A che punto è la notte di Mosca
09 Luglio 2023
Che fine ha fatto il cuoco di Putin, Prigozhin, il fondatore del più potente gruppo di contractor russi, Wagner, l’uomo che si è arricchito combattendo per conto di Mosca in Siria, Africa e Ucraina, che ha conquistato Bakmut dopo una sanguinosa battaglia, si è ribellato ai vertici del potere militare russo accusandoli di aver mandato i soldati allo sbaraglio contro Kiev, sfidando Putin fino ad arrivare a qualche centinaio di chilometri da Mosca? Da una settimana si dice che sia riparato in Bielorussia ma non ci sono sue foto a dimostrarlo, anche se ieri Associated Press ha scritto di aver visionato immagini satellitari di un campo militare in costruzione a nord del protettorato russo, pronto per essere consegnato ai wagneriti come denunciano le forze di opposizione interna al regime di Lukashenko.
Certo mette i brividi pensare che il cuoco abbia trovato asilo in un Paese che di recente ha ricevuto armi nucleari tattiche da Putin e ci si chiede quanto sia rischioso per il regime di Minsk ospitare sul suo territorio le truppe di Wagner, dal grilletto facile. Né si può escludere che il 24 giugno siano arrivate a Prigozhin delle proposte economiche da parte di qualcuno nella cerchia ristretta di Putin perché si fermasse. In cambio, avrebbe ottenuto il salvacondotto per Minsk. Eppure i servizi ucraini dicono che il cuoco ha i giorni contati, che l’Fsb russo gli ha messo una taglia sulla testa, lo troveranno e gliela faranno pagare. Quindi lo vogliono vivo o morto? Per la intelligence angloamericana Prigozhin è ancora vivo solo perché custodisce preziosi documenti che manderebbero il regime di Putin definitivamente allo sfascio. C’è una specie di malsano legame simbiotico tra Putin e il suo cuoco: lo Zar l’ha creato e insieme allo Zar potrebbe cadere in un abbraccio mortale.
Ci sono molte altre cose che non tornano dopo la fallita insurrezione dei Wagner di una settimana fa. È sparito completamente dai radar il capo di stato maggiore Gerasimov che Prigozhin aveva messo sulla sua lista nera insieme al ministro della difesa Shoigu. Sparizione che altre ansie le mette se è vero quel che si dice a proposito di questo militare di carriera, passato dalla guida dei plotoni di carri armati sovietici negli anni Settanta del secolo scorso a diventare uno degli uomini con le ‘valigette nucleari’ russe. Gerasimov è uno che ha scalato le gerarchie militari, Putin nel gennaio scorso gli aveva dato il comando delle operazioni militari in Ucraina. Però si è trovato a gestire il difficile ritiro russo da Kherson e ora Putin potrebbe trasformarlo nel capro espiatorio dell’insurrezione. Com’è possibile che Gerasimov non abbia fatto nulla per bloccare i Wagner quando sono partiti armi e convogli attraversando mezza russia europea fino a Mosca?
Poi c’è il “Generale Armageddon”, come lo chiamano i media occidentali per il modo con cui ha combattuto in Siria, quel Surovikin al quale Putin aveva affidato il teatro ucraino prima di Gerasimov. Prigozhin lo aveva elogiato ma il giorno del blitz di Wagner Surovikin fa un video, con il mitra alla mano, intimando al cuoco di fermarsi. Ci si chiede se il video sia farina del suo sacco o non l’abbia costretto qualcuno a farlo, per lanciare un messaggio al capo dei contractor e fargli capire che era solo (ma si poteva trattare). Non si sa bene che fine abbia fatto Surovikin. Ci sono notizie di un suo interrogatorio dopo l’ammutinamento, le forze di sicurezza vogliono capire che ruolo avesse, ma c’è anche una dichiarazione di un suo familiare riportata da media russi, sarebbe stato liberato e a casa dove è tornato a lavorare. Sembra un po’ strano che sia andata così, dopo che la Cnn ha rilanciato la notizia di una lista “VIP” dei Wagner, una trentina tra membri delle forze armate e della intelligence russe tra cui ci sarebbe anche il nome di Surovikin. Non si capisce come sia potuto tornare a casa se il New York Times ha scritto che “era a conoscenza dei piani di Prigozhin di ribellarsi alla leadership militare russa”.
Chi è rimasto al suo posto è il ministro della difesa russo Shoigu, al vertice militare di questa sarabanda, che dimostra di essere la più longeva personalità del sistema di potere putiniano. Shoigu ha iniziato la sua carriera ai tempi del presidente Eltsin, è stato uno degli architetti dell’intervento militare in Siria per rafforzare il governo del presidente Assad, oltre a pianificare l’annessione illegale della penisola ucraina della Crimea nel 2014. Di lui dicono che abbia rafforzato gli arsenali militari di Mosca ma che non sia stato capace di completare il percorso di riforma della struttura militare russa iniziato dai suoi predecessori. È una delle ragioni profonde dell’insurrezione, la discrasia tra la percezione che l’establishment ha dato a Putin in questi anni del potere militare russo e la realtà delle forze armate di Mosca mandate allo sbaraglio contro Kiev.
Shoigu da un anno e mezzo colleziona insuccessi militari sul campo, a cominciare dal blitz, fallito, con cui all’inizio della guerra la Russia cercò di conquistare Kiev rovesciando Zelensky. Il ministro non ha saputo arginare neanche la successiva controffensiva di Kiev, con la ritirata caotica dei russi da ampie zone a est e a sud della Ucraina. Non ha preso sul serio le minacce dei Wagner, eppure è riapparso in pubblico dopo la insurrezione e per il momento conserva il suo posto.
Prigozhin in Bielorussia, Gerasimov sparito, Surovikin non si capisce se agli arresti, Shoigu e il suo entourage certamente sotto pressione. C’è un’aria da crepuscolo sui palazzi dei potenti di Mosca ma Putin è ancora lui a dare le carte, nel giro di una settimana ha ridimensionato un pezzo di nomenklatura militare tanto che i maligni dicono che l’ammutinamento potrebbe essere stato funzionale, che Prigozhin potrebbe essere servito, magari anche a sua insaputa, a far venire avanti altri, chi non era allineato al presidente russo e si è bruciato. “L’insurrezione armata della compagnia militare privata Wagner è diventata un pretesto per una massiccia epurazione nei ranghi delle forze armate russe”, ha scritto il canale Telegram Rybar a proposito della reazione di Putin dopo l’ammutinamento.
L’elemento di debolezza per Putin in questo sta nel fatto che qualcuno c’era, pronto a prendere il suo posto, e ha lanciato un segnale ad altri pezzi del complesso mosaico bizantino del potere russo. Guardate, si può fare, Putin può cascare. “Vladimir Putin è molto più debole ora, malgrado le dichiarazioni muscolari,” dice Sergei Guriev, economista un tempo ascoltato al Cremlino, parlando all’Espresso. “Tutti hanno visto che non può contare su un supporto generalizzato e che può essere sfidato con un margine di successo”.
Se la purga dei militari operata da Putin fosse confermata, non c’è dubbio che potrebbe avere conseguenze sulla operazione militare russa in Ucraina, gettando nello scompiglio i ranghi delle Forze Armate in un momento in cui Mosca cerca di ostacolare la controffensiva ucraina. “Il Cremlino era sicuro che Prigozhin fosse sotto controllo e che ci fossero persone che lo gestivano”, ha detto Tatiana Stanovaya, analista della Carnegie Endowment for International Peace, “e invece ora si scopre che era tutto un casino totale. Il che significa che inizi a farti delle domande tu stesso, su cosa è sotto controllo in Russia e cosa no”. Putin deve guardarsi le spalle in casa propria, è di fronte a un inverno economico, come alleati oltre a Pechino gli sono rimasti solo regimi in crisi come il suo, vedi l’Iran.
Il timore tra le cancellerie occidentali è che la disperazione spinga il regime a un colpo di mano nucleare tattico o ad una operazione nella centrale di Zaporizhzhia sul modello della diga fatta saltare nelle settimane scorse. Una mossa di Putin per congelare la controffensiva ucraina e scongiurare la sconfitta che farebbe crollare il regime. Forse per questo le cancellerie occidentali continuano a gettare acqua sul fuoco. Il direttore della Cia Burns ha chiamato il capo dell’intelligence di Mosca dopo il fallito ammutinamento in Russia per assicurare al Cremlino che gli Stati Uniti non hanno avuto alcun ruolo nella vicenda del Gruppo Wagner.
Burns ha aggiunto che l’azione di Prigozhin, e i movimenti precedenti alla presa di Rostov sul Don, sono la prova di come la guerra abbia minato il potere di Putin. Secondo il Washington Post, all’inizio di giugno Burns (già ambasciatore a Mosca) è stato a Kiev per discutere della controffensiva ucraina e delle prospettive di pace. Gli ucraini avrebbero annunciato l’apertura delle trattative con Mosca e la possibilità di una tregua entro la fine dell’anno.