Al centrodestra serve un nuovo partito, anzi tre, ma senza Fini, per carità!

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Al centrodestra serve un nuovo partito, anzi tre, ma senza Fini, per carità!

07 Dicembre 2010

Fini, Montezemolo, Casini, e tutti i “responsabili” che la buona sorte ci ha regalato sembrano gli unici a poter aggiustare i guasti di questo paese; fior di patrioti costretti a stare in panca (o su poltrone oggi ritenute non più confortevoli), mentre l’Italia affonda in mano ai mariuoli che quella iattura chiamata democrazia ci ha riservato. Da una parte Berlusconi, Bossi e Tremonti si danno alle feste selvagge, disprezzano negri e terroni, e godono a tagliare con la scure la parsimoniosa spesa pubblica di questo paese; dall’altra i panchinari invocano lo sviluppo, sono equi e sobri, amano qualsivoglia omino a patto che indossi la toga, e solo loro – soprattutto – possiedono titoli per vagheggiare il “paradiso della legalità”. Non quello degli arresti e dei sequestri di denari mafiosi di Maroni e Mantovano, che contano zero se a capo del governo – a loro dire – c’è il principale favoreggiatore della Cupola. Un uomo che avrebbero attaccato anche per il capello cementato, la pedofilia latente, le orecchie che fanno provincia, il tacco interno per apparire meno nano. Per fortuna, però, gli si può dare perfino del bombarolo – grazie a virtuosi magheggi giudiziari – che si sarebbe preso l’Italia con il tritolo e buoni amici siculi.

Il quartetto della responsabilità (non si dimentichi Ciccio Rutelli, radicale, baciapile e responsabile cancellato dall’oblio) si ingegna per nettare lo Stivale dal cancro berlusconiano; dalla loro hanno la purezza, la faccia fresca e la coerenza dei programmi. Devono tararsi soltanto su questioni risibili come vita/morte, gay/etero, spesa pubblica/risanamento, Vendola/Di Pietro, presidenzialismo/mummificazione dei Palazzi. Roba da poco, se è vero che su “tutto il resto” il sodalizio rema nella stessa direzione. Fanno bene, allora, a stabilire data e struttura del matrimonio, mentre uno dei quattro (il fascista scopertosi politicamente evirato dal fascio) tutto si agita a benedire nuovi contenitori futuristi, e a cercare compagni di viaggio che sappiano ben strillare.

Sarà una stagione politica completamente nuova (chiamiamola pure “terza repubblica”) quella che vedrà duellare il quartetto con la destra del Cavaliere e di Bossi; questione di sostanza ma anche di forma, a partire dalle sigle che manderanno in pensione i vecchi partiti. Fini, Rutelli, Montezemolo e Casini hanno pronta l’etichetta della casa dei responsabili: saranno i  “TV”, sberleffo per il dominio catodico del premier, e insieme insegna che ben identifica l’essenza del gruppo. “TV” che sta per “Trasformisti Veri”.

Si andrà o meno al voto, magari passando per il pasticcio del “governo responsabile” (a tal punto che gli italiani non se lo sono scelto), lo sa soltanto Iddio. Ma è bene che Berlusconi e Bossi si muovano fin d’ora per contrastare l’attivismo del quartetto; il Senatur badi alla Lega, che difficilmente non raddoppierà la rappresentanza parlamentare in caso di elezioni, ma pensi pure a dare buoni consigli all’amico Silvio. Si adoperino i due per cementare l’union sacrée tra centrodestra e Carroccio, non con cene e patti impomatati, ma ristrutturando profondamente l’intesa. La Lega ha lavorato bene, nulla da rilevare, e non ha da fare cambiamenti per essere scelta da migliaia di padani (e sempre più terroni) gaudenti. Il PdL, se non si presentasse all’eventuale appuntamento elettorale con il faccione del premier, sarebbe solo un simbolo sgarrupato.

E’ stato ambizioso, giusto, praticare la via dell’unificazione tra berlusconiani ed eredi di Almirante, ma la gestione, il radicamento del partito e la vedovanza dei colonnelli di Fini (divenuti a ragione più Cavallereschi del presidente del Consiglio) ha prodotto un cumulo di disastri. Prima che diano fiato alla bocca, inumidendoci di bile antiberlusconiana, è opportuno chiarire alle truppe del presidente della Camera, e a lui medesimo, che non gli si sta dando credito neanche indirettamente. I richiami sballati di un apolide, che parla di “destra” attraverso Fabio Granata e Benedetto Della Vedova, non possono minimamente influenzare il giudizio su un partito che nonostante tutto è stato – grazie alla tenacia sovraumana di Berlusconi – vincente; non possono orientare una valutazione che può essere espressa unicamente da quanti (con limiti evidenti) si sono consumati per far crescere il  Popolo della Libertà.
Allora il Cavaliere non indugi e rompa il giocattolo dal nome orrendo (superato solo da quello del nuovo gingillo di Fini; così antiberlusconiano da avere il nome del padrone nel circoletto) e rifondi il centrodestra. Lo faccia plasmando nuove fondamenta e chiudendo la porta in faccia a chi osa parlare di nuova destra con il cappello in mano; per vedere se sarà stato Vendola o il divo Silvio a mettere più monete nel borsalino, stabilendo di conseguenza la scelta della più comoda magione. Rottami i triumvirati (al cui interno qualcuno si salva, fortunatamente), questi portavoce, e comprenda  quanto sia rivoluzionario – e potenzialmente apprezzabile – rivoltare come un calzino la coalizione senza cambiare guida. Il nuovo centrodestra non ha esigenza di essere tale solo se postberlusconiano; il nuovo centrodestra può essere anche del tutto inedito con il Cavaliere che mantiene saldo il timone della nave.

Ci ascolti il premier, e scinda il Popolo della Libertà senza compiere scelte affrettate. Sarebbe suicida rifare Forza Italia e An, dando anche esteticamente il senso di una débacle che, al contrario, deve essere e sembrare un’avanzata. Per Natale Berlusconi (e un nuovo numero due di marca aennina, che andrà ad affiancare Bossi) ci regalino due partiti che rappresentino l’architrave della rifondata Casa delle Libertà. Ai Trasformisti Veri del quartetto rispondano lanciando gli LV e i CV, i Liberali Veri e i Conservatori Veri, gli uni capeggiati dal capo di Arcore (di cui abbiamo infinito bisogno), gli altri guidati da una figura solida e meno meccanicamente riconducibile al fallimento pidiellino: Gianni Alemanno.

Con lui non vadano in automatico soltanto La Russa, Gasparri, Matteoli; con Berlusconi non vadano solo Bondi, Cicchitto, Gelmini. Le carte si mescolino; si guardi al leader, ma si decida quale dei due campi anche e soprattutto in virtù dell’adesione a principi più liberali o conservatori. Sarebbe un gran centrodestra quello che vedrebbe al tavolo Berlusconi, Alemanno e Bossi (fino a quando il testimone non passerà nelle mani di Maroni) con al fianco sodali mischiati ed entusiasti del nuovo corso.

Non si agonizzi con gazebo, club sfigati e prediche dai siti: abbi coraggio Presidente, e proprio ora non smettere di essere Silvio Berlusconi.