Evviva l’ex camerata Fini che pur di sopravvivere fa il liberista selvaggio

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Evviva l’ex camerata Fini che pur di sopravvivere fa il liberista selvaggio

04 Febbraio 2011

Ogni tanto giunge qualche buona notizia. Dopo mesi di confusione ed indeterminatezza politica. Mesi passati a cercare di sferrare con ogni mezzo (inchieste giudiziarie, voti di sfiducia, gossip giornalistico) il colpo finale all’odiato nemico di classe, Silvio Berlusconi. Mesi trascorsi con la sottile inquietudine che il pasticcio monegasco possa, nonostante una magistratura inquirente assai ben disposta, creare qualche dispiacere all’ex co-fonfatore. Finalmente Futuro e Libertà è uscito dal letargo programmatico ed ora finalmente i cittadini potranno cominciare a capire meglio i contenuti della proposta politica dei finiani, al di là dell’antiberlusconismo viscerale, del giustizialismo simil-dipietrista, della fine sapienza tattica di matrice democristiana. Domani a Bologna Gianfranco Fini incontrerà i giovani futuristi e lancerà la sua proposta per "l’abolizione del precariato". L’obiettivo appare per alcuni versi ambizioso (occorrerebbe una riscrittura completa del regole del mercato del lavoro) e per altri confuso, perché accanto ad un precariato patologico creato dalle strettoie del nostro sistema legislativo vi sono anche forme flessibili di lavoro virtuose –  presenti in tutti i Paesi avanzati – che aumentano l’occupazione e quindi la ricchezza nazionale.

I contenuti sono stati anticipati ieri dal Secolo d’Italia e presentano alcuni elementi di interesse. Certo il primo punto della proposta è incredibile: per combattere la disoccupazione ed il precariato giovanile è opportuno abolire il Ministero della Gioventù! La motivazione data da Giovanni Mariniello, responsabile di Generazione Futuro, a sostegno della proposta è poi quasi comico, ha il  sapore della comicità "futurista" (in senso marinettiano). "Da quando è stato istituto il Ministero della Gioventù la disoccupazione giovanile è aumentata, arrivando alla cifra record del 29%. Per cui delle due l’una: o il ministero della Gioventù è inutile e quindi va abolito oppure porta sfiga e quindi va abolito lo stesso". Naturalmente, nella lucida e profonda mente di Mariniello non fa nemmeno capolino l’idea che sui dati preoccupanti della disoccupazione giovanile in Italia giochi una qualche influenza la grave crisi economica internazionale che ha investito il mondo a partire dal 2008, o la rigidità del nostro mercato del lavoro (sarà un caso che in Europa abbiamo il tasso di disoccupazione generale più basso e il tasso di disoccupazione giovanile più alto?), o ancora la vera e propria emergenze educativa e professionale che ha coinvolto negli ultimi vent’anni la nostra scuola e la nostra università. Ma la verità è che quella dell’abolizione del Ministero della Gioventù è né più né meno che una piccola e meschina operazione di vendetta politica nei confronti di Giorgia Meloni, rea di non aver seguito Fini nella scissione futurista.

Ma è chiaro che i pur apprezzabili sforzi di indossare abiti moderati e liberali  al posto di quelli squadristi ed ex-fascisti indossati da molti futuristi fino a non molto tempo fa richiede necessariamente un po’ di tempo e di pazienza. Neanche a dire che con la soppressione del Ministero vi sarebbero ingenti risparmi da investire in iniziative utili per combattere la disoccupazione giovanile. La dotazione del Ministero è ormai ridotta al lumicino anche grazie ad un emendamento, presentato proprio dai futuristi durante la scorsa finanziaria, che tagliava del 70% il fondo per le politiche giovanili  a fronte di un equivalente aumento delle disponibilità del Fondo Pari Opportunità gestito dal Ministro Carfagna , (sulla cui amicizia  con Italo Bocchino impazza il gossip di Montecitorio) la cui strategicità per combattere precariato e disoccupazione giovanile è evidente a ciascuno!

Ma stendiamo un velo pietoso sulla sciocca proposta di abolire il Ministero della Gioventù e veniamo alla "ciccia" della proposta futurista per i giovani. Il cuore è rappresentato dall’idea di introdurre un contratto unico di lavoro a tempo indeterminato, abolendo le tipologie di contratto di lavoro atipico ed abolendo l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Si prevede, in sostanza, che anche nelle imprese con più di quindici addetti si possano licenziare liberamente i dipendenti, salva la previsione di un’indennità di licenziamento da corrispondere al lavoratore al momento dell’interruzione del rapporto. L’idea è un po’ manichea ma coglie una parte del problema. Prendersela tout court con le forme flessibili di lavoro è sbagliato, perché le economie contemporanee esprimono una domanda di lavoro variegata alla quale non è possibile rispondere con un unico modello contrattuale. La nostra non è più un’economia fordista dominata dal modello della catena di montaggio, ma è sempre di più un’economia di servizi ad alto valore tecnologico, rispetto alla quale la flessibilità della forma contrattuale deriva dalla flessibilità della stessa organizzazione produttiva. Ma non c’è dubbio che la patologia italiana del precariato deriva dal combinato fra flessibilità contrattuale (presente in tutto il mondo avanzato) e rigidità dell’articolo 18 (presente solo in Italia).

Ma la proposta futurista contiene anche altri spunti interessanti e di enorme impatto. Si va dal rilancio del patto generazionale, che implica un innalzamento dell’età pensionabile, all’abolizione dell’esame di abilitazione per l’esercizio delle professioni, all’abolizione dei minimi tariffari professionali. Certo per formarsi un’opinione puntuale sulle proposte sarebbe necessario conoscere almeno alcuni dettagli. L’impressione è che sinora siano stati scritti solo i titoli.

Ma non è questo il punto. Quello che colpisce è la assoluta sproporzione tra la portata dirompente delle proposte futuriste e l’esiguità della forza politica di Fini, che per sopravvivere è costretto ad inseguire alleanza tattiche o addirittura strategiche con chiunque e con qualunque contenuto. E allora ve lo immaginate uno scenario nel quale, abbattuto Berlusconi, durante le trattative per la formazione di un governo di salute pubblica il Presidente Fini porta sul tavolo (con PD, IDV, UDC, SEL, e parti sociali, Cgil in testa) la proposta di abolire l’articolo 18, innalzare l’età pensionabile, liberalizzare le professioni?

Verrebbe quasi da pensare che Fini non abbia nemmeno letto (o le abbia lette e non le abbia capite) le proposte elaborate dal fido Della Vedova. Ma Fini non è uno sciocco. Se forse difetta di un’adeguata visione strategica, nella tattica di breve periodo è maestro. Ed allora l’unica spiegazione a questa intemperanza liberista appaltata a Benedetto Della Vedova è che, svanito il clamore della scissione e fallita la spallata al Governo, il presidente della Camera si rende conto che il rischio vero per il partito futurista è morire di inedia, perdersi nella terra di mezzo, nella incapacità di darsi un’identità politica leggibile e comprensibile, morire schiacciato fra professionisti del giustizialismo, massimalisti del secolo scorso, e raffinati interpreti della sapienza vetero – democristiana. Ed allora, pur di scongiurare il pericolo, va bene anche scomodare per un giorno il caro vecchio Adam Smith!