Alitalia, Prodi riflette ma non sa cosa fare

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Alitalia, Prodi riflette ma non sa cosa fare

18 Luglio 2007

Tps voleva fare il pilota di Alitalia ma l’aereo è caduto in picchiata. E ora il governo sta valutando il da farsi e prendendo in considerazione “tutte le ipotesi”, trattativa privata compresa.

“Guardiamo al futuro, ci sono diverse ipotesi in campo. Si è concluso un processo come non volevamo e adesso stiamo già riflettendo su cosa fare per il futuro”, ha detto il presidente del Consiglio, Romano Prodi. Proprio un bel da farsi, considerato che dalla gara per la privatizzazione dell’ex compagnia di bandiera anche gli americani hanno dato forfait ribadendo la loro posizione (“non siamo in gara”). E pensare che proprio stamani il Tesoro aveva annunciato che la procedura rimaneva aperta “in presenza di altro partecipante” – la cordata composta da Matlin Patterson e Tpg con Mediobanca appunto – “cui è stato trasmesso il testo contrattuale sulla base del quale formulare l’offerta vincolante entro il 23 luglio 2007”.

Insomma, all’Esecutivo di Prodi sono stati inferti due durissimi colpi nel giro di 24 ore: quello di Air One prima e quello di Mattlin Patterson poi, tanto che il titolo della compagnia è crollato in Borsa, perdendo inizialmente  oltre l’8% per ridurre poi la flessione al 5% e chiudere comunque in calo del 3,53%. Segno che Piazza Affari ha preso atto del fallimento della strategia del ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, che per mesi aveva sventolato la bandiera  del rilancio dell’aviolinea. Intanto, fonti di Palazzo Chigi spiegano che, comunque “c’è tempo fino al 23 luglio” (data di scadenza della presentazione delle offerte vincolanti). Come dire, salviamo il salvabile e nel frattempo non facciamoci vedere preoccupati.

Ma se il Governo continua a fare il gioco delle tre carte – cambiando posto alle regole e confondendo la partita – da Bruxelles è arrivato il monito sul fronte degli aiuti di Stato. La precisazione è arrivata in mattinata. Sul rischio di un eventuale ricorso alla legge Marzano – che nel caso di fallimento prevede l’intervento di un commissario straordinario che gestisce l’azienda e congela i debiti in un’ottica di risanamento – fonti di Palazzo Chigi avevano infatti spiegato che “bisogna comunque tener presente che si tratta di un’azienda che ha liquidità”. E vista la mancanza di chiarezza, pronto è arrivato l’altolà: “La Commissione europea non autorizzerà nuovi piani di salvataggio per Alitalia”, ha detto  Michele Cercone, portavoce del commissario europeo ai Trasporti Jacques Barrot, che ha puntualizzato: “la Commissione ha autorizzato un’operazione di salvataggio nel 2004. Questo impedisce che ne vengano approvati altri”.

E qualora il messaggio dell’Ue non fosse arrivato a Palazzo Chigi, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha spiegato: “Noi non possiamo pensare di fare strappi, dobbiamo collaborare nella Commissione europea e con il Consiglio europeo per definire le regole e attenersi a quelle regole”.

Duri i commenti che arrivano anche dall’estero. “Ora il governo italiano ha le spalle al muro”, si legge sul Wall Street Journal in un articolo in cui ricorda che l’Esecutivo deve “trovare una strada per coprire i buchi nelle finanze di una compagnia che perde 2 milioni di euro al giorno”. Il giornale scrive anche che l’asta preparata dal governo “non è mai decollata” e che i “potenziali acquirenti si sono defilati uno dopo l’altro”.

A cinque giorni dalla data che doveva segnare la nuova vita di Alitalia, siamo nuovamente da punto a capo. I russi di Aeroflot hanno nuovamente aperto uno spiraglio. A patto che cambino le condizioni  della gara. Come anche l’Ap Holding di Toto (che controlla Air One): “A queste condizioni non è possibile presentare un’offerta ma se le nuove condizioni consentiranno lo sviluppo di un piano di crescita sostenibile ci saremo”. Fonti di Air France hanno ribadito che “alle condizioni attuali” la compagnia francese “non è direttamente né indirettamente interessata”.

Ma per quanto riguarda i paletti posti dal governo al bando e citati da AirOne come motivo del diniego, il ministro Bianchi ha spiegato che, “erano quelli che servivano a garantire quello che volevamo, quindi non solo il risanamento finanziario che avremmo ottenuto vendendo a un accreditato acquirente”. “Avevamo – ha aggiunto – anche l’obiettivo di un rilancio industriale della compagnia, di mantenere un marchio di italianità e quindi considerala un asset del paese, di garantire i livelli occupazionali”. E ancora: “Tutti questi obiettivi ci avevano portato a mettere alcun paletti, regole scritte nel bando. Bando a cui inizialmente avevano partecipato numerosi operatori. Via via siamo andati avanti con una progressiva scrematura. Sembrava che in questi ultimi giorni ci fossero stati sostanziali passi in avanti per una conclusione positiva poi è scattato qualcosa che ora mi sfugge cercheremo di capirlo nei prossimi giorni”.

Singolare che i motivi sfuggano proprio al ministro dei Trasporti, considerato che chi segue ormai da tempo la “soap-Alitalia” sa benissimo che il Governo dopo innumerevoli tira e molla ha fornito contratti di vendita agli acquirenti senza garanzie: il bando non prevedeva infatti il negoziato preliminare con i sindacati e la revisione degli accordi con Az Service, la società che fornisce molti servizi di terra e che è partecipata per metà da Alitalia e per metà dallo Stato. Così perfino il soggetto più “gettonato”, oltre che interessato alla gara, Air One, ha preferito fare un passo indietro anziché decidere preventivamente di perdere quattrini.

Chissà se dopo le pensioni, sentiremo parlare di una proposta “prodiana” anche per il dossier Alitalia.