Abolire l’Ici è un’operazione simbolica e un po’ demagogica
20 Maggio 2008
La scelta di convocare a Napoli il prossimo Consiglio dei Ministri è apparentemente insensata. In realtà si tratta di una scelta di alto valore simbolico: far avvertire al popolo napoletano la vicinanza delle istituzioni nazionali in un momento in cui i pubblici poteri non riescono neanche a garantire un bene primario come la pulizia delle strade. E, nella vita delle istituzioni, i simboli non sono affatto ininfluenti. Sempre che ai simboli corrispondano anche i fatti (che il Governo riesca a portare a soluzione entro tempi brevi il dramma dei rifiuti campani).
Nel Consiglio dei Ministri sarà adottata una decisione anch’essa densa di elevati “significati simbolici”: l’abolizione completa e definitiva dell’ICI sulla prima casa. Significato simbolico nel senso che il Governo comunica, per la prima volta al Paese la propria intenzione di invertire la rotta del fiscalismo esasperato degli ultimi trent’anni che ha portato al pressione fiscale italiana ai massimi livelli in Europa. E lo fa abolendo forse la più odiata fra le imposte, quella che colpisce un bene, la casa d’abitazione, al quale il popolo italiano è molto legato (in Italia la percentuale di proprietari di casa è fra le più elevate al mondo).
Del resto l’ICI, come tutte le imposte patrimoniali, è un’imposta ingiusta. Tutte le imposte patrimoniali sono ingiuste, perché colpiscono beni acquistati mediante i risparmi accumulati negli anni, a loro volta già tassati al momento della percezione del reddito. Ingiuste poiché colpiscono solo coloro che hanno messo da parte una parte del proprio reddito e non anche coloro, che a parità di reddito, hanno preferito consumarlo tutto. Ingiuste perché disincentivano l’accumulazione del risparmio che svolge viceversa una funzione insostituibile nei processi di crescita economica.
Viene però da chiedersi se accanto a questo “valore simbolico” positivo non ve ne sia anche un altro che invece presenta uno spiccato sapore populista e demagogico. Non sono in primo luogo chiare le ragioni della limitazione alla sola prima casa dell’intervento sull’ICI. Le ragioni economiche e politiche contrarie all’imposizione patrimoniale riguardano indistintamente le prime come le seconde (terze, quarte … ) case. Anzi vi sono evidenti ragioni che rendono l’ICI sulle seconde case ancora più ingiusta di quella sulla prima casa. Attualmente ai fini dell’imposta sui redditi, mentre la prima casa è del tutto esente, le seconde case sono tassate ad aliquota marginale, applicata alla rendita catastale ovvero ai canoni di locazione, se il proprietario decide di darla in affitto. Con situazioni paradossali come nel caso di coloro che, proprietari di una casa, decidano di non abitarla ma, semmai per ragioni di lavoro, di prenderne un’altra in affitto o come nel caso del consistente beneficio fiscale per gli interessi sui mutui contratti per l’acquisto della medesima prima casa. Paradossi che sono una delle cause della cronica bassissima propensione alla mobilità territoriale degli italiani (una delle cause della scarsa produttività del Paese). Per affermare in modo coerente il principio dell’indifferenza fiscale della casa di abitazione, la completa detassazione della prima casa di proprietà dovrebbe essere accompagnata dalla piena deducibilità del canone di locazione della prima casa in affitto e dalla abolizione della detraibilità degli interessi passivi!
Vi è poi un’ultima considerazione. Oggi l’ICI rappresenta il più importante caso di (vero) federalismo fiscale a livello comunale, poiché i comuni possono manovrare l’aliquota (entro un certo intervallo), decidere le esenzioni e le agevolazioni. Ebbene, nel momento in cui stiamo cercando di far decollare il federalismo, che o è (anche) fiscale o non è, non possiamo non domandarci se sia coerente sopprimere l’ICI (che rappresenta circa il 22% delle entrate complessive dei comuni) sulle prime case.
Appare improbabile che il Governo scelga di non compensare i comuni per la perdita di gettito. Se tale compensazione avverrà introducendo nuove imposte locali il rischio è che l’ICI sulla prima casa rinasca sotto nuove spoglie. Del resto nei principali sistemi di federalismo fiscale, l’autonomia impositiva locale si basa proprio sulla tassazione degli immobili (beni legati al territorio per eccellenza). Se invece saranno previsti trasferimenti erariali compensativi per i comuni, saremmo di fronte non solo ad una mera partita di giro sul piano tributario ma anche ad un deciso passo indietro nella costruzione di un efficiente sistema di federalismo fiscale.
L’abolizione dell’ICI sulla prima casa sarebbe un fatto positivo (di elevato valore simbolico), in quanto rappresenta l’esatto adempimento di una promessa elettorale, ma appare priva di solide giustificazioni economiche. Se si vuole finalmente abolire un’odiosa imposta patrimoniale, occorre farlo per le prime come per le seconde case. Se si vuole ridurre la pressione fiscale occorre intervenire sull’imposizione sui redditi che ha raggiunto l’iperbolica aliquota marginale del 45%. Se si vuole alleggerire selettivamente il carico fiscale sulle famiglie, occorre partire dalla situazione dei nuclei familiari in affitto (soprattutto giovani coppie, precari, famiglie monoreddito) che sono i più penalizzati dal nostro sistema.
La dimensione simbolica è importante nella definizione di una strategia di Governo. Occorre però non farsi catturare del tutto dai simboli sino al punto di dimenticare la dura logica dei fatti!