Al via la “Grande Brera”: ma l’esito dell’operazione non è affatto scontato
31 Agosto 2012
di Carlo Zasio
Nel 2013 nascerà la fondazione di diritto privato che gestirà la nascita della “Grande Brera”, museo metropolitano di Milano destinato a svilupparsi negli spazi raddoppiati della Pinacoteca grazie al dislocamento dell’Accademia di Belle Arti e al recupero dell’adiacente Palazzo Citterio.
Lo prevede l’articolo 8 del decreto Sviluppo, fortemente voluto dal ministro per i beni culturali Lorenzo Ornaghi per superare l’impasse in cui è finito un progetto ideato quarant’anni fa dall’allora Soprintendente Franco Russoli, avviato alla fine degli anni Novanta dal compianto Soprintendente Bruno Contardi, finalizzato nel 2004 dagli allora ministri Giuliano Urbani e Letizia Moratti e a lungo sospeso tra la mancanza di fondi e la gestione commissariale di Mario Resca priva dei necessari strumenti operativi.
Ora le prime risorse – 23 milioni di euro – sono state stanziate, ma sarà difficile in una simile congiuntura reperirne di ulteriori per arrivare a coprire il budget di oltre 100 milioni previsti per il completamento del progetto.
Lo strumento della Fondazione, dove soci privati possono entrare versando quota parte del patrimonio ed esprimere propri rappresentati in consiglio di amministrazione con un ulteriore contributo pari ad almeno l’otto per cento dei finanziamenti statali erogati per il suo funzionamento, è pertanto essenziale per riuscire a veicolare l’interesse delle realtà economiche del territorio interessate a sostenere il rilancio di una delle eccellenze culturali della città.
Il modello è l’Egizio di Torino, ma le resistenze sono tante. Scontate quelle dei sindacati, preoccupati per le sorti dei dipendenti che saranno chiamati a scegliere se rimanere statali ed essere così destinati ad altro incarico o sottoscrivere un contratto di natura privatistica. Meno scontate quelle di storici dell’arte e intellettuali, che hanno firmato una lettera appello al Presidente Napolitano per fermare quella che essi considerano la privatizzazione del museo. Soprattutto perché alcuni dei firmatari sono stati tra i protagonisti della nascita della Fondazione del museo Egizio.
Questo è lo straordinario potere dell’ideologia, capace di trasmutare ogni posizione a seconda del contesto e delle opportunità. Ma se questo potere prevarrà, allora la “Grande Brera” sarà destinata a rimanere un sogno. E Milano potrà attendere per altri decenni quella galleria nazionale che merita.