Allarme: i bambini prendono troppi farmaci. Ma di chi è davvero la colpa?
30 Gennaio 2011
Il recente rapporto dell’Osservatorio sull’impiego dei Medicinali (Osmed) svela il sovraccarico di farmaci cui sono sottoposti i bambini in Italia. Fenomeno noto, ma di cui si ha ora qualche dato allarmante. Tra il 2004 e il 2009, si legge, il numero di dosi giornaliere di farmaci rimborsabili assunti dai bimbi tra 0 e 4 anni è aumentato del 29%. E’ un’enormità! La colpa? Ne parla Repubblica del 28 gennaio: per alcuni dei genitori, per altri dei medici. Per altri ancora dell’alterazione del rapporto tra i due, che ora è ridotto ad una logica da supermarket, e in cui il rapporto di fiducia “si è rovesciato”, dato che ora non è il paziente che si fida del medico, ma il medico che si fida che il paziente ci abbia azzeccato ad autodiagnosticarsi malattia e cura. E fin qui siamo assolutamente d’accordo: il rapporto medico-paziente in pediatria è da rivedere e migliorare, i genitori non sanno fare i genitori, portano i figli al pronto soccorso o li imbottiscono di medicine per un nonnulla e il medico non sa dire di no.
E su Repubblica il discorso qui finisce. Ma è tutto qui?
Proprio no. Il dramma vero è quale sia la causa di tutto questo, causa che non si vuole affrontare. Perché? Perché nella cultura occidentale abbiamo due dogmi: i bambini sono un optional, e la vita è vita solo se di alta qualità; dogmi che mietono vittime.
Dal primo slogan “bambini=optional” emerge chiaro che tutto possono fare i bambini tranne che rompere le scatole. Stanno male? “Devono”(!) guarire. Tertium non datur. Il bambino malato semplicemente non è contemplato in questa cultura. Ma che diamine: non lo avevamo fatto “quando lo dicevamo noi”, “come lo dicevamo noi”, garantito da ogni malattia e handicap avendogli addirittura analizzato i cromosomi prima che nascesse sennò lo ridavamo indietro (leggasi: lo abortivamo)? E ora si ammala? Impossibile! E giù medicine per far sparire il dubbio che il nostro bambolotto sia qualcosa meno che perfetto. La salute è un diritto costituzionale anche del bambino, “e deve essere garantita: se non guarisce non è garantita, ma questo è impossibile, dunque deve esistere la medicina per far passare tutto! Non è pensabile che ci abbiano dato un diritto che non possono garantire!”
Secondo slogan “vita=qualità”: figuriamoci se accettiamo la malattia, che ci ricorda che siamo imperfetti, un mucchietto di proteine e acqua con un po’ di zuccheri e sali qua e là, soggetti a rompersi in un banale incidente o a farsi fregare da un minuscolo virus! Anche qui non è accettata una terza risposta: o siamo perfetti o siamo da buttar via; e se ci ammaliamo possiamo solo accettare che la risposta sia guarire subito altrimenti la vita diventa “non degna di essere vissuta”. Così vediamo anche i nostri figli. Ovviamente nessuno è autorizzato a fare la domanda “cosa ci rende qualcosa di più di altri mucchietti di aminoacidi ecc ecc?” perché per rispondere si deve per forza introdurre un cenno di religiosità che oggi non è consentito. D’altronde, l’Eurispes (28 gennaio) mostra che solo il 36% degli italiani è contento del sistema sanitario nazionale (che a detta di tutti gli osservatori è tra i migliori al mondo): già, un SSN che permette che “nel 2000 ancora ci si ammali!” e che quindi svela la nostra imperfezione…
Dunque si deve risalire a monte: lo abbiamo fatto e siamo arrivati a queste conclusioni. Come stupirsi allora dell’uso indiscriminato di farmaci e del ricorso a dottori e ospedali come alla Standa? Già, il primo squilibrio non sta nei genitori o nei dottori, ma dentro ciascuno di noi (genitori e dottori compresi) che non capiamo che la vita è una cosa seria, ma così seria che riesce ad essere vita anche se smette di fare le cose che avevamo scientificamente e meccanicamente programmato a tavolino il giorno prima, quando il sole splendeva e tirava una brezza rilassante.