Al Qaeda è sparita o si sta preparando contro gli americani in Libia?

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Al Qaeda è sparita o si sta preparando contro gli americani in Libia?

02 Marzo 2011

Al Qaeda può essere una vittima “eccellente” e inaspettata delle rivoluzioni popolari tra Maghreb e Medioriente. Quasi snobbata dalle masse, incapace di interpretare un ruolo da protagonista, la multinazionale del terrorismo sembra, e ripetiamo, sembra, avviata al fallimento. La metamorfosi politica dei regimi arabi sta cambiando anche il rapporto con l’islam.

Per decenni Al Qaeda, insieme alla galassia del fondamentalismo islamico, ha logorato dall’interno i regimi secolari del Medioriente. Alcuni, come lo Yemen, erano diventati luoghi di rifugio e organizzazione; altri, come l’Egitto, luoghi di predicazione; altri infine, come la Somalia, sono stati trasformati in terre di nessuno. Ma Al Qaeda non ha mai voluto o potuto sferrare l’attacco finale. Può suonare assurdo, ma il terrorismo ha il “terrore” dell’istituzionalizzazione, cioè di trasformarsi in un regime consolidato, che si occupa dell’amministrazione quotidiana di uno stato sotto ogni forma.

Hamas a Gaza non è più l’Hamas degli attentati storici contro Israele, perché ha di fronte una situazione di radicale ingovernabilità che sorge dallo scontro tra la vocazione fondamentalista e le esigenze del governo, uguali a tutte le latitudini del pianeta. L’Afghanistan dei talebani non era uno stato; era un fortino che è caduto e proprio la caduta dei talebani al governo ha ridato energia ai talebani come terroristi senza patria, senza legge, senza governo. Senza stato.

Neppure in Libia, nemico storico di Al Qaeda, i terroristi sono riusciti ad entrare nella partita della rivoluzione. Dov’è Bin Laden mentre il suo avversario Gheddafi è sul punto di crollare e dov’era Bin Laden quando Mubarak era già crollato? Le montagne al confine tra Pakistan e Afghanistan sono troppo lontane dal bacino del Mediterraneo? Un’ipotesi è che Al Qaeda sia seduta sulla riva del fiume e stia guardando passare i cadaveri dei suoi nemici, a partire da Mubarak. Aspettare oggi per intervenire domani, quando veramente ci sarà il caos e l’anarchia, quando, forse, basterà un colpo di mano per scatenare una seconda rivoluzione, allora potrebbe essere il momento in cui Al Qaeda entrerà in azione.

L’ipotesi opposta, sposata da gran parte dei media occidentali, è centrata sulla sconfitta strategica di Al Qaeda, emarginata dalle proteste e relegata ad un ruolo sempre più esterno ed estraneo alla vita sociale del Nord-Africa. All’origine di questa inaspettata esclusione c’è anche un fattore extra-politico, che è il nuovo ruolo sociale dell’islam nord-africano. I giovani musulmani che lottano per la democrazia adorano più Twitter che i dogmi dell’islam radicale. Spesso sono giovanissimi che difficilmente conoscono l’intricata storia di guerre dei loro paesi. E’ difficile fare il lavaggio del cervello di questi ragazzi a colpi di prediche estremiste.

Dicono che queste rivoluzioni a catena siano l’emergere della società civile prima soffocata da stato e islam; che sia la forza di internet a spronare le folle contro le autarchie e che sia la ricerca della libertà contro oppressioni asfissianti. Ma questa è soprattutto la rivoluzione dei giovanissimi arabi, che si battono contro le vecchie generazioni e il vecchio sistema di potere. Generazione post-islamica?

L’ultima speranza rimane il lungo periodo, quando i nuovi, possibili, regimi democratici incontreranno le prime grandi difficoltà. Abbattuto un tiranno, potranno emergere tanti piccoli tiranni tribali o religiosi tanto violenti e prepotenti quanto sfilacciate saranno le nuove istituzioni. E’ il modello dell’Iraq, l’unica alternativa che può rendere inutile questo fermento rivoluzionario. Al Qaeda si rivela debole anche perché, almeno finora, è assente il suo nemico storico: gli americani. Per funzionare, la logica di Al Qaeda ha bisogno di un invasore infedele rispetto ai quali scatenare la rabbia degli arabi: prima i russi, poi gli americani e gli occidentali. Ma questa volta i popoli arabi scrivono la loro storia senza interferenze straniere e per costruire una nuova realtà civile, in casa loro – non per diventare kamikaze.