Il Governo spaccato mette la fiducia anche sul welfare
23 Novembre 2007
E’ ancora quel Protocollo sul Welfare firmato il 23 luglio a tenere col fiato sospeso Governo, industriali e sindacati. Il testo uscito ieri dalla Commissione Lavoro di Montecitorio scontenta tutti. E stamani il vertice dei ministri ha autorizzato il premier Romano Prodi a porre la fiducia, se necessario, sul Ddl welfare (il ministro Ferrero ha espresso la sua riserva).
Non si è però deciso su quale testo eventualmente porla, se quello del governo o se quello della commissione.
Tra gli scontenti, dopo le modifiche della Commissione, c’è Confindustria. Che per bocca di un alto dirigente, in una intervista al Corriere della Sera ribadisce il “no” alle modifiche apportate e minaccia: “Se il testo rimane così consideriamo finita la fase della concertazione”. Peccato che l’enfasi al problema non sia stata data dal Presidente Montezemolo (impegnato su altri fronti) ma dal vice Alberto Bombassei.
E’ un chiaro irrigidimento nei confronti del Governo, quello di viale dell’Astronomia, che deriva dal fallimento della strategia montezemoliana. I punti chiave: il numero uno di Confindustria inizialmente ha puntato a un accordo con Prodi e la Cgil e poi ha giocato la carta dell’antipolitica. Poi è arrivato il coup de théâtre di Marchionne, che ha cercato di spiazzare i sindacati con l’anticipo di 30 euro ai dipendenti. Oggi Montezemolo ha cominciato a mostrare interesse per il contratto nazionale trascurato per oltre 4 anni. Soprattutto guarda con forte preoccupazione a quegli equilibri interni, che da maggio (quando scade il mandato) segneranno il passo rispetto alla sua gestione. In conclusione, secondo Confindustria (e la Cisl) sarebbe stata violata l’intesa del 23 luglio.
Ma a mettersi di traverso, sulla lunga strada che lunedì porterà il testo nell’Aula della Camera, ci sono la sinistra radicale, i diniani, i socialisti, i riformisti, i sindacati. Tutti in assetto di guerra. Mentre il presidente Silvio Berlusconi ieri a “Otto e mezzo”, su La7, ha detto: “In Senato, sul welfare il Governo non avrà la maggioranza”.
Dopo il confronto di ieri in Commissione, la sinistra incassa diversi punti a suo favore (è stato abrogato per esempio lo staff leasing e ampliata la platea e degli usuranti) ma Rifondazione e Pdci non accettano che siano passati due emendamenti dell’opposizione (uno che consente l’utilizzo del lavoro a chiamata per il settore del turismo e per quello dello spettacolo e l’altro sui contratti a termine per i quali i 36 mesi potranno anche non essere continuativi) e hanno annunciato l’intenzione di ripresentare in Aula gli emendamenti già bocciati in Commissione. I liberaldemocratici di Lamberto Dini e i dissidenti dell’Ulivo Manzione e Bordon temono che la modifica della norma sui lavori usuranti comporti un aumento della spesa pubblica (“non è possibile aumentare il numero delle persone a risorse invariate”, ha detto il diniano D’Amico) . In soldoni, nella nuova versione del disegno di legge si è ampliata la platea dei lavoratori impegnati in attività considerate usuranti e quindi esclusi dall’innalzamento dell’età pensionabile (anche il presidente del Comitato per la difesa e l’attuazione della legge Biagi, Giuliano Cazzola, ha calcolato che la platea aumenterebbe di 650 mila unità con un conseguente sforamento dei conti pubblici).
Anche i socialisti di Gavino Angius storcono il naso e avvertono Prodi che se non saranno accolte le loro proposte voteranno contro. E neppure i radicali sono granché contenti, convinti che ai diktat della sinistra radicale si sia detto troppe volte “si”.
La Cgil parla in alcuni casi di misure migliorative e in altri che destano perplessità, come l’eliminazione del tetto delle 80 notti per rientrare nella categoria dei lavori usuranti e la reintroduzione del lavoro a chiamata.
Per il segretario della Uil Luigi Angeletti , che giudica un “errore” la cancellazione dello staff leasing, le modifiche agli usuranti sono invece giuste perché “non c’è nessuno in grado di sapere quanti andranno in pensione”.
Non piacciono al leader della Cisl, invece, le modifiche sullo staff leasing e sui contratti a termine: “Si sta seminando vento, speriamo non ci sia tempesta, una tempesta assai preoccupante in Senato”.
A rendere la partita ancora più difficile poi ci sono i tempi. L’Aula dovrà infatti concludere il vaglio del disegno di legge entro il 29 novembre per permettere al Senato di approvare la riforma entro fine anno. Pena l’introduzione, dal primo gennaio 2008, dello scalone Maroni previsto dal sistema previdenziale del centrodestra con l’innalzamento secco dell’età pensionabile da 57 a 60 anni. Un rischio troppo grosso da correre. E da qui l’esigenza del Governo di porre la fiducia.