A Milano l’albero di Natale più alto e luminoso del mondo

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A Milano l’albero di Natale più alto e luminoso del mondo

07 Dicembre 2009

Lo studio di Antonio Barrese è la traduzione in solido della sua personalità. Metri quadri di finestre luminose che rompono il ritmo grigio dei palazzi milanesi. Quella vetrata che corre  lungo la strada sembra un occhio enorme, vivace, colorato. Sembra voler guardare il mondo da una prospettiva diversa, in un certo senso sembra volervi partecipare, anche se della differenza rispetto ad esso fa la sua raison d’etre.  E gli occhi di Antonio sono così, vivaci e animati da un autentico spirito critico; lo noto immediatamente, non appena mi apre e mi fa accomodare in una stanza sul retro piena di opere d’arte multiformi che non sembrano nemmeno appartenere alla stessa mano. Alle pareti, incorniciati in basso a sinistra i 7 compassi d’oro che hanno accompagnato la vita artistica di Barrese.

Alle pareti studi di luce su sfondi neri che della luce raccontano l’armonia e il potere; altre opere invece, che sembrano nature morte futuriste, frammentarie e dense di significato simbolico. Sparse un po’ ovunque opere d’arte “fisiche”, oggetti bizzarri che sembrano quasi parte dell’arredamento …. Mi guardo in giro e cerco una chiave di lettura, un concetto che mi permetta di sintetizzare questo insieme di immagini che mi si impressionano sulla retina, una corrente, un fil rouge che mi permetta di collocare l’artista in un mondo, in una corrente. Non ci riesco: sono attratto in maniera unidirezionale verso le forme, i colori e i materiali delle opere che ci circondano. Sembra che la percezione e la concettualizzazione delle opere di Antonio Barrese siano inscindibili.

Antonio, i suoi sforzi di oggi sono interamente concentrati sull’albero di luce, l’albero più alto al mondo che verrà installato a Milano in via Beltrami l’11 di Dicembre, di cosa si tratta esattamente?

Si, è molto faticoso per un artista doversi interfacciare con assessorati, municipalità, sponsors e via dicendo. La realizzazione dell’albero di luce è un operazione complessa, dare forma alle cose è molto complesso. L’albero di luce è la più grande installazione artistica mai realizzata, un sistema meccanico rotante alto 32 metri che sfrutta la tecnologia di ventimila led e dei piani rotanti che verranno azionati a 50 giri al minuto per sviluppare un cono di luce che riprodurrà le sembianze di un albero… Stefania Morica, che ha prodotto l’Albero, ed io, abbiamo deciso di installarlo nell’anno in cui si celebra il centenario del futurismo per rendere omaggio a questa grande corrente artistica. 

Barrese si alza sparisce dietro una porta a vetri e ritorna con un foglio in formato A1 dove ci sono le sezioni meccaniche dell’opera. Cilindri rotanti, bracci meccanici , motori, led , bulloni…

Mi viene naturale chiederle come mai un artista sia arrivato ad interessarsi alla meccanica, alla cinetica e alla tecnologia led, invece di servirsi dei materiali “tipici” dell’arte….

E cosa faccio? Mi metto a dipingere con i pennelli a olio?

Non saprei, me lo dica lei..

Aveva ragione Arthur McLuhan quando affermava che è il media ciò che conta, che la comunicazione in sé nasce dal media con cui viene realizzata.  Non c’è dubbio che l’unica cosa che conta al mondo sia la forma. Senza di essa che senso c’è? Lo diceva anche Michelangelo, la scultura è già dentro il marmo, l’artista deve “solo” tirarla fuori.

L’albero di luce fa questo, la luce e la cinetica sono i suoi mezzi, esso comunica attraverso la combinazione di questi media. C’ è un assoluta coerenza tra la materia e il messaggio.

… Sulla parete dietro Antonio c’è appeso un quadro piuttosto grande dal quale non riesco a distogliere lo sguardo…  la tonalità è piuttosto uniforme, ed è una natura morta, composizione di lettere solide, alcune in piedi, alcune crollate sulla superficie obliqua lungo la quale è stesa una mano di uomo dal cui polso lacerato escono delle vene tubolari. Nella parte in basso a sinistra i simboli della falce e il martello, stesi orizzontalmente sul piano, fuoriescono da esso come corpi a sè stanti…

Nel quadro alle sue spalle non c’è niente di tutto questo: la tecnica è più tradizionale e quell’unitarietà tra media e messaggio si sente meno…

Queste opere le ho fatte poco dopo aver avuto un ictus, al rientro a casa dopo la degenza avevo un campo visivo ristretto; ero in grado di vedere solo un quadrato di fronte a me e non ero in grado di fare nient’altro che composizioni che avessero una coerenza con il mio campo visivo. L’insieme è venuto poi … come conseguenza di unioni di campi visivi seriali. Questa è l’unica ragione per cui li ho fatti in questo modo, era l’unica cosa che potessi fare.

La sua storia di artista nasce qui a Milano, negli anni 60, con la città lei ha sviluppato un suo particolarissimo rapporto, l’albero di luce verrà installato qui…mi parli di questa Milano.

Milano è stata la città italiana dove è nata l’arte programmatica e cinetica negli anni 50 e 60. Milano è la città dei Munari, del futurismo, era la città dove si stava realizzando il sogno di progettare il sistema industriale intanto che si progettava il pezzo. Milano era il luogo dove l’arte creava, dove la forza creatrice era  considerata una forza salvifica e non era smaccatamente sfruttata per fini commerciali. Negli anni in cui si dava forma alle cose, la tecnica era utilizzata come generatrice di cultura, veicolo di una possibile rivoluzione positiva.

Poi cos’è accaduto?

Due sono i fattori che hanno ucciso  questo progetto: il colonialismo culturale americano che ha appiattito tutto, ha commercializzato tutto e ha generato un sistema di disunità tra progetto e realizzazione, tra arte e comunicazione, che ha portato alla metastasi, misurata in PIL . E in seconda battuta il velleitarismo al potere del ’68. Facciamo la rivoluzione, si è detto, d’accordo, tabula rasa, rinneghiamo il passato, le disuguaglianze, “siamo tutti uguali”… e poi?

E poi?

E poi si è uccisa la borghesia socialista illuminata che stava progettando il sistema industriale, in particolare qui a Milano. Guarda che non sto inventando niente di nuovo, sto solo dicendo le cose che si dicevano negli anni 60, solo che nessuno se ne è accorto

(Ride..)

L’albero di luce è un progetto artistico di grande portata comunicativa, l’installazione più grande al mondo, quasi un evento di “street marketing”,  qui a Milano.

Si, se vuoi, è un operazione di comunicazione, lo studio delle luci e della cinetica che ne sono l’essenza sono anche l’essenza del messaggio che esso vuole esprimere. In un certo senso l’albero dice quello che è, ed essendo il media stesso il veicolo e il risultato dell’opera realizza quel progetto di unitarietà tra mezzo e messaggio che la parola greca Techné esprimeva così bene. Le cose esistono perché comunicano.  

Si alza, si dirige verso la finestra in fondo la stanza, aziona la tapparella elettrica che risponde abbassandosi lentamente. Si china verso una base circolare di metallo nella quale sono installati dei bacchetti metallici sottili infilati nella base in verticale, che fanno assomigliare l’opera ad una spazzola vecchia. Da dietro la base estrae un cavo elettrico che collega alla presa … Si volta, spegne la luce  e con un movimento dolce passa la mano attraverso i bacchetti che sollecitati dondolano, urtandosi l’un l’altro, e producono scintille fosforescenti, come piccoli scoppi di vita…La materia d’un tratto ha una vita propria, comunica.

Mi dice “vedi? È questo!” ….

Non c’è dubbio che Antonio Barrese comunichi vivendo e forse solo ora rintanato a casa con i miei pensieri , percepisco quell’unitarietà tra le opere che ho visto nel suo studio e che allora mi parevano disomogenee. L’unità risiede nella retorica del messaggio, nella capacità di ridare unità al progetto artistico, perché siano la materia e la tecnica a  generare concetti e in senso più ampio, cultura.