Allarme son fascisti! Ma no, sono islamisti. Beh, allora…
12 Gennaio 2018
Allarme son fascisti! Ma no, sono islamisti. Beh, allora … “‘Lascia sgomenti sentire pronunciare slogan antisemiti, violenti e intollerabili nella nostra città – scrive Sala in una nota -. Milano, medaglia d’oro alla Resistenza, non può permettere un così avvilente spettacolo, che fa scempio della sua memoria e di quella dei suoi cittadini – ebrei e non – che hanno dato la loro vita per difendere la libertà, principio alla base di ogni democrazia. L’odio e la prevaricazione alimentano i conflitti, non li spengono. La nostra città condanna gli estremismi di ogni forma e colore: quelli di ieri come quelli di oggi, con la stessa forza e determinazione. Non permettiamo che la voce di pochi faccia più clamore dei comportamenti corretti di molti. Ma collaboriamo, nel rispetto reciproco, per fare in modo che ciò che è accaduto in piazza Cavour non succeda mai più, a Milano e in tutto il mondo’”. Rispondendo con questa nota alla Comunità ebraica che gli chiedeva di esprimersi contro una manifestazione di musulmani ricca di truculenti slogan antiebraici, Beppe Sala sfodera sul Corriere della Sera del 4 gennaio tutta la sua mediocre retorica da ex direttore del personale della Pirelli, quella di quando doveva trattare con le “maestranze”, e riesce in una lunga dichiarazione a non citare mai il radicalismo islamico e le sue istituzioni presenti anche nella città che lui amministra, ignora cioè una realtà ben più pericolosa dei quattro idioti di Forza Nuova o Casa Pound.
Teheran, Raqqa, Gerusalemme e ora Pyongyang, si ha la sensazione che ci sia qualcosa di nuovo nell’aria del sistema internazionale. “”The Olympics will serve as a good chance to display our Korean people’s grace toward the world and we sincerely hope the Games will be a success,’ he said. The North and the South should ‘depart from the past, improve relations and take decisive measures to make a breakthrough in efforts to achieve reunification’”, he said”. Un flash del Daily Mail on line riporta, il primo gennaio, queste dichiarazioni del leader della Nord Corea Kim Jong-un che in mezzo a sbruffonate da rocket man, offre originalissime e concrete tregue e aperture alla Corea del Sud. Dando un’occhiata in giro, tra il crollo dell’Isis, le ribellioni di Teheran, il flop delle proteste dell’”arab street” contro Gerusalemme capitale di Israele e, ora, le ansie del dittatore di Pyongyang, si ha la sensazione che la disgregazione dell’ordine globale sapientemente guidata dal noto e inutile premio Nobel per la pace, da croocked Hillary e dallo sperimentato venditore di ketchup, sia stata in qualche modo fermata dall’(elegantemente definito) cialtrone in chief. Un osservatore fazioso ma non stupido riconosce il buon momento trumpiano sperando solo che Steve Bannon riuscisse a rovinarglielo, così Federico Rampini sulla Repubblica del 4 gennaio:”Sembrava cominciato bene per lui questo 2018, con i colpi di scena a ripetizione sul fronte internazionale. Il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato d’Israele non ha provocato la terza Intifada come profetizzavano gli avversari di Trump. L’improvvisa rivolta in Iran sembra avergli dato ragione contro Barack Obama: gli iraniani scesi in piazza rivolgono al loro regime le stesse accuse di Trump, cioè di dilapidare la ricchezza nazionale tra corruzione e aiuti ai terroristi in Siria o in Libano. Perfino Kim Jong- un ha fatto un regalo, riaprendo a sorpresa un canale di dialogo con la Corea del Sud: dunque la terza guerra mondiale si è consumata solo a colpi di tweet? Ma Trump non ha avuto il tempo per crogiolarsi in questi successi d’immagine. Gli scandali dirottano la sua attenzione, i sospetti infamanti sulla sua elezione tornano ad allungare un’ombra sulla legittimità del presidente”. Per quanto fazioso e maligno Rampini sia, comunque è sempre meglio di Vali Nasri, grande esperto di sciti, di cui Vanna Vannuccini sulla Repubblica del 3 gennaio riporta questa frase: “Trump non ha una strategia per il momento le sue sono quasi solo parole “. Mah! Tra l’ormai celebre discorso di Riad che ha aperto la stagione di una nuova politica saudita, all’intesa coi russi per schiantare l’Isis fino al riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele per smetterla con la politica obamiana di umiliare lo Stato ebraico, le mosse non sembrano proprio solo parole e la mezzaluna scita (Libano, Siria, Irak, Yemen) costruita dal generale Qassem Soleimani pare proprio in difficoltà.
L’arroganza franco-tedesca ridà il timone del Vecchio continente alla memoria storico-geografica.Janos Delcker su Politico del 28 dicembre spiega come “The German chancellor’s most high-profile European opponent is set to attend a summit of her sister party”, il maggiore oppositore di Angela Merkel in Europa, Viktor Orban incontra a gennaio nel loro congresso i leader del partito gemello, la Csu, della Cdu della Kanzlerin. Intanto sul Financial Times del 4 gennaio Andrew Byrne, Michael Peel, Tobias Buck raccolgono il parere di Heather Grabbe, direttore dell’Open Society European Policy Institute, la fondazione promossa da George Soros, che parlando di polacchi e ungheresi dice: “’They are seeking an alliance to fend off the EU,’ she said. “That is something the EU has not seen before. EU members have always formed alliances and subgroups. But in the past those subgroups have usually been aiming for deeper integration. This is the first time that the EU has had … a subgroup that is rejecting solidarity on migration and burden-sharing.’” Stanno cercando un’alleanza per mettere barriere in Europa, una cosa che non si era mai vista. Strano mondo in cui ogni giorno si annuncia il rafforzamento del motore franco-tedesco e poi ci si lamenta che qualcuno prenda le sue precauzioni. In realtà, come avevano previsto “grandi” tedeschi tipo Helmut Schmidt e Helmut Kohl, si stanno manifestando gli effetti disgregatori di certe pericolose pulsioni egemonistiche tedesche sull’Unione oggi in corso (in duopolio vagamente concorrenziale con Parigi). E’ interessante notare come non governata dalla politica, siano la storia e la geografia continentale che riprendono la guida degli eventi. Baviera, Austria, Ungheria, Polonia sembrano quasi parlarci di alleanze da Guerra dei Trenta anni (manca loro solo il Duca d’Alba oggi impegnato coi catalani) contro blocchi protestanti alleati al cardinale Richelieu. Per ritrovare un ordine europeo speriamo che sbuchi una qualche Westafalia risolutrice o si trovi un qualche Metternich e un qualche Talleyrrand, prima che sia troppo tardi.
Tra rabbia e sabbia. “Ma è un’intesa scritta sulla sabbia”. Carmelo Lopapa sulla Repubblica dell’8 dicembre scrive che l’intesa Berlusconi-Meloni-Salvini è scritta sulla sabbia, sembrerebbe piuttosto che certe analisi di osservatori di sinistra disperati per quel combinano i vari Renzi & Grasso, siano scritte sulla rabbia