re di Giordania Abdullah come buon esempio per aver
egli coraggiosamente condannato le ripugnanti manifestazioni di gioia che, a
Gaza e a Ramallah, avevano festeggiato la strage di Gerusalemme.
Intanto la scorsa settimana,
per volere della Libia, l’Onu aveva esplicitamente rifiutato di condannare la
carneficina, mentre non aveva esitato nei giorni precedenti a protestare perché
Israele usava “mezzi sproporzionati” contro la pioggia di missili provenienti
da Gaza. Il discorso implica una attenta considerazione del ruolo giocato,
dietro Hezbollah e Hamas, soprattutto dall’Iran.
Un anno e mezzo fa si ritenne
onore e gloria della politica estera italiana l’incontro fra Prodi ed Ahmadinejad
a New York. Eppure quel breakfast di prima mattina era avvenuto nello stesso
giorno in cui alla tribuna dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il
presidente iraniano aveva rivendicato l’irrinunciabile diritto del suo paese
tanto al nucleare quanto all’antisionismo. Nelle settimane successive sarebbe
stato Giorgio Napolitano a ricordare come anche l’antisionismo fosse
antisemitismo.
La Nirenstein ha sottolineato ieri come l’esecutore dell’attentato
di Gerusalemme provenisse da un mondo dedito al terrorismo (“niente
disperazione da disoccupazione o fame, ma adesione all’ideologia di chi vuole
distruggere Israele, ovvero Hamas ed Hezbollah. La famiglia è benestante e si è
vantata dell’accaduto: ha trattato gli israeliani, specie giornalisti, che andavano
a guardare le bandiere di Hamas che sventolavano sulla loro casa, come fossero
loro i colpevoli del disastro…”).
Lo stile della giornalista
era già quello delle premesse alle interrogazioni parlamentari. Il Ministro
forse aveva creduto di essere già in grado di rispondere con l’intervista
apparsa ieri sul Riformista dal titolo “Lavoriamo
per non isolare l’Iran”. Anche a prescindere dal titolo, il problema delle
democrazie occidentali è, invece, proprio quello di “isolare l’Iran” e di non concedere giustificazioni ideologiche al
terrorismo.
All’atto di sindacato
ispettivo di un parlamentare, nella fattispecie la futura onorevole Nirenstein,
ogni Ministro può sopire, eludere, aggirare le “premesse” che lo hanno
ispirato. Ma entro certi limiti. A suo tempo, nonostante le perplessità di
Benedetto Croce, l’Onu fu per i democratici italiani un punto di riferimento:
ad esempio, quando sessanta anni fa le Nazioni Unite fecero nascere Israele. Ci
furono poi gli anni successivi alla guerra dei sei giorni: quelli di Arafat al
Palazzo di Vetro, quelli dell’antisionismo alla Waldheim, quelli del
terzomondismo antioccidentale. Perché in Prodi e D’alema c’è tanta sudditanza
nei confronti di siffatta concezione delle Nazioni Unite?