Aiuto! C’è un giudice cattolico

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Aiuto! C’è un giudice cattolico

29 Ottobre 2015

Ebbene sì, sono cattolico. Ma nonostante questa terribile macchia sul mio curriculum, sono un buon magistrato, e nessuno ha mai trovato da ridire sulla mia correttezza professionale. Questa potrebbe essere la sintesi dell’intervista surreale al giudice Romeo, presidente del collegio del Consiglio di stato che ha deciso sulla liceità delle registrazioni dei matrimoni gay contratti all’estero. Il problema non è, ovviamente, nelle risposte, ma nelle domande, anzi nelle stesse motivazioni che hanno spinto Repubblica a intervistare il magistrato.

 

Immediatamente dopo la sentenza del Consiglio di stato, nonostante fosse evidente a tutti che il matrimonio omosessuale non è ammesso in Italia, e che la stessa Corte costituzionale lo ha ribadito con estrema chiarezza, si è scatenata la caccia ai reprobi. Chi sono questi giudici che osano delegittimare e contraddire servitori dello stato limpidi e imparziali come Marino, e come i tanti sindaci del Pd che hanno forzato la legge, certi di farla franca? Le lobby gay si sono mosse, hanno indagato, scoprendo che alcuni di quei giudici sono addirittura cattolici, e persino che uno di loro, in un tweet, ha ammesso di non volere due mamme ma una mamma e un papà. Lo scandalo è inevitabile: un cattolico può valutare in modo imparziale un provvedimento sul matrimonio gay?

 

“E’ stato corretto formare un collegio in cui 3 giudici su 5 sono cattolici”? Chiede il giornalista a Romeo. E ancora: “Quindi lei è proprio dell’Opus dei…” l’impavido magistrato conferma. “Ma il rischio di un conflitto di interessi?” Come se l’appartenenza all’Opus fosse non una questione di fede ma di “interessi”, appunto (un po’ loschi, va da sé) da difendere. E poi: “Se un giudice ha un credo religioso questo può influire sulle sue decisioni.” Non si tratta nemmeno di una domanda, è una indiscutibile affermazione. Ma se un giudice NON ha un credo religioso, questo non influisce sulle sue decisioni? Se è un ateo militante, il problema esiste? E se fosse omosessuale, il problema si porrebbe?

 

Abbiamo ascoltato le opinioni –nient’affatto neutrali- di decine di magistrati in convegni che già dal titolo dichiaravano una precisa tendenza, oppure che erano organizzati da associazioni di parte, o ancora il cui intero parterre era visibilmente schierato. Nessuno ha mai avanzato un dubbio sull’imparzialità di quei magistrati, così come nessuno ha mai indagato sui giudici (sempre gli stessi) che emettono sentenze “creative”, e che forzano la legge su temi sensibili.

 

Ma il punto ormai non è più nemmeno la libertà dei magistrati di decidere secondo coscienza, o la correttezza delle sentenze. Il punto è che ormai, per le élite di questo paese (ma anche di una parte dell’Europa) dichiararsi cattolici è un fattore di rischio. La laicità l’ha inventata il cristianesimo (“Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio”) ma la nostra società è ormai tutto fuorché laica: avere una fede religiosa è un elemento di sospetto e forse anche di discriminazione.