L’Italia interviene in Iraq ma per salvare Ur, un patrimonio dell’umanità

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L’Italia interviene in Iraq ma per salvare Ur, un patrimonio dell’umanità

03 Aprile 2011

Mentre sulla Libia gli ordigni Nato minacciano i siti archeologici di Leptis Magna e Sabrata, danni collaterali di un conflitto sempre più confuso in cui l’Italia sembra aver smarrito la propria visione strategica nel bacino mediterraneo, l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro del Ministero per i beni culturali e la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Esteri hanno dato il via a un’importante campagna di recupero del patrimonio culturale iracheno.

 

Il 13 marzo ha preso il via un cantiere scuola di formazione sulle procedure di intervento e conservazione dei manufatti sumeri per un gruppo di sei restauratori iracheni, un intervento che si svolgerà per la parte teorica in un laboratorio allestito all’interno della ex base militare italiana di Mittica e per la parte pratica direttamente sul sito archeologico di Ur.

L’antica patria del patriarca Abramo risalente al XXVI secolo a.C., a pochi chilometri da Nassirya, si trova in un’area che sino a due anni fa era interna alla base militare di Tallil. Sebbene protette dai saccheggi e dagli scavi clandestini, le strutture originarie, frutto delle campagne di scavo condotte negli anni Venti dall’archeologo inglese Leonard Woolley, hanno sofferto a causa delle proibitive condizioni climatiche locali. Il cantiere riguarderà il tempio di Ekishnugal, ossia in cui non entra la luce, dedicato al dio Luna Nannar, costruito da Ur-Namma fra il XXII e il XXI sec. a.C. e in uso fino all’epoca di Ciro il Grande nel VI sec. a.C., e durerà sei mesi.

Tra marzo e dicembre, inoltre, si svolgeranno a Mosul tre corsi trimestrali sul restauro di libri e manoscritti antichi, avori e metalli archeologici. Infine verranno donate notevoli quantità di materiali e strumenti per il laboratorio di restauro del Museo di Baghdad. Nel complesso, l’intervento impegnerà risorse per due milioni di euro, cofinanziati dal Segretariato Generale del MiBAC e dal MAE. Un impegno concreto per la tutela del patrimonio culturale dell’umanità, non privo di positive ricadute sul ruolo e sul prestigio dell’Italia in quell’area.