Alitalia: lo spezzatino no, non l’avevamo considerato (firmato Gentiloni & Delrio)
20 Febbraio 2018
di Carlo Mascio
“Spezzatino? Non se ne parla”. All’inizio tutti, da Gentiloni a Delrio, quando qualcuno chiedeva lumi sul futuro di Alitalia rispondevano così. Niente vendita multipla. “E’ un valore per il Paese, va venduta intera” sentenziava il ministro dei Trasporti. E, invece, ora come ora, questo sembra essere l’unico piatto sul tavolo dei commissari straordinari. Anche perché tutte le ipotesi vociferate in queste ultime settimane non prendono minimamente in considerazione la proposta del governo.
L’ultima, addirittura, vedrebbe partecipare più compagnie: in cordata con EasyJet ci sarebbe anche Delta Air Lines e Air France-Klm, sostenute dal fondo americano Cerberus che, in un primo momento, sembrava essere l’interlocutore che avrebbe potuto rilevare interamente l’ex compagnia di bandiera. Ma da New York, sede del fondo, forse hanno pensato bene di non rischiare, dato che la situazione in casa Alitalia rimane tutt’ora complessa. Morale della favola: niente vendita in toto, come desiderava l’esecutivo.
Le ragioni che hanno portato a questa conclusione non sono poi così recondite. E’ stato proprio il ministro Delrio ad elencare l’estate scorsa tutte le criticità strutturali della compagnia: “costi di approvvigionamento del carburante molto onerosi, contratti di leasing sugli aerei molto onerosi, una flotta non moderna”. Criticità non da poco, dunque, che ovviamente – è proprio il caso di dirlo – non sono piovute dal cielo, ma sono frutto proprio delle scelte fallimentari contenute nel piano industriale degli arabi di Etihad varato nel 2014 con la solenne benedizione del governo Renzi, che tutto ha fatto tranne quello che si era prefissato, ovvero rilanciare la ormai ex compagnia di bandiera.
E non è un caso che il “tema Alitalia” sia radicalmente scomparso dai radar piddini. Tanto che il ministro Calenda già da un pezzo va dicendo che la possibile cessione avverrà “solo dopo il voto”. E ovviamente non solo perché ci sarà un nuovo governo con cui bisognerà interloquire ma anche e soprattutto perché, diciamocela tutta, non conviene a nessuno parlare dell’ennesimo fallimento di quel che rimaneva dell’ex compagnia di bandiera proprio in campagna elettorale, dove la strategia renziana vuole che si parli di ciò che è stato fatto e si oscuri ciò che è fallito.
Alla fine di tutta questa vicenda, ciò che resta – per giunta senza risposta ufficiale – è solo una domanda: possibile che una volta celebrato il matrimonio con Etihad nessuno a Palazzo Chigi si sia accorto che le condizioni contenute nel piano non stavano producendo i risultati sperati, e che l’unico elemento di novità evidente era solo il restayling stile anni ’50-‘60 delle divise delle hostess? Guardando i risultati, si, è possibile. E ora a pagare, come al solito, sono saranno sempre gli italiani (ma questo non lo troverete tra i 100 punti del programma Pd).