Abbiamo appoggiato il governo Monti ma se non cambia registro…
28 Dicembre 2011
Caro Direttore,
i lettori di Libero, così come i nostri elettori che incontriamo di persona e su Facebook, ci chiedono con insistenza: perché avete preferito i tecnici al voto? Perché avete approvato questa manovra e continuate a sostenere il governo Monti? Domande non peregrine, ancor più alla luce del bollettino di guerra dello spread. Ancora ieri il differenziale tra titoli italiani e tedeschi ha sfondato quota 500. Oggi sappiamo definitivamente che la crisi non dipendeva da Berlusconi e dal suo governo.
Rispondo con altre domande: cosa sarebbe accaduto se non si fosse fatto un passo di lato, a fronte di una speculazione internazionale che minacciava di farci finire in default? Cosa sarebbe accaduto se avessimo portato l’Italia in campagna elettorale o avessimo resistito al governo? Saremmo diventati il capro espiatorio della sinistra e degli editorialisti di mezzo mondo. E alla Francia e alla Germania non sarebbe parso vero di scaricare sull’Italia le colpe della debolezza strutturale dell’Europa.
Immagino l’ulteriore contestazione: ma voi in tre anni non vi siete accorti di niente? Rispondo: si è accorto qualcuno che il nostro enorme debito pubblico si è formato negli anni del consociativismo, quando i partiti governavano tutti insieme in deficit e gli italiani lasciavano fare perché i Bot assicuravano loro uno stipendio supplementare? Noi abbiamo ereditato una situazione politico-economica irrazionale: un misto di sviluppo e arretratezza istituzionale. E abbiamo invertito il trend deficit-pil, creato un avanzo primario, salvaguardato il risparmio privato, preservato la pace sociale, contenuto la disoccupazione. Si può anche non ringraziarci, ma le critiche dovrebbero essere indirizzate a chi ha creato la voragine e non a chi ha provato ad arginarla fino a quando la crisi mondiale e la speculazione lo hanno consentito.
Torniamo così alla domanda originaria: perché il PdL sostiene il governo Monti? Perché di fronte alla prospettiva del default una forza nazionale ha il dovere di un’apertura di credito nei confronti di colui al quale, dentro e fuori i nostri confini, vengono attribuiti contatti in grado di portare l’Italia fuori dal tunnel. Nessuno ha la bacchetta magica ed è serio avere pazienza. Ma è altrettanto evidente che l’apertura di credito non può essere illimitata. Il governo è nato con il compito di stabilizzare la situazione. Di fronte all’emergenza ha avuto a disposizione un colpo. L’ha sparato, garantendosi con la fiducia il nostro voto a una manovra dura ma potenzialmente recessiva, più tasse che tagli. Tuttavia la corsa dello spread non si è fermata.
Per questo, prima di parlare di “fase due”, il governo dovrà aggiustare il tiro per stabilizzare i conti. Con l’avvertenza che se su crescita, liberalizzazioni e mercato del lavoro non vi saranno correzioni di linea, dovremo comportarci di conseguenza. Perché il sostegno all’esecutivo è un atto di responsabilità ma non un dogma di fede, e un governo “di missione” deve essere appoggiato solo finché si ritiene che la missione possa riuscire.
Nel frattempo, però, se non vuole perire di rassegnazione, la politica deve modernizzare le istituzioni. Mai come oggi la democrazia italiana era stata così in crisi per la mancanza di strumenti idonei a fronteggiare le turbolenze esterne. Questa, in fondo, è la vera differenza con la Spagna. Lì dopo Zapatero si è potuto sperare nell’alternanza. Da noi dopo Monti non possiamo proporre e tantomeno augurarci un nuovo tecnico. Il tempo stringe. Se la politica non lo comprenderà sarà la sua condanna. Solo allora i nostri critici avranno avuto ragione.
(tratto da Libero)