Afghanistan, i nostri parà sono nel bel mezzo dell’offensiva contro i Taliban

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Afghanistan, i nostri parà sono nel bel mezzo dell’offensiva contro i Taliban

11 Giugno 2009

Undici giugno: 3 militari italiani vengono feriti in uno scontro a fuoco con le forze talebane a Shewan, circa 20 km da Farah, capoluogo della provincia. I militari del 187° reggimento Folgore, supportati dai carri "Dardo" del 1° Reggimento Bersaglieri, vengono attaccati sulla strada 517, quella che porta a Bala Boluk, direzione nord-est, mentre effettuano un’operazione di controllo stradale. Rispondono al fuoco. Neutralizzano la minaccia. Infliggono agli insorti perdite "non quantificate". Ma che vengono definite "ingenti". Solo nella notte precedente, nella stessa zona, un convoglio era stato attaccato mentre rientrava da un’operazione, condotta congiuntamente alle forze di sicurezza afgane, di "rastrellamento". Tradotta dal "militarese" significa che un’intera area, precedentemente individuata dalle forze di intelligence presenti nell’area, era stata delimitata, circondata e poi "bonificata" dagli insorti presenti al suo interno.

Bala Morghab, 9 giugno: vengono colpiti due elicotteri A129 Mangusta italiani, intervenuti in soccorso alle forze di sicurezza afgane, impegnate in uno scontro a fuoco con le forze insorgenti per il controllo dell’area. Stesso copione: i Mangusta tenevano "impegnate" le forze insorgenti, mentre da terra si effettuava un’operazione "a tenaglia", circondando le forze insorgenti e neutralizzandole. I caduti tra gli insurgets sono circa 80. Almeno quelli accertati. E sono solo gli ultimi casi.

È ormai da qualche settimana, infatti, che ogni giorno, da quelle zone, si ha notizia di scontri a fuoco in cui vengono coinvolti i militari italiani. L’inizio dell’escalation coincide più o meno con l’avvicendamento nella zona tra la Brigata Alpina Julia e la Brigata Folgore, presente qui da inizio maggio. I motivi sono molti. E diversi.

Con l’arrivo della stagione estiva si sciolgono le nevi sui passi di frontiera: si riaprono le vie di comunicazione con il Turkmenistan a nord per ciò che riguarda la zona di Bala Morghab, e con il Pakistan a sud per ciò che riguarda Farah. Si avvicina anche il giorno delle elezioni in Afghanistan, in programma per il 20 agosto: i molteplici oppositori politici del governo Karzai hanno tutto l’interesse a destabilizzare una situazione già incerta politicamente.

Ma, soprattutto, le forze di sicurezza afgane si stanno spingendo laddove finora non si erano mai spinte. Ed è questa la vera novità. Se fino a qualche tempo fa, infatti, erano i militari della Coalizione, e tra questi gli italiani, a doversi difendere dagli attacchi degli insorti, a doversi guardare dalle trappole esplosive poste lungo le strade e dagli attacchi suicidi dei kamikaze, ora la situazione è completamente ribaltata.

Obiettivo fondamentale della presenza Nato in Afghanistan è mettere le forze di sicurezza afgane in condizione di riprendere il pieno controllo del territorio. L’obiettivo è perseguito attraverso programmi di addestramento, realizzato dagli OMLT, Operational and Mentor Liaison Team. Danno all’esercito afgano, composto soprattutto da ex combattenti mujaeddin, una disciplina militare, concetti di tattica e strategia. E poi li supportano nelle operazioni "sul campo".

Attualmente i fronti caldi nell’ovest dell’Afghanistan, la zona a responsabilità italiana, sono proprio Farah e Bala Morghab, dove l’Italia ha due Fob, due basi operative avanzate, piccoli avamposti da cui, gradualmente, si cerca di allargare la porzione di territorio sotto controllo governativo.

Bala Morghab si trova a circa 180 km a nordest di Herat, nella provincia di Badghis. All’interno della Fob "Todd" ci sono circa 100 italiani, e poi spagnoli, americani e afgani. La zona è sensibile. E molto instabile. Ma strategica. Il confine con il Turkmenistan dista solo pochi chilometri. Fino a qualche tempo fa attraverso quel confine passava qualsiasi tipo di traffico illecito, dalle armi alla droga. E poi, a pochi chilometri, sempre nella stessa provincia, c’è Gormach, tradizionale roccaforte talebana. Insomma la Nato, che sta cercando di espandersi verso nordest anche per ricongiungere Herat a Mazar-i-Sharif, zona a responsabilità tedesca, inizia a dare seriamente fastidio a più di qualcuno. Che evidentemente non vuole mollare il controllo delle arterie di comunicazione che attraversano la zona, come il tratto della Ring Road (il cerchio di asfalto che, come un anello, percorre tutto il Paese) che passa proprio da Bala Morghab. Ecco perché non è corretto parlare di talebani, bensì di insurgents, quel neologismo coniato per ricomprendere quanti, in Afghanistan, per motivi diversi, combattono contro le "forze regolari".

Situazione simile a Farah, zona a sud dell’area ovest sotto comando italiano. Anche a Farah c’è una Fob, così come a Bala Boluk, pochi chilometri a nordest di Farah. Anche qui gli italiani sono in supporto alle forze afgane. Ma più che di insurgents qui si parla più propriamente di talebani. Quelli che provengono dal sud, che si infiltrano dal Pakistan, e che vengono spinti verso nord dalla massiccia presenza americana nella caldissima zona di Helmand. E anche qui le forze di sicurezza afgane stanno cercando di riconquistare il controllo del territorio e delle principali vie di comunicazione: come la 517, la strada che collega proprio Farah a Bala Boluk, la stessa dove ieri sono stati attaccati i militari italiani.

Insomma, il fronte è caldo per gli italiani presenti nell’ovest dell’Afghanistan. E da dove giungono, finalmente, notizie su ciò che realmente sta accadendo. Senza troppa censura.