A Bonn la Germania ha fatto capire chi d’ora in poi comanderà in Europa

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A Bonn la Germania ha fatto capire chi d’ora in poi comanderà in Europa

05 Dicembre 2011

Dal nostro inviato – Sicurezza, pace e stabilità sono state le parole d’ordine della quarta Conferenza Internazionale sull’Afghanistan che si è svolta ieri a Bonn, la città delle Nazioni Unite in Germania. Nella vecchia sede del Bundestag (il parlamento tedesco), sulla riva destra del Reno, erano riunite oltre cento delegazioni in rappresentanza di stati e organizzazioni non governative provenienti da tutto il mondo.

La conferenza aveva lo scopo di definire il futuro dell’Afghanistan e tutti i rappresentanti delle delegazioni hanno manifestato l’indispensabilità di una strategia comune in vista del ritiro delle forze internazionali previsto per il 2014. L’Afghanistan ha, infatti, la necessità di consolidare il processo di democratizzazione, di diventare un paese autonomo e di non essere più dipendente dalla comunità internazionale, anche se il presidente Karzai in un’intervista allo Spiegel ha detto che, se fosse per lui, l’esercito tedesco, che il terzo per numero di soldati, potrebbe rimanere per sempre.

Ad aprire la conferenza è stato il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle che nel suo discorso di benvenuto ha ricordato che l’impegno internazionale in Afghanistan è stato una conseguenza degli attacchi terroristici a New York, Madrid, Casablanca e Londra. L’impegno a Kabul continua e continuerà ancora per un decennio dopo il 2014, seppur con modalità differenti, e si focalizzerà, principalmente, sulle potenzialità economiche, sullo sviluppo e sulla ricostruzione della regione. “Il popolo afghano – ha continuato Westerwelle – ha bisogno di un costante e duraturo sostegno”.

In questo senso, il Ministro degli Esteri tedesco ha sottolineato che è fondamentale rafforzare l’autorità del governo afghano. Anche la Cancelliera Merkel, che ha fatto una breve visita a Bonn prima di partire per Parigi dove ha incontrato Sarkozy, nel suo discorso ha chiesto a Karzai di ridurre la corruzione ed il commercio di droga (lo stesso invito è stato fatto dal segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon) ed ha, inoltre, messo in risalto che il sostegno internazionale non è solo alle istituzioni afghane, ma all’intero popolo.

L’Afghanistan si è presentato alla Conferenza Internazionale di Bonn con evidenti problemi. L’assassinio, nel settembre scorso, del professore Barhanuddin Rabbani, presidente dell’Alto Consiglio per la pace voluto dal presidente Karzai, è la dimostrazione di quanto lavoro ci sia ancora da fare per normalizzare il paese. Ed ancora: un reportage di Agnes Tandler da Kabul, uscito sulla Welt di ieri, fa vedere le paure (ma anche le speranze) di un popolo, quello afghano appunto, che sembra dover tornare a fare i conti proprio con i Talebani. 

Ora, Hamid Karzai, nel suo discorso, oltre a ringraziare la comunità internazionale, ha, comunque, rassicurato sul processo di transizione che il paese sta attraversando. Ha ricordato i progressi che il paese ha fatto negli ultimi dieci anni e posto come obiettivo quello di un consolidamento di tali progressi fino al 2024. In questo senso sono state rassicuranti le dichiarazioni di Hillary Clinton per un ulteriore impegno economico degli Stati Uniti. Da segnalare, alla fine dell’intervento del Segretario di Stato USA, una breve protesta di tre parlamentari della Linke (estrema sinistra) contro l’occupazione dell’Afghanistan da parte della Nato.

L’intera conferenza si è svolta secondo un ricorrente leit-motiv rappresentato dalla necessità di stabilizzare il paese garantendo maggiore sicurezza, stabilità e consolidando i risultanti raggiunti negli ultimi dieci anni. È qui, però, che entra in gioco il grande assente all’incontro di Bonn: il Pakistan. Islamabad ha boicottato la conferenza per protesta contro l’attacco aereo delle truppe americane del 24 novembre scorso al confine con l’Afghanistan in cui sono morti ventiquattro soldati pakistani.

A questo punto: com’è possibile stabilire una tabella di marcia ed un piano di pace nella regione senza il principale fattore di destabilizzazione della zona? A questa domanda ha risposto Guido Westerwelle durante la conferenza stampa finale rammaricandosi dell’assenza del Pakistan, ma evidenziando come la motivazione data da Islamabad non ha nulla a che fare con il futuro politico dell’Afghanistan.

Naturalmente la questione non è così semplice ed occuperà le diplomazie internazionali nei prossimi mesi. Come ha evidenziato John Buchsteiner sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung del 01 dicembre scorso “in Afghanistan non è possibile una pace senza Islamabad, ma, come insegnano le vicende degli ultimi anni, anche con Islamabad la pace non è possibile”. Più semplicemente, forse, per un vero miglioramento delle condizioni politiche e sociali del paese, al popolo afghano serve un nuovo slogan, un qualcosa per cui lottare ed in cui credere. 

È ciò che si auspica Simon Gass, l’alto rappresentante della Nato in Afghanistan (Die Welt, 05.12.2011). Oggi la realtà è, però, un’altra: dopo aver eliminato il governo talebano, dopo dieci anni di azioni militari, dopo le elezioni democratiche e dopo miliardi di dollari investiti, in Afghanistan la pace non c’è ancora. “Dopo Bonn l’Afghanistan non necessita più di grandi conferenze, ma di veri dialoghi di pace” ha commentato Stefan Kornelius sulla Süddeutsche Zeitung di ieri.

La conferenza è stata, infatti, più uno show mediatico che un vero e proprio luogo di confronto e di lavoro. Gli incontri decisivi sono stati fatti nei giorni che hanno preceduto l’evento. La relazione finale era stata, in larga parte, già scritta prima della Conferenza Internazionale da Michael Steiner, il delegato del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Federale Tedesca per l’Afghanistan ed il Pakistan.

Da Bonn è arrivato, in ogni caso, un segnale forte: l’impegno internazionale per il sostegno dell’Afghanistan continuerà anche dopo il ritiro delle truppe ISAF. Come si concretizzerà questo impegno si deciderà all’incontro della Nato a Chicago nel maggio del 2012 e, probabilmente, in una conferenza regionale, che si terrà il prossimo giugno e che è stata annunciata dallo stesso Karzai durante i lavori della conferenza.

Nel confronto finale con la stampa il padrone di casa Guido Westerwelle ed il Ministro degli Esteri afghano hanno voluto sottolineare come la Conferenza di Bonn non aveva fini militari, né c’era all’ordine del giorno la distribuzione di risorse. Non è stata, infine, una conferenza per festeggiare i dieci anni della guerra. La quarta conferenza internazionale sull’Afghanistan ha avuto obiettivi esclusivamente politici. Nei prossimi mesi capiremo se è stata un successo, come ha orgogliosamente affermato Westerwelle in conferenza stampa.