Adesso sulle pensioni spunta pure la proposta Prodi

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Adesso sulle pensioni spunta pure la proposta Prodi

06 Luglio 2007

La palla sulle pensioni passa direttamente nelle mani di Prodi ma il Governo resta sotto scacco dell’ala più estrema della sua maggioranza. E il premier prende tempo.

Il presidente del Consiglio oggi ha assicurato “tempi veloci” mentre al termine del Consiglio dei ministri, il ministro Vannino Chiti prima ed Emma Bonino poi, hanno fatto sapere che il dossier passa nelle mani del Premier. ”Prodi si assume la responsabilità e l’iniziativa delle valutazioni sulle pensioni. Sarà lui, sulla base del confronto, a portare avanti la trattativa”, ha detto Chiti. E il ministro degli Affari europei, ha aggiunto: “Dopo un lungo lavoro istruttorio porterà prossimamente al Consiglio dei ministri una delibera più collegiale”.

Poi le rassicurazioni dello stesso Prodi: “Sta finendo questo lungo processo di confronto, chiarimento e approfondimento. Questa mattina ho detto in Consiglio dei ministri che ci stiamo avviando verso la conclusione e quindi, quando tutto sarà maturo, presenterò le nostre proposte”.

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E sempre oggi, a ribadire l’importanza di trovare un accordo in tempi brevi è stato anche il presidente del Senato, Franco Marini, che ha detto: “Mi aspetto un accordo sulle pensioni. Ho visto con simpatia che è stata raggiunta un’intesa sugli aumenti delle pensioni minime ma gli interessi dei giovani non devono essere trascurati  non vorrei che tutti assieme creassimo una situazione per la quale i giovani debbano pagare dei prezzi in futuro, quando andranno in pensione”.

Il clima, da ieri, si è a dir poco surriscaldato, con il presidente del Consiglio che prima annuncia via etere l’abolizione dello scalone – un atto “doveroso per il quale troveremo i soldi con i risparmi nella pubblica amministrazione”, ha detto –  e poi deve nascondere la faccia perché da Palazzo Chigi arriva una sorta di smentita. Parole semplici ma cariche di significato. Lo scalone sarà abolito, hanno fatto sapere poco dopo in una nota, ma attraverso “un percorso con norme più graduali ed eque, non ci saranno così passaggi bruschi”. Una sorta di retromarcia o perlomeno un palese tentativo di ridurre i danni. Del resto, le parole di Prodi ieri hanno scatenato una ridda di reazioni: Rutelli ha parlato di ipocrisia e spronato i giovani a protestare, il presidente della Camera Bertinotti in un’intervista ha ammesso a chiare lettere che sulle pensioni il rischio di crisi c’è eccome, mentre il presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama Lamberto Dini ha ribadito il suo no alla riforma. “Avevamo suggerito di rivedere i coefficienti previsti dalla legge del ’95 – ha detto il senatore diellino –  Abbiamo suggerito di innalzare in parallelo a questi scalini l’etá pensionabile delle donne. Ma questi sono sordi e non vogliono ascoltare. Se le cose stanno così annuncio in Senato il mio voto negativo».

Inutile dire che il timore di una bastonata in Senato fa tremare un po’ tutti. Basta guardare alle parole del ministro Pecoraro Scanio per capire lo stato d’allerta scattato nei meandri della maggioranza: “Da parte nostra non viene nessun rischio di far cadere il governo. Rischio che invece arriva dall’estremismo centristra e di destra. Noi abbiamo ingoiato il mancato ritiro dall’Afghanistan, Dini ingoi questo rospo”, vale a dire l’abolizione dello scalone”. D’altro canto, ha ribadito Pecoraro, “così è scritto nel programma”.

Insomma, la situazione rimane in alto mare, anche se ieri i sindacati hanno espresso soddisfazione per le dichiarazioni di Prodi. Una situazione che rischia ancora una volta di compromettere la credibilità dell’Italia agli occhi della Ue.  Lunedì si riuniscono infatti i ministri finanziari dell’Eurogruppo che dovranno valutare il Dpef e il risanamento dei conti pubblici e martedì sarà la volta dell’Ecofin. Una settimana cruciale quindi, che vedrà Prodi impegnato nello sforzo di avvicinare tutte le posizioni per ora abbastanza lontane.

Sul banco degli imputati, oltre allo scalone ci sono le pensioni minime, sulle quali si era consumato lo strappo tra Esecutivo e parti sociali. La proposta di spalmare le risorse su una platea di 3 milioni e 680mila anziani con incrementi tra i 12 e i 32 euro mensili era stata infatti giudicata “inadeguata” da Cgil, Cisl e Uil che vorrebbero aumenti non inferiori ai 40 euro. Nella tabella inviata oggi dai sindacati al ministro del lavoro, Cesare Damiano si prevede l’aumento medio per le pensioni basse di 28,92 euro ripartiti in una forchetta che prevede incrementi più sostanziosi per gli ex dipendenti con pensioni dirette (40,78 euro) e più contenuti per gli ex autonomi con pensioni ai superstiti (12,32 euro). Si sottolinea anche che gli aumenti devono essere concessi in ragione dei contributi versati, più alti quindi per quegli assegni che si basano su molti anni di contributi, più bassi per le pensioni con bassa contribuzione. I sindacati chiedono che si preveda un aumento di 2,5 euro mensili netti per ogni anno di contribuzione con un massimo di 20 anni (e quindi di 50 euro di aumento) per i lavoratori dipendenti. Per i lavoratori autonomi l’aumento, in ragione di una aliquota più bassa versata durante gli anni di lavoro dovra’ essere di 1,25 euro per ogni anno di contribuzione. La platea complessiva dovrebbe essere di 3.485.558 pensionati con pensioni fino a 655 euro.

C’è poi il cosiddetto scalone Maroni, che prevede l’innalzamento dell’età pensionabile da 57 a 60 anni (con 35 anni di contributi)  a partire dal 2008. A tal proposito, era arrivata la proposta del ministro del Lavoro Damiano: 58 anni per il pensionamento d’anzianità  più tre anni di incentivi per chi decide di rimanere al lavoro (e verifica, tra tre anni, della situazione). Ma da un po’ di tempo, a rendere meno tranquilli i sonni di Prodi (sotto ricatto della sinistra radicale) e di Tommaso Padoa Schioppa (che anche nel Dpef  ha dovuto ammorbidire la linea “rigorista” a causa delle continue critiche  e minacce di molti partiti della maggioranza) c’è anche la Margherita. Con il leader Rutelli che ieri non ha mandato a dire il suo pensiero rispetto alle esternazioni di Prodi sullo scalone: Andare in pensione a 57 anni, con l’età media che cresce è impensabile, ha detto il vicepremier. Insomma, per Dl e Ds meglio lo scalone che una riforma sbagliata.

La confusione regna sovrana, ma una cosa è certa: i soldi per abbattere lo scalone senza immaginare altre misure compensative non ci sono. Salvo attingere alla pubblica amministrazione, come ha detto ieri Prodi. Ma anche su questo la retromarcia  potrebbe essere dietro l’angolo