Alla Biennale di Venezia (forse) è arrivata l’ora dei russi

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Alla Biennale di Venezia (forse) è arrivata l’ora dei russi

12 Giugno 2011

Come non mai la Biennale rende quest’anno Venezia un’autentica capitale mondiale dell’arte contemporanea con 89 padiglioni nazionali, 37 eventi collaterali e 83 artisti invitati alla mostra internazionale curata da Bice Curiger, allieva del compianto Harald Szeeman.

Se il padiglione centrale ai Giardini aperto dalle tre opere di Jacopo Robusti detto il Tintoretto – L’ultima cena, Il trafugamento del corpo di San Marco e La creazione degli animali – risulta fin troppo museale, algido e cerebrale nel confronto con le proposte innovative dei curatori di alcuni dei padiglioni dei singoli Stati – fra tutti la Germania che con le opere del video artista Christoph Schlingensief da poco scomparso riproposte in un ambiente commemorativo ha vinto il Leone d’oro – gli spazi dell’Arsenale, ulteriormente ampliati quest’anno, permettono a Bice Curiger di esprimere al meglio la propria idea curatoriale e di far sviluppare l’estro e l’inventiva degli artisti.

La riproduzione in cera di Urs Fischer della scultura del Giambologna Il ratto delle Sabine, una gigantesca candela che consumandosi invera la coscienza del limite dell’artista, interpreta magnificamente l’ambiente monumentale delle Tese, mentre l’intrigante installazione cinematografica dello statunitense Christian Marclay The clock – vincitore del Leone d’oro come miglior artista – ha il giusto respiro al termine delle Corderie. Proprio quest’opera, un montaggio di 24 ore degli spezzoni di migliaia di film in cui quando compare un orologio riporta sempre l’ora reale, sancisce un passaggio forse epocale: Marclay è infatti uno dei creativi sostenuti da Daria Zhukova, la trentenne compagna moscovita dell’oligarca russo Roman Abramovic che già nel 2009 aveva proposto all’Arsenale l’installazione di Hector Zamora Sciame di dirigibili.

La Biennale è sempre stata il palcoscenico in cui si sono anticipati i grandi sommovimenti dell’arte contemporanea. Qui ad esempio sbarcò in Europa la Pop Art con Wahrol e Raushenberg nel 1964, qui negli anni Novanta sono stati consacrati i new british artists di cui Damien Hirst è l’esponente più noto, qui si è affermato il predominio statunitense sul mercato internazionale. Ora, forse, The clock potrebbe segnalarci che è arrivata l’ora dei russi.