“Abbiamo iniziato cambiando noi stessi, dovremo concludere il cammino cambiando l’Italia”
08 Agosto 2014
L’intervento del Senatore Gaetano Quagliariello, coordinatore nazionale di Ncd, in aula al Senato in dichiarazione di voto sulle Riforme costituzionali a nome del Nuovo Centrodestra.
Signor Presidente, colleghi senatori, signor ministro, signori del governo,
vorrei innanzi tutto ringraziare il ministro Boschi e i relatori, i colleghi Finocchiaro e Calderoli, per aver consentito che questa riforma, che pur marca una loro impronta, si giovasse del lavoro del Parlamento e si ricongiungesse a un percorso che parte da più lontano. Un percorso che muove dall’inizio di questa legislatura, dal gruppo di lavoro istituito dal presidente Napolitano, poi sviluppatosi con il governo Letta nell’approfondimento della Commissione per le Riforme, e giunto oggi a un suo coronamento in sostanziale continuità.
E ancora, consentitemi di ringraziare i senatori del Nuovo Centrodestra. Perché portare avanti le proprie convinzioni è faticoso, ma è ancor più difficile accettare di sottoporle alla silenziosa e paziente mediazione in nome di un interesse superiore: il raggiungimento di un risultato che l’Italia aspetta da troppo tempo. E perché se oggi posiamo la prima pietra del terzo tempo della Repubblica lo si deve a quei senatori e a quei deputati che poco meno di un anno fa con un atto insieme doloroso e coraggioso salvarono la legislatura e con essa le riforme.
Oggi, dopo un percorso parlamentare che ci ha visto in prima linea con serietà e senza clamore, possiamo rivendicare un determinante contributo al miglioramento di questa riforma. Sono tanti i passi avanti compiuti dal testo:
– è stata ridimensionata l’originaria e abnorme presenza dei sindaci, contro i quali non abbiamo nulla ma che a differenza dei consiglieri regionali non legiferano;
– è stato drasticamente abbattuto, da 21 a 5, il numero dei nominati dal presidente della Repubblica;
– è stato impedito che un Senato svincolato dal rapporto di fiducia con il governo potesse porre condizioni determinanti sulle leggi di bilancio;
– allo stesso tempo è stata data al Senato grande dignità, attribuendogli competenze non solo sulle autonomie ma anche sul raccordo con l’Unione europea e rafforzando notevolmente le sue funzioni di controllo;
– è stata garantita una base di legittimazione omogenea per i componenti del Senato;
– è stato impedito che si cedesse al moralismo e al politicamente corretto esponendo un’assemblea che comunque cambia la Costituzione ed elegge il Capo dello Stato alla possibile alterazione del suo plenum per via di provvedimenti restrittivi della libertà personale non soggetti all’articolo 68.
E ancora, sul Titolo V:
– è stata meglio definita la ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni, recuperando al primo materie di preminente interesse nazionale come l’ambiente;
– è stato previsto il commissariamento di Comuni e Regioni in dissesto finanziario;
– è stato finalmente inserito in Costituzione il principio dei costi e fabbisogni standard.
Infine – e anche di questo il Nuovo Centrodestra va particolarmente fiero -, ci si è impegnati affinché, qualsiasi saranno i numeri in Parlamento a sostegno della riforma, i cittadini avranno l’ultima parola attraverso il referendum confermativo.
Colleghi, l’atto che oggi ci accingiamo a compiere è un fatto storico e rende merito a questa assemblea, che dopo trent’anni mette fine a un paradosso ritenuto invalicabile: quello del riformatore che deve riformare se stesso.
Non era mai accaduto che un’istituzione riuscisse a riformare se stessa così in profondità. Ciò che stiamo facendo, infatti, non è degradare il Senato ma cambiare volto e sostanza al nostro bicameralismo. Il bicameralismo perfetto che abbiamo fin qui conosciuto rispondeva alle esigenze del tempo storico in cui fu introdotto. Alla vigilia della Guerra Fredda, l’Italia viveva una profonda incertezza sugli assetti futuri. Il freno di una camera di riflessione e di un tempo di sedimentazione era nell’interesse di tutti.
Il nuovo bicameralismo risponderà a una logica differente, alle esigenze del nostro tempo. Correggerà le storture dell’attuale Titolo V e renderà molto più snello e veloce il procedimento legislativo, perché nell’era dei mercati globali non possiamo più permetterci un tempo di approvazione delle leggi più che doppio rispetto alla media dei nostri concorrenti europei.
E’ evidente che un intervento di questo tipo, rispetto al complesso della nostra architettura istituzionale, è destinato a determinare squilibri su altri meccanismi dell’ingranaggio. Alcuni li abbiamo già constatati nel corso dei lavori parlamentari di queste settimane, allorquando ci siamo interrogati, non sempre con una soluzione a portata di mano, sull’elezione del presidente della Repubblica, sul grado di legittimazione democratica di un’assemblea delle autonomie chiamata comunque a metter mano alla Carta e ad eleggere organi costituzionali, su possibili contrappesi per far sì che dal sacrosanto principio di governabilità non si scivoli verso lo strapotere della maggioranza.
Nessuno nega questi problemi, anzi. Vi erano però due strade per affrontarli.
La prima consisteva nel ritenere che i correttivi ai possibili squilibri andassero ricercati attenuando e non esaltando la portata innovatrice della riforma del bicameralismo. Idea certamente legittima, ma a mio avviso non condivisibile perché ibridare il nuovo assetto con residui di quello vecchio, ad esempio sul versante del procedimento legislativo, avrebbe significato sottrarre al governo strumenti e non dargliene di nuovi nella lotta alla spesa e al debito pubblico, avanguardia obbligata se davvero vogliamo uscire dalla recessione.
Per parlar chiaro: nel momento in cui creiamo una camera delle autonomie non vincolata dal rapporto di fiducia con il governo, dobbiamo attribuirle il massimo in termini di funzioni di controllo e di competenze sui processi di devoluzione tanto verso l’Europa quanto verso gli enti locali; ma non è pensabile conferirle un ruolo determinante nelle decisioni politiche e soprattutto nelle scelte che investono il bilancio dello Stato. In caso contrario, avremmo messo i futuri governi nelle condizioni di dover trattare con il Senato allargando i cordoni della borsa, con le conseguenze che tutti possiamo immaginare.
L’altra filosofia in campo era quella di chi, come noi del Nuovo Centrodestra, ritiene che i correttivi per il riequilibrio del sistema vadano ricercati negli altri capitoli del nostro assetto istituzionale. Nell’essere dunque più riformisti, non meno riformisti.
Per questo riteniamo che quello di oggi sia solo il primo passo; che si debba andare avanti e affrontare senza paura la riforma della forma di governo; che si debba considerare il semipresidenzialismo come centro di gravità in grado di tenere in equilibrio il sistema, cosa che certamente non si può fare attraverso un emendamento.
E crediamo anche che del nuovo bicameralismo non si possa non tener conto nel momento in cui affronteremo il tema della legge elettorale.
Vedete, sull’Italicum noi non condurremo mai una battaglia corporativa o di interesse. Condurremo a viso aperto una battaglia di sistema, sulla quale auspichiamo la convergenza di tutte le forze interessate a costruire istituzioni che stiamo armonicamente in piedi, a cominciare dalle forze della maggioranza.
Perché a fronte di un Senato con elezione di secondo grado sarebbe intollerabile una Camera di nominati; perché in presenza di una sola Camera politica, una volta assicurata la governabilità sarebbe impensabile comprimere del tutto lo spazio della rappresentatività; perché è giusto che chi vota possa sapere chi vince e che chi vince possa governare, ma venuti meno i contrappesi del vecchio bicameralismo la vittoria deve fondarsi su numeri che le consentano di non entrare in conflitto con la legittimità.
Colleghi senatori, signori del governo, oggi si apre davanti a noi una scommessa di mille giorni, alla quale siamo chiamati a partecipare con attitudine costituente.
Abbiamo cominciato cambiando noi stessi, dovremo concludere il cammino cambiando l’Italia. Abbiamo davanti a noi una grande occasione e la consapevolezza che difficilmente ve ne sarà un’altra. Per questo, innanzi tutto per questo, il Nuovo Centrodestra dirà sì a questa riforma.