Alla Russia fa comodo lo status quo fra Armenia e Azerbaigian

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Alla Russia fa comodo lo status quo fra Armenia e Azerbaigian

29 Giugno 2011

Durante le ultime settimane sono aumentate  le polemiche e le accuse reciproche nel Caucaso tra l’Azerbaigian e l’Armenia, e il presidente azero Ilham Aliyev ha fatto un discorso serio alla nazione, in cui ha promesso la liberazione del Karabakh con ogni mezzo, incluso l’opzione militare. La scorsa settimana l’Azerbaigian ha festeggiato l’anniversario delle sue forze armate, facendo sfilare tutta la sua potenza bellica, manifestando così il suo messaggio e il suo ammonimento all’Armenia che continua ad occupare più di un terzo del territorio azero. In più, con il suo messaggio, il presidente ha voluto rassicurare la nazione che aspetta la liberazione del Karabakh da più di 17 anni.

Aliyev frustrato dai continui fallimenti del processo di negoziazione che dovrebbe convincere l’Armenia a ritirarsi dal territorio azero, ha deciso di cambiare tattica e ha minacciato di esercitare il suo diritto di autodifesa per ripristinare l’integrità territoriale del paese. La frustrazione è aumentata soprattutto dopo il recente summit russo-armeno-azero a Kazan, in Russia, durante il quale non è stato possibile nessun accordo su un processo di de-occupazione. Molti analisti politici azeri riferiscono che il governo locale è consapevole del fatto che la Russia non è una mediatrice imparziale e non è interessata alla risoluzione del conflitto, essendo essa l’alleata numero uno dell’Armenia. Ma il presidente Aliyev ha tentato di usare tali incontri per il proprio vantaggio: nell’eventualità di una nuova guerra con l’Armenia, nessuno potrà mai accusare Baku di non aver tentato il tutto per tutto prima di usare la forza.

Invece, i numerosi tentativi della mediazione Europea e Americana non hanno portato i frutti sperati. La Russia detiene una posizione di leadership nella "risoluzione" di questo conflitto e non permette nessun tipo di progresso che sia di ostacolo ai suoi piani politici. La verità è che la regione del Nagorno-Karabakh rimane militarmente occupata da parte dell’esercito armeno dai primi anni novanta. Il Karabakh è la terra azera che fu popolata dalla maggioranza armena, la quale sollecitata dalle forze esterne, dopo il crollo dell’Urss ha tentato di staccarsi dall’Azerbaigian e di ricongiungersi all’Armenia. Con l’aiuto dell’esercito armeno e con il tacito consenso della Russia, gli armeni locali occuparono l’intera regione in questione insieme a molti territori confinanti non appartenenti alla regione di Karabakh, strappandoli al controllo di Baku. Quindi, Nel 1994 l’Azerbaigian fu sconfitto e venne firmato il cessato il fuoco che lasciò il territorio azero sotto l’occupazione armena. 

A partire dal 1994 sia l’Azerbaigian che l’Armenia hanno sempre continuato la corsa agli armamenti per poter controbilanciarsi a vicenda. Come già menzionato, l’Ue e gli Usa hanno tentato molte volte la negoziazione e la mediazione per poter trovare una soluzione che si basasse sul principio dell’integrità territoriale, anche se senza esito. Invece Mosca, ha sempre usato questa situazione per riaffermare la sua supremazia e la sua leadership nell’estremo sud del Caucaso. Si può dire con assoluta certezza che il ruolo centrale di questo conflitto appartiene alla Federazione Russa, l’unico Paese al mondo a possedere la chiave per la risoluzione dello scontro. Con le dovute pressioni politiche la Russia sarebbe in grado di influenzare l’Armenia ad avviare la risoluzione del conflitto, ma gli interessi nazionali russi perseguono una politica diversa. Considerando il fatto, che una volta risolto questa questione, il Cremlino perderebbe per sempre i leveraggi necessari per influenzare le politiche estere di entrambi i paesi in questione, Mosca gioca la sua partita spingendo verso uno status quo infinito.

A differenza della politica estera dell’Ue e degli Usa che riconoscono inequivocabilmente l’integrità territoriale dell’Azerbaigian, la Russia rimane molto più ambigua. Appoggiare la de-occupazione del Karabakh non è un’opzione accettabile per il Cremlino, poiché azioni del genere le alienerebbero per sempre lo stato Armeno, che in fondo, è sempre stato il suo alleato più obbediente e leale in tutto il Caucaso. Non può neanche appoggiare apertamente la posizione armena in quanto tale passo politico porterebbe alla Russia tensioni serie con la Turchia che propende per l’Azerbaigian e non rimarrebbe certo indifferente nel caso di nuova guerra.  Inoltre, la Turchia è uno dei membri leader della Nato, e nel caso di un possibile coinvolgimento nel conflitto caucasico questo porterebbe delle ripercussioni sull’intera Alleanza atlantica.

La predetta problematica è la classica situazione in cui una delle parti deve fare un passo indietro a favore della legalità e del diritto internazionale. Nel conflitto azero-armeno, così come nel conflitto russo-georgiano, non possono esistere i compromessi. Nel terzo millennio l’integrità territoriale di un paese non può essere ceduta, regalata o divisa e di conseguenza tutti gli stati devono poter contate su tale principio come un valore assoluto e non-negoziabile. Purtroppo, ancora oggi, tale principio è garantito (o auto-garantito) solo per i paesi potenti militarmente che siano in grado di difendersi da qualsiasi minaccia o aggressione esterna, mentre per i paesi più deboli la situazione è ben diversa.
Oggigiorno non esiste un sistema politico mondiale in grado di vigilare e far applicare le regole, ma esistono le alleanze politiche che possono prendere posizioni ed esercitare pressioni politiche nei confronti dei "trasgressori". Si spera che i maggiori conflitti Euro-Caucasici ancora in corso siano risolti al piu presto possibile e secondo il principio diplomatico altrimenti, come abbiamo già detto numerose volte, per la natura stessa dei giocatori coinvolti, sì rischierebbe di causare un conflitto di grandissime dimensioni.