A Expò 2015 manca uno stratega forte (Castelli) e un regista vero (la Moratti)
01 Giugno 2009
Riflettendo sui tanti guai che hanno contrassegnato e stanno contrassegnando la preparazione dell’Expo 2015 di Milano, non è male riandare con il pensiero alle vicende delle Olimpiadi della neve di Torino nel 2006. Anche quell’avvenimento nacque con quella luna storta che caratterizza molte delle iniziative che si organizzano in Italia, terra di fazioni. Si arrivò a minacce di dimissioni, a denunce per sprechi nell’ordine di centinaia di milioni di euro, fino a una sorta di semicommissariamento governativo da parte di un antico protagonista del mondo sportivo come Mario Pescante.
Alla fine, però, l’operazione si avviò sui binari giusti, gli interventi architettonici e viabilistici furono portati a termine, le Olimpiadi ebbero un grande successo.
Per capire le basi della soluzione di quella crisi e che cosa insegnano ai milanesi, si deve riflettere con attenzione sui fattori che sbloccarono l’avvitamento della preparazione delle Olimpiadi torinesi. Ci fu un intervento deciso ma costruttivo del governo: Pescante rispondeva a Gianni Letta ma garantiva l’unicità di indirizzo dell’esecutivo. Oggi un ruolo simile lo ha assunto Roberto Castelli che ha dimostrato di essere un abile uomo di governo in tante occasioni ma gioca molto in questa situazione la parte del garante del peso politico della Lega e in qualche occasione appare più un complicatore di problemi piuttosto che un loro risolutore. E’ indispensabile che Silvio Berlusconi, Umberto Bossi, Ignazio La Russa e Giulio Tremonti dedichino una frazione del loro tempo a dare un indirizzo chiaro a Castelli, perché senza una sponda affidabile dell’esecutivo, è meglio rinunciare subito all’Expo. Secondo fattore di successo delle Olimpiadi torinesi è stata la presenza di un sindaco di grande saggezza come Sergio Chiamparino, che ha sopperito alle tante manchevolezze di Valentino Castellani, ex sindaco e presidente del comitato organizzatore, anche grazie a un rapporto con un presidente della regione, fino al 2005, Enzo Ghigo, di centrodestra e dunque dello schieramento opposto a quello del comune di Torino, ma molto collaborativo.
A Milano uno dei problemi è la scarsa esperienza (e predisposizione?) politica di Letizia Moratti: per rimediarvi e dare agli organizzatori dell’Expo un sostegno valido, andrebbe costruito un asse tra la Moratti e Roberto Formigoni, che mettesse da parte le divergenze e assicurasse un punto di riferimento politico solido. Le questioni sospese andrebbero rinviate a dopo il decollo dell’Expo. Non dico che vi sia bisogna di una moratoria alle discussioni tra i diversi livelli amministrativi, che in sé non vanno drammatizzate, fino al 2015, ma almeno per un paio di anni c’è bisogno di un particolare regime di armonia, che sindaco e governatore si consultino sistematicamente e contino fino a mille prima di prendere una posizione polemica di uno verso l’altro.
Altro elemento decisivo fu a Torino il peso dell’establishment a favore dell’iniziativa, particolarmente importante in una fase in cui la Fiat era in difficoltà e si doveva cercare di dare vita a attività che producessero reddito per una città e un suo intorno molto preoccupati. Sotto la Mole naturalmente il rapporto con l’establishment è più semplice perché una volta che si mobilita il Lingotto quattro quinti dei problemi sono risolti. Nell’occasione questo ruolo di raccordo tra varie amministrazioni e establishment-Lingotto fu svolto da una personalità visibile e loquace come Evelina Christillin, saldamente legata agli Agnelli e vicepresidente del comitato organizzatore.
Milano è città assai più repubblicana di Torino, non esistono personalità di una famiglia reale che possano rappresentare tutto l’establishment. E questo vale anche per il coté Mediaset che influisce ma non regna. Nella partita Expo ha assunto un ruolo centrale Diana Bracco, presidente uscente di Assolombarda: dovrebbe spendersi molto nei prossimi mesi per ricucire i vari pezzi del mondo economico milanese in modo che a Lucio Stanca, amministratore delegato della società (Soge) che gestirà l’Expo, arrivino i più articolati possibili contributi e input.
A Torino, infine, l’appoggio dell’establishment cittadino significò anche quello dell’autorevole quotidiano locale, la Stampa, che anche nei momenti più bui (ce ne furono di quasi peggiori di quelli legati all’Expo milanese) della preparazione dell’avvenimento sportivo del 2006 non fece mai mancare il suo sostegno, impegnandosi perché contraddizioni e difficoltà si risolvessero in positivo. Un aiuto prezioso per le Olimpiadi torinesi. E un problema – quello di una dialettica magari critica ma positiva con la stampa cittadina – non ancora risolto dalle amministrazioni milanesi.