Alitalia: per una volta lasciamo decidere il mercato
19 Marzo 2008
di Milton
La canea invereconda alla quale si sta assistendo sul caso Alitalia a seguito dell’offerta di Air France KLM, è la più degna ed inevitabile conclusione di una storia vergognosa lunga almenio un ventennio: fatta di veti, incapacità manageriale, ingerenze politiche, clientele, scioperi indecenti, disservizi, privilegi (assitenti di volo pagate come veline, piloti con stipendi da calciatori), alle spese del contribuente e degli utenti.
Un milione e mezzo di euro al giorno è la perdita secca attuale di Alitalia, una situazione finanziaria netta già pienamente al centro del baratro, rotte tagliate, servizi di base spesso assenti, un’immagine per il nostro Paese che fa il paio con i rifiuti della Campania.
In un paese normale, nel quale chi deve decidere conosce almeno l’abc della gestione d’azienda, Alitalia avrebbe già portato i libri in tribunale da tempo, come fecero qualche anno fa Swissair e Sabena (e Delta), rinate nel frattempo ed ora perfettamente solide e profittevoli. Ma il nostro Paese è tutt’altro che normale ed in campagna elettorale addirittura raggiunge un grado di irrazionalità incontrollabile.
Nonostante questa situazione (e probabilmente a causa del nostro proverbiale stellone, che troppo spesso sostituisce la capacità di fare politica industriale) Air France KLM, una delle più grandi compagnie aeree al mondo, fa un’offerta per salvare Alitalia, accetta di mantenerne il logo ed il nome (tanto per sedare i pruriti di italianità) e di definire un piano di sviluppo sostenibile e degno. Lo stesso è accaduto a KLM qualche anno fa e non si sono segnalati suicidi di massa all’ombra dei mulini a vento e l’aereoporto di Schipol (Amsterdam) non mi sembra fuori dalle rotte internazionali.
Ovviamente Air France vuole pagare Alitalia esattamente il valore che Alitalia ha in questo momento, cioè zero, ma questa, signori, è la legge del mercato, così succede ovunque regni concorrenza e trasparenza. Mi rendo conto che l’opinione pubblica italiana è normalmente abituata a ben altre dinamiche per le grandi operazioni industriali, compravendita di rendita regalate ai soliti noti, pagate dalle banche e caricate di debiti. Ma l’economia non gira in questo modo.
L’operazione sarebbe quindi di una linearità disarmante, Air France compra al prezzo di mercato, ristruttura in relazione alla potenzialità di ciò che ha comprato, sceglie il suo hub italiano di riferimento in relazione al proprie analisi commerciali e noi avremmo così qualche speranza di avere un servizio aereo degno di questo nome anche nel nostro Paese.
Ma purtroppo non siamo un paese normale. Le dichiarazioni che l’offerta Air France ha scatenato sono spesso ronzii farneticanti di chi il mercato non lo conosce, di chi in un azienda non è mai entrato, di chi, soprattutto in campagna elettorale pretende di fare politica industriale difendendo interessi particolari e privilegi. Tutti si sentono in diritto di parlare: candidati locali con interssi di collegio a Malpensa, industrialotti di campagna che prendono l’aereo solo per andare alle Maldive a Natale, rappresentanti degli imprenditori che sembrano statalisti di riflusso, candidati premier specializzati in cinematografia. Forse è per questo, che anche Fiorello si è sentito in diritto di dire la sua, si attendono ovviamente le posizioni di Gianni e Pinotto e Stanlio e Olio.
Ma soprattutto parlano i sindacati, di gran lunga i maggiori (assieme a una classe politica provinciale e clientelista) responsabili del disastro Alitalia. Vi ricordate qualche anno fa, quando a seguito di una precettazione per sgongiurare l’ennesimo sciopero, vennero inviati, nello stesso giorno, migliaia di certificati medici da parte di assistenti di volo e piloti: con il traffico aereo in panne e gli utenti a bivaccare negli aereoporti, i rappresentanti dei lavoratori se la ridevano ai microfoni delle televisioni. Ciò dovrebbe bastare per avere un quadro delle responsabilità. I sindacati hanno accettato e supportato per anni per assistenti di volo e piloti, privilegi e prebende da favola, giorni di vacanza a go go, assunzioni inutili, hanno avallato scioperi selvaggi e piani industriali inattuabili e sbagliati.
Ebbene questa gente, non ha più dirtitto di parlare, si faccia da parte e soprattutto non tocchi più denaro pubblico, per sanare le proprie malefatte.
PS: Per quanto riguarda Malpensa mi auguro che il buon senso padano delle istituzioni e della pubblica opinione del nord non si arrenda agli interssi particolari e lasci fare il mercato che ha bisogno solo di due cose: la trasparenza e gli investimenti. I secondi se si vuole ci sono, per la prima basta fare qualche dichiarazione in meno.