Alla “soluzione dei due Stati” ormai ci crede solo il Washington Post
08 Febbraio 2017
di Carlo Mascio
Era nell’aria da giorni, ma adesso è ufficiale. Lunedì sera, la Knesset, il parlamento israeliano, ha approvato, con 60 voti a favore e 52 contrari, un disegno di legge che regolarizza in forma retroattiva circa quattromila insediamenti costruiti su terre private palestinesi nell’are C della Cisgiordania. Nel dettaglio, il dispositivo di legge introduce una forma di risarcimento per i proprietari espropriati: questi potranno ricevere un pagamento annuale pari al 125% del valore dei terreni per un periodo di 20 anni o, in alternativa, altri terreni a loro scelta dove è possibile.
La decisione, come prevedibile, ha scatenato l’ira delle autorità palestinesi, secondo le quali la mossa della Knesset “potrebbe bruciare le possibilità di raggiungere un accordo di pace”, come riporta il quotidiano israeliano “Haaretz” dato che, per la prima, volta il parlamento israeliano cerca di imporre il controllo giudico dell’area C della Cisgiordania, peraltro già controllata da Israele. Per il Washington Post, la legalizzazione degli insediamenti della Cisgiordania rappresenta uno “spartiacque” nel sempre più complicato processo di pace israelo-palestinese e preannuncia – ma forse sarebbe meglio dire spinge per – un ricorso dell’Alta Corte israeliana affinché impugni ed annulli il provvedimento.
Il Washington Post continua a sponsorizzare il progetto, dal retrogusto obamiano e clintoniano, della “soluzione dei due stati” come unica strada per la pacificazione israelo-palestinese. E, a sostegno di ciò, sempre nel suo editoriale, riporta un sondaggio dove si afferma che la maggioranza dell’opinione pubblica israeliana è favorevole alla soluzione dei due stati per porre fine al conflitto con le autorità palestinesi. Ma sono numerose le personalità politiche del mondo israeliano che si ormai si oppongono a una soluzione del genere.
Insomma, l’impressione è che il Post sia iscritto ancora a quel partito che ritiene la “soluzione dei due stati” l’unica percorribile, e che non si è ancora accorto che questa strada ormai va avanti solo per inerzia, senza produrre mai risultati concreti. Tant’è che nemmeno il riconoscimento unilaterale dello Stato di Palestina, avvenuto alle Nazioni Unite nel 2012, è servito a sbloccare il processo di pace. Dunque, forse, è il caso di smitizzare una volta per tutte la soluzione obamian-clintoniana, smettendola di credere che sia esclusivamente la questione degli insediamenti israeliani a impedire che si raggiunga un accordo.