Ius soli: il balletto di Alfano pur di restare a galla
18 Luglio 2017
di Carlo Mascio
Bye, bye ius soli. Almeno per ora. Gentiloni e il Pd, alla fine, si sono dovuti arrendere: “Tenendo conto delle scadenze non rinviabili in calendario al Senato e delle difficoltà emerse in alcuni settori della maggioranza non ritengo ci siano le condizioni per approvare il ddl sulla cittadinanza ai minori stranieri nati in Italia prima della pausa estiva” ha dichiarato il premier. Tutto rimandato in autunno, insomma. Almeno a parole.
Ma cosa è successo? Come mai un provvedimento “urgente” e “di civiltà” come l’hanno definito Renzi e renziani sul quale la maggioranza voleva addirittura porre l’ennesima fiducia pur di portarlo a casa prima dell’estate si è improvvisamente arenato? La soluzione al mistero sta proprio nelle parole di Gentiloni quando parla di “difficoltà nella maggioranza”. E queste difficoltà hanno un nome e un cognome: Angelino Alfano che in un primo momento ha dichiarato sicuro: “Al Senato voteremo si allo ius soli”. Ma, nel giro di poco tempo, ha cambiato idea frenando sul provvedimento e lasciando intendere che i suoi non lo avrebbero più votato. E, in effetti, dagli alfaniani arrivavano segnali chiari in questa direzione: “È essenziale un supplemento di riflessione” ha dichiarato Enrico Costa, ministro agli affari regionali, che poi ha aggiunto : “Se c’è la fiducia, lascio”. Parole inequivocabili, dunque. Tant’è che lo stesso Alfano ha salutato con estremo piacere la decisione di Gentiloni di stoppare tutto parlando di “scelta di buon senso”.
Tuttavia, nel balletto di Ap sullo ius soli, qualcosa non torna. Viene da chiedersi come mai proprio ora Alfano & Co. hanno deciso di mettersi di traverso dopo che nell’ottobre del 2015, l’allora Ncd guidata proprio dall’attuale ministro degli Esteri alla Camera ha votato compatta il provvedimento. A maggior ragione se si pensa che, all’epoca, il voto degli alfaniani, con un Pd pre-scissione e dunque autosufficiente in Parlamento – in special modo alla Camera – non era poi così influente sulla decisione finale e, quindi, margini di confronto sul tema c’erano eccome senza mettere a rischio la legislatura. Ma, probabilmente, i vertici Ncd scelsero di tapparsi la bocca per evitare di dare segnali di “infedeltà” a Renzi e al Pd, cosa che, in tempi di renzismo trionfante, avrebbe potuto mettere a rischio qualche poltrona.
Ora, invece, le cose son cambiate. Ap oggi rischia seriamente l’isolamento politico che, con ogni probabilità, significa non avere posti nel prossimo Parlamento. Alfano, infatti, non può più contare su Renzi che l’ha brutalmente scaricato (aggiungendo al danno la beffa di pesanti ironie sul rapporto tra poltrone e voti) nei frenetici giorni che hanno portato al naufragio del patto tra Pd, M5S, Fi e Lega sulla legge elettorale. E allo stesso tempo non può certo pensare di trovare una repentina accoglienza a destra, avendo rotto a suo tempo i ponti con Berlusconi e abbracciando il renzismo. In questo momento è vitale per gli alfaniani avere tempo per capire dove piazzarsi, e dunque l’imperativo è tenere in piedi la legislatura, a qualunque costo. Con la capacità tattica che lo contraddistingue, il buon Alfano, sentendo puzza di incidente parlamentare, ha mandato in scena il balletto delle dichiarazioni sullo ius soli. Renzi, infatti, oggi più che mai vuole andare al voto: non più per vincere, ma per sopravvivere, prima che il prevedibile fallimento alle prossime elezioni siciliane, e la morsa in cui comincia a essere stretto (tra sinistra bersaniana da una parte e ulivisti democristiani dall’altra) lo mettano fuori dai giochi. Andare alle elezioni subito vuol dire mantenere il sistema elettorale uscito dalla Consulta, con cui, facendo eleggere finalmente un gruppo parlamentare di soli fedelissimi, può cercare alleanze in parlamento, secondo lo schema già sperimentato nell’attuale legislatura. Qualche parlamentare acquisito con promesse di poltrone, qualche rappresentante degli italiani all’estero o magari della Volkspartei, e la maggioranza è fatta, anche se risicata: si torna al governo. Ma per fare questo è necessario votare subito, e farlo senza piantare visibilmente il coltello nella schiena di Gentiloni: impossibile ripetere la scena dell'”Enrico stai sereno”. La cosa migliore è dunque un bell’incidente parlamentare: la maggioranza va sotto su un tema identitario e forte, come lo ius soli, appunto, e le elezioni sono assicurate.
Il ministro degli Esteri questo lo ha capito benissimo, e ha rovinato la strategia del segretario del Pd mettendosi di traverso. Annunciando che non avrebbe votato lo ius soli, infatti, ha scoperto il gioco di Renzi; il quale, se si fosse intestardito a far mettere la fiducia sul provvedimento, avrebbe fatto capire con troppa chiarezza di volere la fine del governo Gentiloni e della legislatura. Renzi ha dovuto quindi fare marcia indietro, rimandando lo ius soli a settembre, e Alfano si è preso il lusso di dichiarare, con l’ennesimo voltafaccia, che a settembre Ap voterà a favore. Ma come, ora no e fra due mesi si? Cosa sarà cambiato? Una cosa sola: non ci sarà più il rischio di elezioni anticipate, perché non ci saranno più i tempi tecnici. E così il ministro degli esteri si conferma un campione di fermezza: non certo di fermezza nei principi e negli ideali, ma nella capacità di rimanere a galla, sì.