A che serve protestare se poi intorno a Villa Adriana è già tutta una discarica?

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A che serve protestare se poi intorno a Villa Adriana è già tutta una discarica?

27 Maggio 2012

A Corcolle la discarica non si farà. Ma tutto intorno a Villa Adriana la discarica c’è già. Basta percorrere la Tiburtina Valeria per raggiungere da Roma il sito archeologico alle pendici di Tivoli per rendersene conto. Venti chilometri a corsia singola, la strada è compressa da caseggiati, ferrivecchi, smorzi, stabilimenti abbandonati –  i relitti del polo tecnologico della Tiburtina valley tanto à la page nella politica romana dei primi anni Novanta del secolo scorso – in un percorso che si snoda fra vecchie e nuove periferie, passando accanto agli stabilimenti termali dove ormai le fonti sorgive son agli sgoccioli, prosciugate pare dai cavatori di travertino.

Giunti in prossimità di Tivoli, non ci si rende nemmeno conto che si sta entrando in una città che – unica al mondo – possiede due siti Unesco. Sulla destra, il sepolcro dei Plauzi e l’antico ponte Lucano sull’Aniene versano in uno stato di abbandono inverosimile, circondati da delimitazioni di cantiere nel mezzo di un disordine urbano e stradale totale. Si svolta, ed ecco un cartello. Piccolo, sperduto insieme ad altre indicazioni. Villa Adriana.

Presto però ci si smarrisce, mai il visitatore improvvisato ha fatto due volte lo stesso percorso venendo da Roma. Sensi unici, strade che finiscono nel nulla, salitelle e rotatorie e infine, dopo due soste per chiedere indicazioni, si arriva in “Piazzale Yourcenar”. Tutt’intorno un’edilizia slabbrata, B&B dove mai ti verrebbe di dormire, palazzine dove invece dorme un’umanità espulsa che ogni sera fa ritorno dalla capitale dove spesso lavora ma non può più permettersi di vivere.

Difficile pensare che un’odierna Marguerite possa trascorrere anni a respirare e trascrivere l’atmosfera di un simile luogo per produrre poi un capolavoro come le Memorie di Adriano. L’unico pensiero che sale alla mente nel mezzo dello sprawl che circonda il sito archeologico è: come è stato possibile? Vero, non siamo più una nazione agricola con poco più di venti milioni di abitanti. Ma non era proprio percorribile un altro modello di sviluppo per consentire a sessanta milioni di italiani di vivere e prosperare in un Paese post industriale senza distruggere le fondamenta del proprio essere? Oggi, sconsolati, si può solo varcare il cancello del sito e incedere fra le rovine, cercando i brandelli della propria civiltà. E ringraziare chi non ha permesso l’ultimo insulto a un territorio già agonizzante.