Ahmadinejad cerca la protezione di Russia e Cina

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Ahmadinejad cerca la protezione di Russia e Cina

19 Giugno 2009

Il 16 giugno si è svolto ad Ekaterinburg, città russa degli Urali, il summit annuale dell’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione, l’organizzazione regionale che comprende Russia, Cina e 4 repubbliche centroasiatiche come membri (Kazakhstan, Kirghizstan, Tagikistan e Uzbekistan) e India, Iran, Mongolia e Pakistan come osservatori. Si tratta di una scadenza solitamente attesa dagli analisti per testare lo stato di salute dell’organizzazione e cercare di trarre le linee di sviluppo dei rapporti tra le sue componenti.

A giudicare dall’impostazione che la presidenza di turno russa aveva dettato per le attività del 2009, ci si sarebbe aspettati un vertice fortemente orientato verso un maggiore impegno nelle dinamiche regionali relative alla sicurezza, soprattutto in Afghanistan; insomma un vero e proprio salto di qualità nelle prerogative e negli impegni della SCO.

Invece, l’impostazione dei lavori ha seguito il più classico degli schemi, con incontri bilaterali tra il padrone di casa, Medvedev, ed i leader regionali convenuti, discorsi ufficiali concentrati sul rafforzamento della cooperazione economica per il superamento della crisi globale, sul dialogo culturale e sullo sviluppo umano delle relazioni reciproche. Niente che fosse un coerente seguito di quanto scaturito a Mosca.

Nonostante l’apparenza di un vertice piatto e privo di sostanziali novità (fatta eccezione per lo status di partner di dialogo concesso a Sri Lanka e Bielorussia), per “qualcuno” l’evento di Ekaterinburg ha rappresentato un’occasione mediatica eccezionale, capitata con perfetto tempismo.

Travolto dalla contestazione di piazza, seguita al risultato elettorale del 12 giugno (che lo avrebbe confermato presidente) e costretto dai disordini a rinunciare ad un incontro bilaterale a Mosca previsto per il 15, Ahmadinejad non ha esitato a lasciare una Teheran in preda al caos da quattro giorni per recarsi comunque a Ekaterinburg. 

Non si è trattato della sua solita passerella mediatica. In un momento così delicato per il regime, il vertice della SCO ha rappresentato per il presidente iraniano qualcosa di più: non solo visibilità per un leader messo fortemente in discussione, ma, soprattutto, ricerca di protezione e legittimazione regionale alla corte dei migliori alleati che oggi il suo regime può sperare di avere: Russia e Cina.

Così, un sorridente e sicuro Ahmadinejad si è pronunciato a favore di un rafforzamento della cooperazione economica in ambito SCO e della valorizzazione del suo potenziale di risorse umane e naturali, di gas, petrolio e tecnologia per giocare un ruolo fondamentale nella soluzione della crisi economico finanziaria in corso. Questi i temi al centro del discorso pronunciato dinanzi all’assemblea plenaria della SCO a Ekaterinburg, un discorso che sembrerebbe più appropriato ad un membro effettivo, piuttosto che a un semplice osservatore. Infatti, Ahmadinejad si è spinto oltre, proponendo la costituzione di una banca comune che sostenga la cooperazione economica in ambito SCO, dichiarando, inoltre, di voler mettere a disposizione per tale fine la Camera di Commercio e dell’Industria di Tehran.

Ma sono stati soprattutto altri i passaggi del discorso di Ahmadinejad ad essere diffusi sui media di tutto di tutto il mondo: “E’ evidente che è giunta la fine dell’epoca degli imperi e che non ce ne sarà un’altra” (e detto nel luogo dove venne sterminata dai bolscevichi la famiglia imperiale russa, suona in modo decisamente sinistro…). Egli richiama l’attenzione sulla crisi in atto e su come si sia abbattuta sui Paesi che hanno sistemi economici di tipo capitalistico, mentre “nonostante l’insorgere di crisi gravissime, ci sono al mondo strutture e meccanismi politici ed economici che non ne sono stati toccati”.

Quale migliore vetrina mediatica di un vertice regionale ospitato dalla Russia e co-condotto dalla Cina per lanciare strali contro la parte di mondo (occidentale) che oggi più che mai addita e giudica negativamente l’Iran? Come non approfittare, in un momento di grande instabilità ed incertezza, di un’occasione fortuita e perfetta per rilanciare la propria immagine e con ciò quella del regime khomeinista?