L’antisemitismo va sempre contrastato, anche con rabbia (ma ad occhi aperti)
30 Novembre 2017
L’antisemitismo è il nucleo essenziale del male assoluto che ha devastato il Novecento, va contrastato senza nessuna concessione, anche con rabbia, ma a occhi aperti. “Dei 350mila ebrei della regione parigina, circa 60mila negli ultimi anni hanno traslocato” Stefano Montefiori sul Corriere della Sera del 22 novembre. “Polish leaders condemned the extremist elements, with President Andrzej Duda saying there was “no room” for xenophobia, “sick nationalism” or anti-Semitism in Poland. Prosecutors have launched a probe into the event”. Sul Financial Times del 25 novembre James Shotter e Evon Huber raccontano dei fermenti nazionalistici polacchi con annesse manifestazioni di antisemitismo condannate dal presidente della Repubblica e perseguite dalla magistratura ma comunque significative. “After the police caught the young man who had hurled the security camera though the Jewish center’s window, the rabbi invited him to the center and explained the impact of his actions. ‘We told him about the work we do’ – Rabbi Feldman said. ‘We told him about Kristallnacht, and about the Holocaust survivors in our community. He was remorseful, paid for the damage and committed to changing his ways’”. Aarti Betigerinov racconta, sul New York Times del 26 novembre, dell’emergere di episodi sostanzialmente inediti e sempre più frequenti di antisemitismo in Australia, e di come il rabbino Feldman abbia spiegato che cosa era stato l’Olocausto ad uno dei ragazzi antisemiti che aveva rovinato una telecamera di sorveglianza e una finestra del Centro ebraico, e lo abbia convinto della stupidità dei suoi gesti.
Viviamo in una fase contrassegnata da un certo disordine globale e in cui gli Stati nazionali diventano non di rado l’unico rifugio immaginabile per alcune persone sempre più preoccupate per le proprie sorti, e tutto ciò porta anche alla crescita di sentimenti nazionalistici con non rare punte di xenofobia e talvolta più propriamente razzistiche, il che come sappiamo finisce spesso per sfociare in posizioni antisemitiche. Hanno questo senso alcuni segni di questo crescente antisemitismo che si possono leggere nelle cronache francesi, polacche e persino australiane che qui ho richiamato. Pur indicando una tendenza simile, gli episodi a cui ci riferiamo parlano di realtà molto diverse: in Polonia si tratta sia dei residui dell’antiebraismo cattolico, oggi epurato alla radice da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI con l’appello agli ebrei come “fratelli maggiori” dei cristiani, ma persistente e rafforzato dalla diffidenza per “il diverso” presente specie nelle zone rurali, sia da quello che Carlo Marx chiamava “il socialismo degli imbecilli” cioè l’invidia per israeliti che avevano avuto successo nelle loro professioni, fenomeno molto diffuso anche quando Varsavia era governata dai comunisti. In Australia certi sentimenti, inediti in una terra di immigrati (pur scontando forme di razzismo verso i Maori peraltro da tempo contenute), crescono sul terreno della paura innanzi tutto per i cinesi, provocando un’ostilità verso lo straniero che si esprime molto tra settori della gioventù talvolta con fantasiose adesioni a ideali nazisti apparentemente più ispirate a una voglia di anticonformismo (un nazismo alla Charles Manson), a un surrogato di culti satanisti, all’idiota impulso alla provocazione di certi tifosi calcistici, che a una elaborata posizione politica. Infine vi è l’antisemitismo di settori dell’immigrazione islamica in Francia (ma anche in Belgio, in Olanda, in Gran Bretagna e per certi versi in Svezia) che riflette l’appello a una jihad dal 1979 rilanciata da ambienti prima sciiti e poi anche sunniti del mondo musulmano.
E’ evidente come di fronte a questi fenomeni sia necessario tenere la guardia alta contro qualsiasi accenno ad atteggiamenti antisemiti, e più in generale razzisti, e contro qualsiasi persona o movimento che si richiami al nazismo. Proprio per raggiungere e tenere fermo questo obiettivo è importante distinguere chi persegue posizioni che magari non condividiamo ma che hanno diritto ad esprimersi, dalle tendenze veramente “dannate” prima richiamate che invece vanno contrastate con intransigenza: si può essere critici verso la proposta di un ruolo più deciso degli Stati nazionali ma quest’ultimo obiettivo non è nazista, si può ritenere che per salvare la civiltà occidentale vadano difese certe nostre radici cristiane ma questo non significa che chi sostiene questa tesi sia un antisemita, si può chiedere una politica severa sull’immigrazione senza essere xenofobi, si può giudicare la scelta della jihad cioè della guerra santa (spirituale? materiale?) per la conversione o subordinazione degli infedeli come un elemento critico per una convivenza pacifica tra convinzioni religiose o culturali diverse senza essere islamofobi. Utilizzare l’arma dell’antisemitismo per scomunicare posizioni che non c’entrano con l’antisemitismo ma non ci aggradano, è insieme catastrofico politicamente e riprovevole dal punto di vista morale.
Si stanno chiudendo i congressi delle organizzazioni giovanili aperti negli anni Settanta. “Caro Pier non farò il torto di votarti, ma farò un lavoro di ricostruzione prezioso” così la Repubblica del 23 novembre riporta una frase di un Marco Follini che si è imbarcato nell’avventura della sinistra-sinistra bersanian-dalemiana e rivendica il suo (lucidissimo?) obiettivo di voler ricostruire il sistema politico. In quel frullato di ceto politico, sempre più separato dalla società, che stiamo vivendo, pare di cogliere la traccia del consumarsi di congressi di organizzazioni giovanili di partito tenuti negli anni Settanta. Alla fine il congresso del Movimento giovanile dc dovrebbe averlo vinto il basista-moroteo Dario Zaccagnini (perderà le elezioni ma con una posizione centrale di un Pd almeno al 20 % che per un po’ dovrebbe durare) sconfiggendo il doroteo Follini che si è messo a fare il seguace di Jeremy Corbyn e il forlaniano Pierferdinando Casini che sarà affondato dall’alleanza con Angelino Alfano. Quello della Fgci anni ’70 pare finirà con la disfatta sia dell’ala berlingueriana di Walter Veltroni-Piero Fassino (al seguito del rovinato Matteo Renzi) sia dell’ala berlinguerian-dalemiana (con D’Alema che si è scelto un leader tale, finalmente, da non fargli ombra: Roberto Speranza). A occhio quello del Fronte della Gioventù pare sia ormai definitivamente dominato da Ignazio La Russa con la sua pupilla Giorgia Meloni con l’almirantiano Gianfranco Fini del tutto fuori gioco, il rautiano Gianni Alemanno azzoppato in cerca di aiuto da Matteo Salvini e Maurizio Gasparri che non ha mai vinto con Ignazio. Si chiuderanno, forse, così gli anni ’70. Chissà se, finite tutte queste partite, potremo ora passare agli anni ’80.
La Republicona “carattere Eugenio” recluta anche George A. Romero. “Anche il nonno, in realtà deceduto, sarebbe indagabile” scrivono Emanuele Lauria e Alessandra Ziniti sulla Repubblica del 24 novembre. Il giustizialismo repubblicone sta arrivando nella sua fase “regia di George A. Romero”, quello della “Notte dei morti viventi”.
Del dopo Weinstein. E adesso i vegani comprano reti di macellerie. Leggo con divertimento, sfogliando l’edizione del New York Times on line, questo titoletto: “Female investors express interest in Weinstein company” alcuni investori di sesso femmnile hanno espresso interesse per la società di Weinstein. Leggo poi sorridenti commenti su tanti giornali. Il più divertente? A quando un’offerta di vegani per una rete di macellerie.