A rischio il porto umanitario a Gaza, l’odio antiamericano acceca gli ayatollah

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A rischio il porto umanitario a Gaza, l’odio antiamericano acceca gli ayatollah

A rischio il porto umanitario a Gaza, l’odio antiamericano acceca gli ayatollah

07 Aprile 2024

Durante la Giornata di al Quds, istituita nel 1979 dall’ayatollah Khomeini per chiedere la liberazione della Palestina e la distruzione di Israele, in Iran abbiamo ascoltato i soliti inni funebri come “morte all’America” e “morte a Israele”. A Teheran migliaia di persone hanno partecipato ai funerali dei Guardiani della rivoluzione uccisi nel raid contro il consolato iraniano a Damasco del primo aprile che Teheran attribuisce allo Stato ebraico. CBS fa sapere, citando fonti di intelligence, che la ritorsione iraniana avverrà “probabilmente entro la fine del Ramadan la prossima settimana”, con droni e missili da crociera. La conferma arriva indirettamente dal leader degli Hezbollah libanesi, l’immarcescibile Nasrallah: l’attacco a Damasco è stato “una svolta nella guerra in corso” e non resterà impunito.

Secondo Haaretz, Israele è in allerta da giorni per una possibile ritorsione iraniana e ha chiuso per precauzione circa 30 ambasciate nel timore di attentati. Sei mesi dal pogrom del 7 ottobre condotto dai terroristi di Hamas, Israele teme un altro attacco simile? La guerra nella regione “è entrata in una nuova fase”, ha avvertito ancora Nasrallah, annunciando di non voler interrompere le ostilità al confine sud del Libano contro Israele “per sostenere la resistenza a Gaza”. Non è chiaro però se davvero l’Iran arriverà a uno scontro diretto con Israele o se userà Hezbollah o gli Houthi yemeniti nel Mar Rosso per il lavoro sporco.

Dall’Iran arriva una sequela di dichiarazioni contro Israele: “Non c’è modo di salvare i sionisti, non possono scegliere tra morte e vita, la loro opzione è la resa”, ha detto il comandante dei Pasdaran, il generale Hossein Salami. “Siamo certi che questo sentimento che viene dal cuore porterà alla distruzione del regime sionista”, ha aggiunto il presidente iraniano Raisi. “I crimini del regime sionista vanno avanti da 75 anni e, se Dio vuole, ci sarà una vittoria finale da parte del popolo palestinese e dei musulmani”. La Guida Suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha assicurato che Israele pagherà per la morte dei militari: “Il regime malvagio sarà punito dai nostri uomini coraggiosi. Li faremo pentire di questo crimine e di altri simili, con l’aiuto di Dio”.

Il vice capo dell’ufficio della Presidenza iraniana, Jamshidi, invece se l’è presa con gli americani su X: “La Repubblica islamica dell’Iran avverte la leadership americana di non lasciarsi trascinare nella trappola tesa da Netanyahu per gli Stati Uniti: state lontani, così non vi farete male. In risposta gli Stati Uniti hanno chiesto all’Iran di non prendere di mira le strutture americane”. L’attacco a Damasco è stato il peggior colpo inferto alle Guardie della rivoluzione iraniana dopo la eliminazione di Qassem Soleimani, l’altro generale iraniano ucciso dagli Stati Uniti di Trump nel 2020 in un bombardamento in Iraq.

La tensione dunque resta molto alta, il timore è che possa esserci una nuova escalation in Medio Oriente. Sul fronte palestinese, Hamas non rilascia gli Israeliani presi in ostaggio il 7 ottobre e questo allontana un cessate il fuoco a Gaza, nonostante la difficilissima situazione umanitaria. Anche la soluzione dei due stati sembra sempre più improbabile.

Paradossalmente le dichiarazioni del regime iraniano complicano anche il piano americano per costruire un porto galleggiante a Gaza utile alla consegna di aiuti umanitari. Le minacce dell’Iran accrescono i rischi per i militari statunitensi. “Quattro navi dell’esercito – spiega il Washington Post – dovrebbero arrivare nel Mediterraneo orientale entro pochi giorni. Ma l’evoluzione delle condizioni nel corso della guerra ha gettato nuove incertezze su come si svilupperà questo progetto”.

Insomma, per gli ayatollah non sembra un problema mettersi di traverso rispetto alla operazione umanitaria Usa. Funzionari statunitensi hanno negato che Washington sia coinvolta nel raid al consolato iraniano a Damasco ma Teheran sostiene che, in quanto principale sostenitore di Israele, gli Stati Uniti devono essere ritenuti responsabili. Un colpo di testa dell’Iran incendierebbe definitivamente la regione.

Intanto, nella Repubblica Islamica la repressione continua. Amnesty International nei giorni scorsi ha chiesto una forte azione internazionale per interrompere l'”orribile impennata di esecuzioni che ha trasformato le prigioni dell’Iran in centri di uccisioni di massa”. Secondo Amnesty, nel 2023, in Iran sono stati messi a morte 853 prigionieri, 481 per reati di droga. La ribellione “Donna Vita Libertà” ha inasprito la repressione delle autorità. Il numero delle esecuzioni registrato nel 2023 è il più alto dal 2015, con un aumento del 48 per cento rispetto al 2022 e del 172 per cento rispetto al 2021. Da gennaio a marzo 2024, altre 95 condanne a morte.

Secondo Amnesty, il numero delle esecuzioni potrebbe essere complessivamente maggiore. Sei uomini sono stati messi a morte in relazione alla rivolta del 2022 e uno per le proteste del novembre del 2019. Nel 2023 sono stati condannati a morte utenti dei social e oppositori del regime accusati di apostasia, offese al Profeta, “guerra contro Dio” e/o “corruzione sulla Terra”, alcuni degli improbabili reati, ma non in uno stato teocratico.

I Tribunali rivoluzionari, influenzati dalle strutture della forza iraniane, hanno emesso il 60% delle condanne a morte eseguite nel 2023. Secondo Amnesty questo pezzo del sistema giudiziario iraniano usa “confessioni” forzate estorte con la tortura ed emette condanne al termine di procedimenti irregolari. Almeno altri sette prigionieri rischiano un’imminente esecuzione per gli stessi motivi. L’aumento delle esecuzioni ha spinto i prigionieri nel braccio della morte ad avviare scioperi della fame e a chiedere pubblicamente di intervenire per scongiurare la loro esecuzione.

Nel maggio 2023, alcuni giorni prima della loro esecuzione, manifestanti come Majid Kazemi, Saleh Mirhashemi e Saeed Yaghoubi hanno chiesto aiuto: “Per favore, non lasciate che ci uccidano”. Il 28 gennaio 2024 un altro gruppo di condannati a morte ha diffuso una lettera aperta annunciando lo sciopero della fame e chiedendo sostegno per salvare le loro vite.

Aumentano anche le condanne a morte di minorenni, sulla base della discrezionalità del giudice nel condannare i rei sulla base della “valutazione della loro maturità”. Amnesty International chiede di modificare l’articolo 91 del codice penale islamico per abolire la pena di morte per i crimini commessi dai minorenni in qualunque circostanza. Le autorità iraniane rifiutano di rendere pubblici i dati sulle condanne a morte e sulle esecuzioni. Per stabilire il numero delle condanne eseguite nel 2023,

Amnesty International ha collaborato strettamente col Centro Abdorrahman Boroumand e ha analizzato informazioni da fonti aperte, come organi di stampa statali e indipendenti e organizzazioni per i diritti umani. Ha anche esaminato i dati raccolti da Iran Human Rights e dal Kurdistan Human Rights Network.

Repressione interna e destabilizzazione esterna, l’Iran degli ayatollah non cambia mai. Nella giornata di sabato, la polizia iraniana ha fatto sapere di aver arrestato tre membri del gruppo terroristico Stato Islamico (Isis), tra cui un dirigente, mentre pianificavano un attacco suicida per il giorno dell’Eid Al-Fitr, la festa di fine digiuno del Ramadan.