Alitalia, dopo il “prestito ponte” in arrivo altri soldi pubblici

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Alitalia, dopo il “prestito ponte” in arrivo altri soldi pubblici

20 Luglio 2017

“Non siamo interessati ad acquisire Alitalia”. Poche parole, lapidarie, che in questi mesi sono diventate un vero mantra. Infatti, dopo l’ennesimo fallimento che ha colpito l’ormai ex compagnia di bandiera, quasi tutte le più grandi compagnie aeree si sono affrettate a mettere le mani avanti smentendo il proprio interesse per Alitalia. Come dire: questa patata bollente proprio non la vogliamo prendere. L’ultima in ordine di tempo che ha pronunciato queste fatidiche parole è stata Ryanair che, con una nota, ha annunciato l’uscita ufficiale dalla corsa per l’acquisizione della compagnia.

Una defezione non da poco, soprattutto perché la compagnia irlandese, fino ad ora, è stata l’unica ad uscire allo scoperto annunciando qualche settimana fa, per bocca del suo ad Michael O’Leary, di essere interessata all’acquisto di una “quota maggioritaria” dell’azienda. Musica per le orecchie del trio Gentiloni-Calenda-Delrio che sin dall’inizio hanno sempre precisato di “non volere lo spezzatino”. Ed è proprio per questo che l’uscita di scena di Ryanair non passa certo inosservata.

Tuttavia, l’ad irlandese aveva sin da subito precisato che l’interesse poteva diventare concreto “se i commissari si impegneranno a fare importanti cambiamenti e ristrutturazione all’interno della compagnia”. Probabilmente O’Leary & Co. hanno capito che la situazione è più complessa del previsto. E i possibili motivi del ritiro non sono nemmeno tanto reconditi. È stato lo stesso Delrio ad affermare che l’azienda ha criticità strutturali quali “costi di approvvigionamento del carburante molto onerosi, contratti di leasing sugli aerei molto onerosi, una flotta non moderna”. Criticità non da poco, dunque. In pratica, Delrio ci sta dicendo che quello che rende “non appetibile” Alitalia sono proprio le scelte fallimentari contenute nel piano industriale degli arabi di Etihad varato nel 2014 con la solenne benedizione del governo Renzi che tutto ha fatto tranne quello che si era prefissato, ovvero rilanciare la ormai ex compagnia di bandiera.

Alla luce di quanto detto, il ritiro di Ryanair, che in ogni caso avrebbe ridimensionato Alitalia trasformandola con ogni probabilità in una low cost, sembra dunque ampiamente motivato. E se si pensa che, stando agli ultimi aggiornamenti, offertone irrinunciabili che non contemplino lo spezzatino non sono arrivate, allora si comprende perché ieri Delrio è tornato ad avanzare la classica ipotesi di salvataggio, ovvero “il prolungamento dell’azione commissariale e altro denaro pubblico” che si aggiungerebbe ai 600 milioni di prestito ponte già stanziati dal governo.

In più, pur precisando di essere “contrario alla statalizzazione”, il ministro dei Trasporti ha prospettato la possibilità di “piccole quote pubbliche” nella futura Alitalia. Insomma, pur di mascherare in tutti i modi le falle dell’ultimo piano aziendale sponsorizzato dal governo Renzi, che, a quanto pare, non solo ha portato al nuovo fallimento ma ha reso addirittura meno appetibile l’intera azienda, il governo sembra essere disposto a buttare altri soldi pubblici. Tanto che la “continuità aziendale” chiesta a gran voce da Gentiloni si sta rivelando una vera e propria “continuità statale”.