A Roma Sarkozy lancia la nuova Europa

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

A Roma Sarkozy lancia la nuova Europa

21 Dicembre 2007

Inseguito dalla stampa
scandalistica, desiderosa di conoscere la nuova pagina del feuilleton su
Carla Bruni, e assediato da quella economica sul caso Alitalia-Air France, come
oramai accade costantemente dalla sua elezione all’Eliseo, Nicolas Sarkozy ha
evitato il barnum mediatico da lui creato ad arte e ha posto sul tavolo un
altro tema fondamentale per il futuro dell’Europa e dell’Occidente: lo spazio
che la dimensione religiosa deve occupare all’interno delle dinamiche
politico-sociali delle nostre democrazie liberali.

L’incontro con Benedetto XVI, ma soprattutto lo storico
discorso pronunciato a San Giovanni in Laterano, sono destinati ad entrare
nella storia per i concetti espressi e per la particolare congiuntura mondiale
nella quale sono stati pronunciati. In questo ambito, quella di Sarkozy è una rupture
solo apparente. Per chi frequenta gli scritti e le riflessioni dell’attuale
inquilino dell’Eliseo, e soprattutto per chi ha avuto il piacere di leggere il
suo testo del 2004 (La Repubblica, le Religioni, La speranza), sa che
Sarkozy a San Giovanni in Laterano ha espresso alcune convinzioni radicate e
frutto di profonde riflessioni, che hanno davvero poco di opportunistico.

Il primo punto affrontato riguarda la Francia e il suo
caratterizzarsi secondo una doppia identità: cristiana («Le radici della
Francia sono essenzialmente cristiane») e laica («laicità come condizione della
pace civile»). Fino a qua verrebbe da dire nulla di particolarmente nuovo.
Sarkozy ha però aggiunto, già su questo argomento, un surplus di riflessione:
la laicità delle origini, quella della Legge di Separazione del 1905 (spesso
citata in Italia, ma della cui evoluzione pochi conoscono il vero significato)
è stata troppo spesso sinonimo di espulsione del religioso dallo spazio del politico
e discriminazione dei cristiani fino a lasciarli in un vero e proprio stato di
minorità politico-sociale, per lo meno fino al post seconda guerra mondiale
quando, anche grazie al loro imponente sforzo resistenziale, sono stati
finalmente e completamente accolti all’interno dello spazio della République.
A tal proposito, e solo per inciso, basti pensare al vero e proprio odio
giacobino nei confronti dei corpi intermedi, «malattia transalpina» che nel
corso del suo sviluppo democratico si è manifestata contro la società civile
nel suo complesso, si trattasse di sindacati o di congregazioni religiose.

Ma è proprio l’avversione transalpina per i corpi intermedi
che permette a Sarkozy di procedere nella sua riflessione e allargare lo
sguardo all’intera Europa, citando non a caso l’allora Cardinale Ratzinger e la
sua «Europa nella crisi delle culture». «È interesse di ogni sviluppo
democratico moderno che esista una morale laica, ma è altrettanto necessario
che accanto a questa conviva una morale religiosa». Ecco il punto veramente
rivoluzionario dell’intervento di Sarkozy: serve una «laicità positiva, che pur
vegliando alla libertà di pensare, a quella di credere o non credere, non
consideri le religioni un pericolo, ma piuttosto un punto a favore». Tutto ciò
deve naturalmente valere per la Repubblica francese, ma finisce necessariamente
per assurgere a vero e proprio valore europeo.

La laicità della quale ha parlato Nicolas Sarkozy in San
Giovanni in Laterano è allora un antidoto allo scontro tra civiltà e soprattutto
tra religioni, ma è soprattutto un antidoto all’espulsione del religioso dallo
spazio del politico. La «laicità positiva», figlia di quella «laicité apaisée»
del quale Giovanni Paolo II aveva parlato nella lettera inviata all’episcopato
francese nel 2005 in occasione del centenario della Legge di Separazione, rende
la religione, pur rispettosa degli spazi che il modello liberal-democratico le
concede, un perno centrale nella costruzione del nuovo Occidente europeo.

Parlare di «laicità positiva» significa dunque ribadire un
concetto cardine più volte affrontato dal pontefice Benedetto XVI: la libertà
di religione non può essere liquidata alla stregua del concetto di libertà di
culto e la fede non può essere catalogata come esclusivo affare privato. Con il
discorso in San Giovanni in Laterano Sarkozy ha sottolineato l’importante
contributo alla vita politica e sociale che il sentimento religioso può
offrire.

Questa linea sottile ma salda che lega la riflessione del
Presidente francese e la sensibilità del Pontefice ha trovato un altro punto di
contatto nella necessità di riscoprire il Mediterraneo come luogo di fecondo
incontro tra le tre grandi tradizioni religiose monoteiste e di conseguenza
come strumento per scongiurare il tragico ed altrimenti inevitabile scontro di
civiltà

«L’Europa ha troppo spesso girato le spalle al
Mediterraneo», così Sarkozy nelle battute conclusive del suo intervento di San
Giovanni in Laterano. Anche in questo caso, la successiva cena di lavoro con
Prodi e Zapatero e il lancio di un grande summit Mediterraneo del 13 luglio
2008, in piena Presidenza francese dell’Ue e un giorno prima del Consiglio
europeo di Parigi, sono il frutto di una riflessione approfondita e di lungo
periodo. Nicolas Sarkozy ha parlato infatti per la prima volta di Unione
mediterranea nel corso della campagna elettorale, precisamente a Tolone, nel
febbraio 2007 e ha ribadito la proposta non appena eletto, nel discorso della
sera del 6 maggio 2007.

Alla base del progetto, per il momento non ancora troppo
chiaro nei suoi dettagli, oltre alla presa d’atto del totale fallimento del
Processo di Barcellona avviato nel 1995 e al già citato significato
profondamente ideale, vi sono tre obiettivi strategici di medio-lungo periodo. Innanzitutto
la presa di coscienza della necessità che l’Europa si doti di una sua politica
medio-orientale seria e coerente, impossibile da attuare senza rapporti
istituzionalizzati con i principali Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
In secondo luogo, e strettamente legata a questa, la necessità che la Ue sia in
grado di proporre un’efficace politica per l’immigrazione. Anche da questo
punto di vista le differenti percezioni del fenomeno immigrazione tra i Paesi
dell’Europa meridionale e quelli del nord Europa impongono uno sforzo
aggiuntivo da parte di chi si trova a dover affrontare costantemente questa
complessa sfida-opportunità (per altro l’idea di Europa mediterranea si unisce
strettamente al concetto di «immigrazione scelta» che Sarkozy sta portando
avanti a livello di politica interna). Il terzo obiettivo fondamentale è quello
di contrastare, o meglio sarebbe dire bilanciare, lo spostamento dell’asse
strategico dell’Ue, che dopo gli allargamenti del 2004 si muove verso est. Da
questo punto di vista è inevitabile che tra Parigi e Berlino finisca per
innescarsi, almeno inizialmente, una logica competitiva e da qui l’opposizione
tedesca alla proposta francese. Sul medio-lungo termine non è escluso che il
«direttorio a tre» dell’Europa si strutturi anche secondo tre distinte sfere di
influenza. A Londra la «delega» sui rapporti euro-atlantici, a Berlino quella
sui Paesi dell’Est e sulla Russia e alla Francia la «delega» mediterranea.

Le evoluzioni future, e soprattutto il semestre di
Presidenza francese dell’Ue, non a caso l’ultimo prima della fine del
meccanismo di rotazione, potranno dirci qualcosa di più sul progetto di Unione
Mediterranea e sui nuovi equilibri interni all’Ue. Al momento, ciò che resta
del viaggio romano di Sarkozy, è ancora una volta, dopo le tappe americane e
quelle nell’est europeo, lo sforzo continuo nel tentativo di ri-edificare i
contorni di un nuovo Occidente europeo proprio a partire dalle sue radici più
profonde, in questo caso quelle religiose e quelle mediterranee.