A Torino ci sono più manifestazioni di folklore che di protesta
27 Ottobre 2008
Se vi raccontassero di studenti Erasmus spagnoli che celebrano il rito serale della “butella” (cioè portarsi da casa vino, birra o superalcolici, o comprarli al supermercato); se vi parlassero di gruppi di una trentina di ciclisti che vanno in giro per le strade fischiando e cantando, giovani e anziani tutti insieme; se vi trovaste di fronte ragazzi di quindici o sedici anni che urlano allegri, facendo cori da stadio e godendosi un giorno di vacanza; se incontraste degli spensierati trentacinquenni coi rasta che cuociono vari piatti, con sottofondo musicale piuttosto intenso, come in un bel pic-nic; se poteste vedere tutto questo, e molto altro, dove pensereste di essere?
In questi giorni abbiamo provato a seguire la quotidianità di uno studente di giurisprudenza. Lezioni al mattino e al pomeriggio, località Torino, Palazzo Nuovo. L’arrivo alle 8 è totalmente indolore: la solita marea di studenti, “colleghi”, che con l’aria assonnata e di non ottimo umore entrano nel grigissimo edificio. Si notano qua e là striscioni e minacciose frasi che evocano futuri catastrofici, in cui gli studenti saranno costretti ad indossare un giogo e trascinarsi dietro pesanti ingranaggi. Niente più professori, niente più insegnamenti. Ed una parola ricorrente in tutte le scritte, come una nenia magica di qualche rito antico: Gelmini.
Purtroppo lo studente, mentre sta andando in aula, incontra le stesse scritte oltre che sui fogli anche sui muri. Ma niente paura: i professori ci sono, nonostante la moquette di volantini a terra, e la noiosissima lezione ha inizio.
Tutto procede secondo la routine ordinaria, finché verso le undici si cominciano a sentire urla e slogan e si comincia a far fatica a capire di cosa stia parlando il professore. Si può ammettere che l’interesse non sia alle stelle e che, essendo probabilmente seduti sulle scale dell’aula, fattori di distrazione se ne possano trovare molti, ma il rumore è proprio insostenibile. Se la finestra desse sull’ingresso si vedrebbero i ragazzini del liceo statale che è proprio di fronte all’Ateneo gridare indignati per il dramma che stanno per vivere: sempre la stessa cosa, sempre la riforma Gelmini.
Arriva l’0ra di pranzo e la lezione finisce. Il nostro studente ora trova l’atrio invaso di personaggi non tanto numerosi quanto invadenti: facce già viste, ma mai in classe. Sono infatti i vicini del centro sociale di corso San Maurizio, che vengono a pranzare proprio lì, con tamburi e – per l’occasione – camici bianchi di carta. Non sono del tutto indolenti, sono loro i portatori sani (?) dei numerosi volantini, e probabilmente sono gli stessi che abbelliscono le pareti con il loro estro artistico. Peccato non siano studenti di giurisprudenza. Peccato che non siano studenti del tutto.
Uscendo, il nostro studente, si permette di chiedere con aria indifferente ad un ragazzino: “ma tu, il testo del disegno di legge, l’hai letto?”. Cerca di non mettere alcuna malizia nella domanda, ed anzi ostenta la più grande complicità, con l’apprensione di chi passa le sue giornate a studiare disegni di legge. La risposta è abbastanza scontata. “Certo, mi sono informato ed ho letto tutto il materiale che mi hanno dato i miei rappresentanti di classe.” Il dialogo continua: “Potrei vedere anch’io?” La complicità si è instaurata, forse il nostro sprovveduto studente sta per unirsi alla manifestazione e dare un contributo, facendo sì che in mezzo a quella trentina di persone ci sia anche un vero universitario.
Purtroppo però nei fogli si leggono cose strane, ed il nostro sprovveduto studente in realtà il disegno di legge se l’è già comodamente scaricato da casa sul computer, dopo aver ricercato con google il sito del ministero retto dalla fantomatica Gelmini. Non che voglia entrare nel merito della questione, ma ciò che legge non ha alcuna attinenza con il testo che ha visto. Proprio nulla. Ci sono solo invettive varie, propaganda esplicita e completamente scollegata alla realtà su quei “tagli”, che da nessuna parte prevedono licenziamenti e da nessuna parte prevedono classi di ottanta studenti disperatamente lasciati nelle mani di un solo, povero, incompetente maestro unico che, poverino, non ha neanche la competenza per insegnare l’italiano.
Il nostro studente sente un suo amico, rappresentante degli studenti ad Economia. Da lui non capita nulla di nulla, se non un’incursione di studenti di filosofia e del Politecnico che, con scarsissimo seguito, sono entrati senza autorizzazione in un’aula di una sede distaccata ed hanno professato il loro verbo. Dopo qualche istante risulta palese quanto poche persone possano atteggiarsi a folla e quanto possano far rumore. E’ il caso di allontanarsi dall’Università, sotto l’occhio annoiato di numerosi poliziotti costretti a passare lì la loro giornata, ad un paio di isolati da dove si dovrebbe avere il diritto a studiare.
Anche fuori, bancarelle, gli amici spagnoli che bevono birra e vengono compresi nei numeri dell’incessante manifestazione, e i soliti ciclisti che rappresentano un po’ tutte le fasce d’età tranne quella degli universitari. Con il fracasso che c’è, dalla tarda mattinata in poi, le lezioni sono quasi impossibili da seguire, tanto vale andarsene a casa e leggere una notizia divertente.
Stesso Ateneo: Augusta Montaruli, esponente di Azione Giovani, riesce ad uscire su qualche giornale per la sua idea di mettere all’asta su Ebay l’ermellino del Magnifico Rettore. Messaggio: “noi siamo pro-Gelmini e contro gli sprechi.” Che i professori abbiano tutte le intenzioni di difendere i loro interessi è precipuo, però lei porta avanti quest’asta e, quando fra pochi giorni avrà termine, si presenterà dal Magnifico Rettore con i soldi per chiedergli se voglia rendersi disponibile ad incrementare i fondi per la ricerca.
Il nostro studente guarda i due contendenti che cercano di giocarsi l’opinione pubblica. Oggi ha fatto un po’ di vacanza anche lui, ma di sicuro preferisce le tipologie di manifestazione e libertà di sciopero che non puzzano di urina e hanno almeno una venatura di creatività. Se qualcuno glielo dovesse chiedere saprebbe senza problemi a chi dare il premio “miglior manifestante”.