Che cosa è successo al povero Mauro?

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Che cosa è successo al povero Mauro?

21 Novembre 2017

Che cosa è successo al povero Mauro? “Il contrario della nostalgia che guarda al passato, è vivere il presente come futuro, scoprendolo ogni giorno nella crescita continua che nasce dalla realtà del contemporaneo, con le sue seduzioni e le sue paure” scrive Ezio Mauro sulla Repubblica del 9 novembre. Com’è che si vive il “presente come futuro”? “Scoprendolo nella crescita continua che nasce dalla realtà del contemporaneo”? E com’è questo contemporaneo? “Con le sue seduzioni e le sue paure”? Ora che Mauro non sia mai stato inventore di uno stile come un Biagi o un Montanelli, lo sapevamo. E’ stato un ottimo cronista politico e poi un capace direttore di quelli che quando devono scrivere, però, un editoriale un po’ si irrgidiscono. Capita a tanti, anche ai Mieli e ai de Bortoli, per esempio. Qui però sfodera un linguaggio che non è assolutamente il suo, pieno di barocchismi, di pretese, senza neanche la capacità di dominare la propria retorica che è di Eugenio Scalfari. Come mai? Il fatto è che si sta esibendo in una recensione ad un libro di Walter Veltroni. Un libro di Veltroni? Allora trattasi di contagio.

Quegli errori e reticenze di Pierferdy sui ministri dell’Interno. “L’attuale ministro dell’Interno in due anni ha fatto di più di Maroni in dieci”. Pierferdinando Casini sul Corriere della Sera del 19 novembre, preso dall’angoscia di mettere insieme una zattera che lo salvi dalla progressiva scomparsa dei “centristi filo renzisti” (oltre che dei renzisti in sé) s’infila in una serie di stupidaggini esagerate anche per un politico molto leggero come è sempre stato. Dice che Maroni è stato ministro dell’Interno per dieci anni e invece il governatore lomabardo lo è stato per un anno nel 1994 e per due e mezzo dopo il 2008, dice che Marco Minniti è al Viminale da due anni e invece è lì da uno. Ma soprattutto fa scomparire dalla scena quello che, con larghissimo consenso, viene considerato il peggiore ministro degli Interni della Seconda repubblica, Angelino Alfano (titolare dell’incarico dal 2013 al 2016). D’altra parte l’ex promettente allievo di Arnaldo Forlani è proprio con Alfano che vuole allearsi. Comprendiamo la reticenza ma non il perché un politico che si giudica particolarmente esperto (sempre nella stessa intervista al Corriere dice: “Avete visto cosa combina la gente senza esperienza?”) si cacci da solo in questa trappola. Che sia il maledetto inconscio che tormentandolo su come si potrà rendere palatabile un disastro come Angelino (innanzi tutto per quel che ha fatto e non fatto durante la sua permanenza al Viminale) abbia indotto all’errore una persona solitamente volpocchiosamente compos sui?

L’Olanda senza governo (da sei mesi) preoccupata dalla Germania senza governo (da due mesi). “La Germania è un Paese molto influente nell’euro e nell’Ue, ha spiegato il ministro degli Esteri olandese, Halbe Zilstra: senza un governo con i pieni poteri a Berlino ‘sarà difficile prendere decisioni importanti’ a livello comunitario”. Così in una nota pubblicata da Huffington Post Italia del 20 novembre. Questa presa di posizione del governo facente funzioni olandese rivela bene che cosa è diventata l’Unione europea: io faccio quel che voglio ma tu no. Le decisioni non hanno sedi stabili dove vanno prese ma dipendono solo da Berlino. La propaganda prevale sempre su qualsiasi analisi concreta delle questioni in ballo. Va bene che il presidente della Commissione è Jean-Claude Juncker, ma con una certa diffusa ebbrezza si sta esagerando. E, in questo senso, è difficile contestare che per esempio l’affidare alla sorte la destinazione della sede dell’Agenzia del farmaco europeo perché non si sa se scontentare Italia o Olanda. “E’ il paradigma di un’Europa che non sa decidere” così un lancio dell’Ansa del 20 novembre riporta le parole di Roberto Maroni.